Cronache
Totò Cuffaro racconta in un libro i suoi 5 anni di carcere
In attesa di uscire, il 16 dicembre, dal carcere di Rebibbia, l’ex Presidente della Regione Sicilia si racconta in un libro autobiografico: la nascita della passione politica, la vita insieme alla famiglia, l’amore per la sua Terra e gli ultimi 5 anni passati in carcere. Ogni capitolo è preceduto da riflessioni su opere di grandi scrittori, da Sant’Agostino a Thomas Eliot. Il testo inaugura la collana di libri dal carcere Il paese senza cielo.
L’uomo è un mendicante che crede di essere un re, pensa di esserlo diventato perché si è fatto da sé. La vita si incarica di ricondurlo a quel che è, a diventare se stesso. Arrivare in vetta non è facile, tornare indietro ancora meno facile, saper ripartire è certamente difficile ma si può: è segno di saper e voler vivere la vita.
Il massimo del dolore muta la vita personale dell’uomo, e però il carcere non è stato l’inizio e non è la fine. In questo percorso sono stato sull’orlo del baratro e sopra una nuvola. Sono stato naufrago ed esploratore. Ho vagato in un’arida foresta del vivere col corpo e l’animo ferito e sono stato aggrappato al grande albero dalle cui fronde dondola la speranza. Grazie all’amore e alla speranza non ho perso il senso del futuro neanche nei giorni più neri e scuri, neanche quando m’è mancata l’aria e il respiro della vita e grazie a loro non ho mai rinunciato a voler raggiungere la foce della libertà. D’annunzio soleva dire: “Vado verso la vita”, io più semplicemente “torno verso la vita”.
Cinque anni di galera non sono né pochi né facili da affrontare e superare, oggi posso dire di avercela fatta, ma vi assicuro, mi è costato tanto. Ho lottato contro i duri fortilizi del carcere e contro gli assurdi rancori di certa parte della politica e non solo di essa, che non hanno mai smesso di insidiare il mio corpo e la mia mente. Per non soccombere ho utilizzato le armi del pensiero, dell’amicizia, della fiducia, del rispetto per le Istituzioni, della speranza, dell’amore e della Fede. Non mi sono mai perso d’animo anche se ho avuto tanta paura e ho sofferto tanto. In questi 1780 giorni trascorsi in una cella, ho letto, studiato, scritto e pregato, e più il tempo passava più capivo, giorno dopo giorno, che le sbarre della mia prigione cedevano alla mia resistenza e alla mia ostinata voglia di vivere; sino a vedere il carcere diventare inquieto e confuso di fronte alla mia volontà, sino a vederlo rassegnarsi e persino a diventare fecondo. Oggi posso dire: ho vinto! Non era scontato che ci riuscissi. Voglio dirvi che in questa vittoria, tanto importante per me e la mia famiglia, c’è il contributo di voi che leggendo i miei libri mi siete vicini e mi avete fatto sentire utile ai miei compagni detenuti. Le cose che ho scritto non sono fuori di me e neppure diverse e sono servite a resistere: in carcere scrivere mi ha fatto vivere.
(Totò Cuffaro)