Cronache
Terrorismo, Franco Roberti: "Misure urgenti su sicurezza, privacy e web"

di Lorenzo Lamperti
@LorenzoLamperti
Il procuratore nazionale antiterrorismo e antimafia Franco Roberti analizza in una lunga intervista ad Affaritaliani.it gli strumenti giudiziari e investigativi necessari per un efficace contrasto al terrorismo.
Procuratore Roberti, dagli attentati di Parigi dello scorso 13 novembre tutta l'Europa, Italia compresa, vive in un continuo allarme. Come si fa a evitare la psicosi?
Visto quanto accaduto, la psicosi è comprensibile ma la si può fronteggiare assicurando ai cittadini che le istituzioni preposte alla lotta e al contrasto al terrorismo stanno facendo di tutto e stanno mettendo in campo tutte le risorse necessarie per prevenire eventuali attacchi. Si deve instaurare un rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini, i quali devono comunque avere un atteggiamento consapevole ed essere pronti a collaborare per esempio segnalando situazioni o persone sospette. Certo, non bisogna neanche esagerare perché altrimenti si crea una psicosi attorno a migliaia di segnalazioni inutili però è giusto che ci sia attenzione e una buona dose di controllo sociale.
Le istituzioni italiane impegnate nel contrasto al terrorismo sono dotate di tutti gli strumenti necessari o servirebbe qualcosa in più?
Per quanto mi riguarda parlo del contrasto giudiziario senza interferire sulle altre ottiche politiche. Dal punto di vista investigativo e giudiziario ci siamo riuniti negli scorsi giorni con il ministro della Giustizia e i vertici giudiziari per fare il punto della situazione. Ne sono venute fuori alcune idee molto semplici ma credo molto importanti.
Ci può dire di quali idee si tratta?
La prima è quella di assicurare il potenziamento delle strutture distrettuali giudiziarie, soprattutto per quanto riguarda le banche dati e il numero di personale di polizia addetto a seguirle. Le banche dati sono uno strumento fondamentale perché recepiscono e fanno circolare le informazioni allo scopo di prevenire attacchi terroristici ed eventualmente provvedere con l'adozione di misure cautelari. Perciò le banche dati vanno potenziate dal punto di vista della funzionalità e da quello del personale a loro addetto. La seconda necessità è quella di un potenziamento delle tecnologie più avanzate di supporto alle operazioni investigative. Mi riferisco a intercettazioni telematiche o informatiche da remoto ma anche all'intercettazione delle comunicazioni criptate che avvengono tramite strumenti allo stato non intercettabili o comunque non facilmente intercettabili come le comunicazioni satellitari.
Il ministro Orlando ha parlato anche di chat e Playstation.
Esattamente. Un'altra idea che potrebbe essere molto utile è quella della possibilità di svolgere attività sotto copertura sui social media. Ci vuole dunque un potenziamento degli organismi di Polizia Postale, anche perché i nostri agenti sono bravissimi nelle indagini sul cosiddetto deep web, vale a dire quella parte di rete inaccessibile ai normali di motori di ricerca. Servirebbe poi un accesso alle banche dati internazionali in materia di impresa con relativi movimenti bancari. Infine, c'è un grande problema per quanto riguarda il supporto di traduttori e interpreti delle lingue arabe, è molto difficile avere un numero sufficiente di professionisti attendibili e affidabili.
Quanto tempo abbiamo per mettere in campo queste idee?
Bisogna fare in fretta.
In queste settimane si parla molto della mancanza di comunicazione tra intelligence e investigatori dei diversi paesi europei. Quanto servirebbe una maggiore unità d'intenti nella lotta al terrorismo?
Moltissimo. Prima dell'azione giudiziaria c'è l'azione investigativa e anche su quel piano bisogna coordinarsi molto meglio. Le informazioni devono circolare in maniera tempestiva e completa. L'attuale scambio di informazioni è relativamente insufficiente. Dobbiamo assolutamente arrivare a uno scambio completo perché di fronte a un terrorismo globalizzato non possiamo più mantenere un approccio separato e gelosie investigative. In Italia abbiamo la cultura del coordinamento e della cooperazione nel nostro dna, speriamo che anche altrove si muovano in questa direzione.
Può essere utile in tal senso l'istituzione di una procura europea?
