Cronache
Scandalo Vaticano, Mons. Perlasca: "Chiaro il ricatto di Torzi, ma trattarono"
"Spariti 5 milioni, nessuno voleva denunciare, solo io"
Scandalo Vaticano: Mons. Perlasca: "Chiaro il ricatto di Torzi, ma trattarono"
Lo scandalo Vaticano, relativo alla compravendita di un palazzo a Londra, con tanto di broker intermediario e una società terza, si allarga a macchia d'olio. A quanto ricostruito dagli inquirenti, in particolare, apprende l'Adnkronos, la Segreteria di Stato avrebbe concluso "senza alcuna preventiva istruttoria sulla fattibilità giuridica e sulla convenienza economica dell'operazione" il framework agrement e lo share purchase agreement con la Gutt Sa del broker Torzi e con Athena Real Estate & Special Fund 1 che prevedeva il versamento di 40 mln di euro ad Athena Capital Fund Sicav in cambio dell'acquisizione della catena di società titolari della proprietà dell'immobile di Londra. I 40 milioni, ragionano gli investigatori, sommati agli oltre 200 milioni versati dalla Segreteria con la sottoscrizione del fondo e ai 125 mln di sterline del mutuo gravante sul palazzo, avrebbero determinato "un esborso complessivo (da parte della Santa Sede, ndr) di 350 milioni di euro per rilevare un immobile acquisito da Time and Life Sa in data 18-12-2012 ad un valore di 129 milioni di sterline". L’inchiesta choc che ha portato all’arresto di Gianluigi Torzi nasce da due denunce presentate dallo Ior a luglio 2019 e dall’Ufficio del Revisore Generale ad agosto del 2019.
Monsignor Alberto Perlasca è uno dei protagonisti dell’affare milionario, il prelato, che compare tra gli indagati, rompe il silenzio in un'intervista al Giornale: Io - spiega Perlasca - avevo potere di firma solo congiuntamente ad un altro Superiore. Non ricordo di averne mai dovuto fare uso, perché non ce n’è mai stato bisogno. In altri termini: io non potevo spostare un solo centesimo. Appena si palesò la richiesta del signor Torzi dissi chiaramente che bisognava denunciarlo, in quanto avanzava pretese del tutto ingiustificate e di evidente indole ricattatoria. Purtroppo fui l’unico a sostenere questa tesi, mentre si preferì scendere a trattative con la controparte. Non è che io escludessi la trattativa, ma la contemplavo solo dopo aver sporto denuncia per truffa e chiesto il sequestro conservativo del bene. Alla fine prevalse la linea della trattativa. Le dirò di più. Il primario studio londinese - assolutamente il migliore - che curò la transazione si impegnò sino a 10 milioni, in quanto, oltre quella cifra, nessun controllo interno ed esterno avrebbe potuto non rilevare i contorni della truffa, rispetto al valore del bene. Non le so dire nulla sugli altri 5 milioni – sempre che siano stati effettivamente dati – perché io ero già stato trasferito ad altro incarico".