Cronache

Settore spettacolo: "Nuovo welfare? Il ministero è sordo alle nostre proposte"

di Elisa Scrofani

Per i lavoratori dello spettacolo "nessuna svolta storica, solo briciole": parla il Coordinamento Spettacolo Lombardia

Indennità di maternità, per malattia, assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e per la disoccupazione. Sono alcuni dei punti del nuovo welfare nel dl sostegni che il ministro Franceschini ha annunciato parlando di svolta storica per il settore dello spettacolo.

“Con il ministro del lavoro Orlando abbiamo portato in cdm un pacchetto di misure significative per assicurare adeguate tutele assistenziali e previdenziali e correggere le numerose storture emerse negli ultimi anni e divenute non più sostenibili soprattutto dopo la pandemia" ha dichiarato Franceschini. Il sistema "si completerà con l'approvazione del disegno di legge collegato in materia di spettacolo pronto per il prossimo (ormai imminente) consiglio dei ministri, per riordinare l'intero settore e introdurre ulteriori misure di sostegno e il registro degli attori e dei professionisti dello spettacolo". Ma l’entusiasmo iniziale tra gli addetti ai lavori ha lasciato presto il posto allo sconforto. Affaritaliani.it ne ha parlato con Monia Giannobile del Coordinamento Spettacolo Lombardia. 

I dati più recenti dell’Osservatorio Inps hanno confermato il settore dello spettacolo “tra quelli che più hanno scontato gli effetti della pandemia″. Nel 2020 si è registrato un calo di 70 mila lavoratori dello spettacolo. Il numero di lavoratori con almeno una giornata retribuita è pari a 261.799, con una retribuzione media annua di 10.492 euro e un numero medio annuo di 91 giornate pagate.

Qual è la vostra posizione?

Sicuramente non siamo contenti. C’era stato un passaggio intermedio, tra la nostra consegna del documento il 30 aprile alla commissione in Senato e un altro documento mandato in quegli stessi giorni dal ministero, con una serie di proposte che stava a noi commentare. La sensazione è che non capiscano o fanno finta di non capire il lavoro che facciamo. Il ministro ha inserito il welfare nel decreto sostegni, e includendo solo una parte della proposta valutata e presentata dal mondo dello spettacolo, perché probabilmente si è reso conto di avere a disposizione la copertura finanziaria. Ma il vero problema consiste nel radicale riordino del settore

Quali richieste in particolare sono rimaste inesaudite?

Il punto fondamentale è che il welfare non andava messo nel dl sostegni. Secondo noi doveva finire all’interno della discussione in atto alla Commissione Senato sulla riforma dello spettacolo, è lì che il ministro Franceschini avrebbe dovuto riferirsi. Non si vuole prendere in mano e risolvere la riforma strutturale della categoria. Siamo lavoratori discontinui, quando non lavoriamo non guadagniamo nulla. Chiediamo un minimo di sostegno, come avviene nei paesi europei. In più, hanno messo nel decreto l’ALAS, questo nuovo sostegno al reddito per gli autonomi, ma la durata massima è di solo 6 mesi, e riporta delle incongruenze quando parla di apertura e chiusura contratto, non tenendo conto del fatto che gli autonomi spesso non hanno contratti, sono uno degli anelli più deboli. Con questo decreto il ministero ci ha tirato addosso delle briciole

Nessun passo in avanti?

Hanno piuttosto fatto finta di ascoltarci. Quello che abbiamo chiesto è completamente diverso. Una buona cosa è stata l’aumento dell’indennità di malattia, ora pari a 100 euro. E poi il riconoscimento della figura dei formatori dello spettacolo. Ma rimane la questione del riconoscimento della discontinuità e del sostegno al reddito. L’ultima speranza che abbiamo è che quella parte di legge delega con le altre proposte prosegua il suo iter e tenga conto del percorso di confronto avvenuto negli scorsi mesi nei tavoli ministeriali. Quello che si evince dall’aver creato l’ammortizzatore per gli autonomi è che ci vorrebbero tutti partite iva, in modo da alleggerire i datori di lavoro dalle responsabilità, quelle del lavoro e quelle connesse alla parte fiscale e contributiva. E’ difficile oggi che un lavoratore sia completamente autonomo, a parte ad esempio gli esercenti musicali, che possono farsi i versamenti contributivi da soli. La maggior parte è subordinata

Quindi riassumendo le priorità:

Mettere mano all’intero sistema del lavoro nello spettacolo. In Italia non ci sono controlli, non ci sono abbastanza verifiche. A parte i teatri, ci sono tutta una serie di realtà abbandonate a sé stesse. Chiediamo che ci sia una responsabilità per la crescita professionale delle persone, per inquadrarle e dotarle della linea per rientrare nelle tutele. Poi un sostegno al reddito adeguato, disposto per coloro che lavorano meno e non per chi lavora di più e guadagna di conseguenza. Quindi per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro, e per i più ‘fragili’, trovando anche un equilibrio con gli amatoriali. La situazione generale da Far West alimenta il lavoro in nero fra l'altro. Infine ci sarebbe lo sportello virtuale, che per noi sarebbe molto importante. C’era nelle proposta di legge ma si è dissolto nel nulla. Darebbe la possibilità ai datori di assumere qualcuno solo per i giorni dello spettacolo, più facilmente, attraverso sportello virtuale nel sito dell’INPS. Le imprese potrebbero essere incentivate a utilizzarlo con sgravi fiscali, e il lavoratore riuscirebbe a verificare in maniera autonoma i propri contributi anziché chiederli al committente

Com'è al momento la situazione dei teatri?

Qualche teatro sta riaprendo. Molti stanno cercando di gestire internamente la programmazione che avevano. Chi lavorava stagionale qualcosina la sta facendo. Stanno ripartendo perlopiù i piccoli spettacoli, quelli estivi. Ma la maggior parte ancora non lavora.