Selvaggia Lucarelli fa la polemica ritardata
La Lucarelli attacca Rolling Stone
Nuova stucchevole polemica estiva su Rolling Stone, rivista italiana liberal, che attacca il ministro Salvini sulla gestione dei migranti con “arcobalenone” multicolorato di supporto. Insomma “’na cosa de sinistra”, da bandiere multicolore della pace che sventolano sugli attici dei centri storici di Roma. E su questo non c’è dubbio, si tratta di un caso di “migrantswashing” simile al “greenwashing” e cioè quella procedura furbetta per cui alcune multinazionali si gettano sul verde e sull’ambiente per far credere che sono più “buone” e si occupano del pianeta.
Ma la cosa divertente è che Selvaggia Lucarelli, che di Rolling Stone è stata la direttrice per soli tre mesi qualche tempo fa, non si è fatta sfuggire l’occasione per attaccare, a sua volta, la rivista rea, a suo dire, di farsi pubblicità sui migranti e sul bersaglio facile di Salvini, a cui che lei stessa aveva appioppato il solito bollo di “leone da tastiera”. Tutto vero, ma da che pulpito viene la predica? La Lucarelli, che non è neppure giornalista ma esercita il mestiere, si getta a pesce su tutto ciò che fa “washing” e cioè battaglia a difesa dei più deboli e degli indifesi (in sé cosa nobile). Adesso la Lucarelli non perde l’occasione di attaccare la rivista dove ha lavorato perché, a suo dire, “l’editore urla” e c’è poco rispetto umano, oltre che, naturalmente, l’hanno trattata male non facendola neanche lavorare su quello che voleva e per tutto questo non si può permettere una “copertina di sinistra”. Ne prendiamo atto. Ma la domanda è: perché dirlo solo adesso e non prima? Sarebbe stato sicuramente più bello e più nobile, senza aspettare che Rolling Stone fosse indebolito dalle polemiche, una specie di #MeToo giornalistico ritardato che lascia la porta aperta al dubbio dell’opportunismo.