Cronache
Sollecito, dalle lettere a Amanda Knox ai pedofili in carcere: le confessioni
Ecco le confessioni di Raffaele Sollecito, assolto dopo quattro anni di carcere per l'omicidio di Meredith Kercher
La notte in cui fu uccisa Meredith, il rapporto con Amanda Knox e l'isolamento in carcere: il racconto di Sollecito
Nel 2007, Raffaele Sollecito, studente di Informatica di 23 anni, viveva a Perugia lontano dalla sua città natale, Giovinazzo. La sua vita sembrava procedere verso un futuro promettente con aspirazioni professionali che spaziavano oltre i confini italiani. Tuttavia, la scoperta del cadavere di Meredith Kercher e le successive accuse hanno cambiato radicalmente il corso della sua esistenza, trascinandolo in una vicenda giudiziaria che lo ha visto prima condannato e poi definitivamente assolto per non aver commesso il fatto. Dopo diciotto anni, inclusi quattro in carcere, e con una laurea ottenuta, Sollecito riflette sulla difficoltà di ricostruirsi una vita e una reputazione. E lo fa in un'intervista a Sette del Corriere della Sera.
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Una giovinezza tra curiosità e tragedie familiari
Raffaele Sollecito nasce e cresce a Giovinazzo, in provincia di Bari, figlio di un urologo e di una casalinga. La sua infanzia è segnata dalla separazione dei genitori nei primi anni Novanta, un evento che suscita grande scalpore nella piccola comunità e getta un'ombra di giudizio sulla famiglia. Emerge il ricordo di un bambino affascinato dalla scienza e dalla tecnologia, che trascorre ore smontando apparecchi elettronici e giocando con il primo computer regalatogli dal padre. Tuttavia, la perdita della madre, morta d'infarto e non per suicidio come erroneamente ipotizzato da alcuni, segna profondamente la sua adolescenza. Da qui il sogno di "abitare" tra i capelli della madre.
Dal trasferimento a Perugia alla notte del delitto
Sollecito decide di lasciare Giovinazzo per studiare Informatica all'Università di Perugia, grazie a una borsa di studio. La sua vita universitaria sembra procedere senza intoppi, fino alla tragica sera del primo novembre 2007, quando lui e Amanda Knox scoprono il cadavere di Meredith Kercher. Nei giorni successivi, Sollecito si trova catapultato al centro di una vicenda giudiziaria che lo vedrà, assieme a Knox, primo sospettato nell'omicidio di Kercher.
Accuse, prove e sentenze: il percorso giudiziario
La dinamica dei fatti proposta dall'accusa include controversie e teorie che Sollecito ritiene assurde e fantascientifiche, tra cui quella dell'omicidio compiuto al culmine di una lite per questioni di pulizia. Sollecito e Amanda sono poi condannati in primo grado. Nel frattempo, il ragazzo affronta la dura realtà della vita in carcere, dove trascorre i primi sei mesi in isolamento. Qui ha modo di fare amicizia con i "veri esclusi". "In carcere ci sono i clan, farne parte significa essere costretti a difendere il capo, esporsi a rischi, e io non volevo guai, così ho fatto amicizia coi veri esclusi, quelli che nessuno considera e che non entrano in conflitto con nessuno: i pedofili", racconta Sollecito. "Ho giocato a biliardo, ascoltato le loro storie. Ho passato molto tempo con uno psichiatra accusato ingiustamente dalla moglie di aver molestato la figlia piccola", sottolinea ancora Sollecito. La sopravvivenza in queste condizioni limiti si fonda su una forte immaginazione e sul ricordo dell'infanzia, nonché sulla corrispondenza con Amanda, ancorché ridotta a scambi brevi e controllati.
La vita dopo l'assoluzione
Nonostante l'assoluzione definitiva, Raffaele fatica a ritrovare normalità e accettazione nella società. Le esperienze di discriminazione e giudizio hanno seguito il giovane uomo anche al di fuori delle aule di tribunale, influenzando incontri casuali e opportunità personali e professionali. Il processo mediatico e sociale a cui è stato sottoposto ha lasciato cicatrici profonde, manifestando la difficoltà nel riconquistare un'identità distaccata da quella costruita dalla narrazione pubblica del caso.
Sollecito emerge da questa esperienza sottolineando la difficoltà di liberarsi completamente dalle catene di un'accusa così pesante, evidenziando come la giustizia, una volta messa in moto, possa avere effetti devastanti sulla vita delle persone, colpevoli o meno. La sua storia è un monito sul potere degli apparati giudiziari e mediatici di incidere irreversibilmente sull'esistenza degli individui, oltre che una testimonianza della complessità del cammino verso la redenzione e la riconquista dell'onorabilità perduta.