Si tratta di un tema che è molto caro a me e al ministro Orlando. La figura del procuratore europeo è prevista dall'articolo 86 del Trattato di Lisbona che attribuisce al procuratore europeo la competenza per i reati finanziari che ledono gli interessi finanziari dell'Unione. Ci vuole il concorso di tutti i paesi Ue. Noi ci stiamo impegnando moltissimo per favorire questo processo ma ci sono differenze obiettive tra gli ordinamenti dei diversi paesi e sull'inquadramento giuridico della figura del pubblico ministero. Sarà un cammino molto lungo e temo anche accidentato. C'è anche un altro aspetto per il quale sarebbe fondamentale avere una maggiore collaborazione tra i diversi paesi europei.
Quale?
Quello del finanziamento al terrorismo. Senza entrare nel merito, i gruppi terroristici ricevono finanziamenti provenienti anche dall'Europa. Per questo ci sarebbe bisogno anche qui di una maggiore circolazione delle informazioni e della possibilità di intervenire sui file finanziari.
Per garantire la sicurezza ci vuole la rinuncia a pezzi della nostra libertà?
Dobbiamo essere pronti a cedere parti della nostra libertà di comunicazione. Bisogna trovare un punto di equilibrio tra sicurezza e privacy. Non è semplice ma è ineludibile.
La Francia ha persino chiesto una deroga alla Convenzione dei Diritti Umani...
E' normale che in questo momento i francesi abbiano una particolare attenzione al tema. Secondo me sarebbe sufficiente consentire l'accesso a tutte le comunicazioni utili ai fini delle indagini, senza particolari deroghe a libertà personali.
C'è chi collega il rischio terrorismo all'emergenza migratoria. In che modo bisognerebbe intervenire sul tema?
Bisognerebbe abrogare il reato di immigrazione clandestina, come tra l'altro era stato già previsto dalla legge delega dell'aprile 2014 per il momento ignorata. Sarebbe importante perché ci permetterebbe di interrogare i soggetti immigrati in qualità testimoni o addirittura di vittime di reati. Sarebbe un'enorme differenza visto che adesso queste persone vengono sentite come indagate, con tutte le garanzie del caso compresa la facoltà di tacere. Con l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina avremmo la possibilità di raccogliere informazioni utili a colpire gli organizzatori dei traffici clandestini e come sapiamo il traffico di essere umani è una delle fonti di finanziamento del terrorismo.
Nei giorni scorsi qualcuno, mettendo in luce la vicenda dell'imam Bassam Ayachi arrestato e poi rilasciato anni fa a Bari, chiede alla magistratura di utilizzare con più energia gli strumenti repressivi lasciando da parte alcune regole procedurali. E' d'accordo con questa richiesta?
Assolutamente no. Le garanzie devono essere sempre e comunque garantite. Non si può chiedere alla magistratura di chiudere un occhio sulle garanzie, sarebbe un cedimento gravissimo con conseguenze imprevedibili. Semmai andrebbe valutata la possibilità di un canale preferenziale dei processi in materia di terrorismo in modo da garantire risposte più tempestive seguendo criteri di priorità prefissati.
Tra pochi giorni comincia il Giubileo. Secondo qualcuno sarebbe stato il caso di sospenderlo vista la minaccia terroristica. Lei che cosa ne pensa?
Sono contrario alla sospensione del Giubileo. Sarebbe una resa al terrorismo. Sospendere il Giubileo ci farebbe cadere in una spirale di paura. Sono convinto che l'Italia sarà in grado, come già avvenuto con Expo, di garantire la sicurezza ai suoi cittadini e ai milioni di visitatori. Tutte le misure necessarie sono in campo. Il "rischio zero" non esiste ma non si può cedere ai terroristi, la nostra risposta deve essere quella di contrapporre al terrore libertà e democrazia.
C'è il rischio che durante l'allarme terrorismo le mafie si rafforzino?
Il terrorismo ha sempre fatto il gioco delle mafie. Noi lo abbiamo verificato durante gli anni di piombo, quando mentre tutta l'attenzione era sul terrorismo loro sono cresciute nel cono d'ombra che si era creato. Il terrorismo tra l'altro si intreccia spesso con le mafie, soprattutto per attività illecite che finiscono per finanziarlo come il traffico di stupefacenti. Ma noi non dobbiamo distogliere l'attenzione, battere il terrorismo e battere le mafie deve essere l'obiettivo prioritario dello Stato.