Senza una gamba a Miss Italia, solo show. Gli amputati dimenticati dallo Stato
Amputati. Concorrente senza gamba a Miss Italia. Ma la condizione degli amputati in Italia è drammatica. Un sistema da incubo.
Prima c'è stata la mamma, poi la nera, la cieca e ora l'amputata. E' vai, anche quest'anno c'è il concorso di Miss Italia con tutta la sua retorica politically correct (la finale è il prossimo 17 settembre, trasmessa da La7; la Rai qualche anno fa ha scaricato il programma per mancanza di ascolti).
"Ogni anno ce n'è una, l'anno scorso la ragazza di colore, adesso un'altra storia strappalacrime (riferendosi alla non vedente Annalisa Minetti, ndr)... è un gioco scorretto", ripetevano qualche tempo fa le altre miss che si sentivano in difetto per non poter accampare un handicap o una storia commovente da mettere in mostra. A questo siamo arrivati.
Quest'anno è il turno dell'amputata ad una gamba che si è iscritta alle selezioni regionali, chiedendo di partecipare vista la particolarità. La patron della kermesse, Patrizia Mirigliani, alla quale Chiara Bondi (è il nome della ragazza amputata) si è presentata, l’ha ritenuta idonea e l’ha indirizzata, come tutte le altre miss, alle selezioni regionali, perché ha detto: “La nostra è una bellezza senza confini” e “la disabilità in questo caso è sinonimo di una femminilità ferita e riscattata. Chiara è il simbolo della forza di chi ama la vita e vuol rinascere dopo un periodo drammatico”. Tutto amplificato dai media e tutto bellissimo, come nei baci Perugina quando scrivono sdolcinerie tipo “la bellezza è solo negli occhi di chi guarda”. Tritati dallo show business perché lo spettacolo deve sorprendere ogni volta, di nuovo e di nuovo ancora, al di là delle sicure buone intenzioni della Mirigliani. Non a caso “l'amputata” al concorso delle miss ricalca il modello dello show americano.
Se lo hanno fatto in America possiamo farlo anche noi. Qualche anno fa Nicole Kelly, nata praticamente con metà braccio, diventa Miss Iowa e partecipa al concorso di Miss America (la notizia è apparsa sui nostri tg solo un anno fa).
Ma la visibilità televisiva degli amputati non porta a fare emergere le condizioni in cui vivono, come lo show business invita a credere. Solo ad alimentare il business di chi mostra il trofeo. L'amputazione in Italia è una condizione infernale. Nel 2013 Guido Furlanetto, 43 anni, amputato ad un piede dopo un incidente, raccontava a Il Fatto Quotidiano che ogni anno spendeva tra 12.000 e i 15.000 euro per la protesi. L’Asl non gli passava molto e solo componenti protesici di bassa qualità perché non è aggiornata alle nuove tipologie di protesi.
Secondo uno studio realizzato nel 2002 dal Centro di ricerca della Johns Hopkins il costo totale che un amputato ad una gamba deve sostenere nell'intera vita, per le cure iniziali e la fornitura delle protesi, è di circa 510.000 dollari. Questo 16 anni fa. Oggi una protesi di gamba non costa meno di 30.000 euro. La stessa Chiara Bondi racconta: “Le vittime di incidenti civili devono pagarsi quasi tutto da sole e questo tipo di protesi ti obbligano a fare dei sacrifici perché sono costose”.
Un vita da incubo da non augurare a nessuno, con poche vie d'uscita e un servizio sanitario come quello italiano che usa parametri vetusti di decenni e di fatto lascia integralmente tutte le spese a carico dei cittadini.
Ognuno combatte per la propria gamba, il proprio braccio, la propria mano. Perché? Perché sono soli, perché hanno paura che la protesta gli si ritorca contro e nessuno più li curi o gli dia le protesi, perché non si conoscono, perché è difficile e forse anche perché sono già abbastanza piegati dal trauma e gli serve aiuto e tempo per sentirsi parte della nuova condizione, per poter lottare o forse semplicemente perché non ci credono che in Italia si possano cambiare le cose, per nessuno. Gli servirebbe un’altra vita solo per questo. E allora ci provano a modo loro, in positivo, mostrando che si può sconfiggere qualsiasi limite, quello della forza, della fatica, della velocità e anche del pudore pur di conquistare la propria vita. E così può capitare, a te misero tapino normodotato, di vedere uno con solo una gamba scalare a mani nude una montagna o surfare le onde della California. E poi chiederti chi è il disabile.
Noi ovviamente auguriamo a Chiara Bondi il meglio, per lei e la sua vita, perché non avere un arto non vuol dire essere mancanti ma solo diversamente abili. Nella consapevolezza che qualcuno farà un sacco di soldi sulla sua vita, che mentre dovrebbe celebrare la sua bellezza, come potrebbe fare Miss Italia, celebra la bruttezza del nostro sistema sanitario. Auguriamo a Chiara Bondi soprattutto di fare un sacco di soldi per potersi permettere tutte le protesi che servono e avere una vita come tutti gli altri: una protesi per andare a cavallo, una per correre, una per nuotare, una per camminare con rivestimento in silicone estetico ad alta definizione, eccetera. Ma per aver successo nel fantastico mondo dello spettacolo (meglio fare un sacco di soldi altrove), Chiara può anche diventare onnipresente come Bebe Vio, fino a quando la ruota girerà e arriverà un caso più drammatico che fa più ascolti e allora ciao Chiara, ciao Bebe, ciao protesi. Perché la verità è questa. Servono soldi, molti soldi per vivere bene da amputato, oppure serve un sistema sanitario che funzioni meglio di come è oggi.
Andare in tv può cambiare la vita di chi riesce ad arrivarci: fa qualche pubblicità, poi magari trova uno sponsor, fa da testimonial a degli eventi, mette in piedi la sua associazione, scrive un libro. Ma succede a 1 su un milione. Gli altri 999.999 che non sono entrati nell’olimpo tra gli dei possono continuare ad annegare nella burocrazia del sistema sanitario. L'Inail ti assiste in tutto se sei un infortunato sul lavoro ma tutti gli altri, assistiti dal servizio sanitario nazionale e che hanno un' amputazione non dovuta al lavoro (malattie congenite, incidenti, patologie varie) vengono abbandonati a se stessi, cioè è quasi tutto a loro carico.
Sicuramente ci sarà una parte di italiani che incuriositi vorranno vedere come è in costume da bagno una ragazza amputata perché non ne hanno mai vista una e nemmeno osano chiederlo. Eh no! sta male, non si dice, non si fa!
Che siamo al circo?!
Sicuramente portare una ragazza amputata a Miss Italia fa parlare dell’argomento e di questo ci si riempirà la bocca, compiacendosi della giusta utilità; magari ci sarà anche il solito siparietto polemico corredato dal critico di turno che alza i toni, e non solo quello, per vendere qualche pubblicità in più. Ma la condizione degli amputati è molto concreta e materiale e richiede meno spot e una sanità decente che possa dare le protesi, come non accade, a chi ha già ha sfortuna di averne bisogno.