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Cronache
"Traffico di migranti, ecco come funziona. E non abbiamo i mezzi per fermarlo"
Foto: LaPresse

Salvatore Vella, procuratore aggiunto di Agrigento, è uno dei magistrati in prima linea nel contrasto del traffico di esseri umani. Dal suo ufficio si occupa, con risultati importanti, anche del fenomeno mafioso nel territorio dell'agrigentino. In una lunga intervista ad Affaritaliani.it analizza il fenomeno dell'immigrazione clandestina nel Mediterraneo.

Salvatore Vella, quanto è grave la situazione legata al traffico di esseri umani nel Mediterraneo?

La situazione è grave dal punto di vista umanitario, da quello umano e da quello criminale. Ma ha anche ricadute sotto un profilo politico ed economico. Dal punto di vista criminale continuiamo a raccogliere i racconti dei migranti che hanno segni non solo sul corpo ma anche nella psiche. Ci raccontano di cose spaventose che avvengono al di là del Mediterraneo, dove questi criminali organizzano traffici illeciti di quelli che loro chiamano "merce umana", causando migliaia di morti.

salvatore vella apeIl procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella
 

Ma non si riescono a bloccare le partenze dalla Libia? Non è un porto sicuro?

Non solo la Libia non è un porto sicuro ma oggi non credo si possa nemmeno definire un unico paese. Il paese che è al di là del mare che ho di fronte al mio ufficio non è più un paese unito. Dalle informazioni che arrivano ci sono larghi territori della Libia sottratti al controllo del governo e in mano a milizie armate. Il business del traffico di esseri umani è in mano a forze non governative che agiscono alla luce del sole. Impossibile che trafficanti muovano centinaia di migliaia di persone in luoghi pubblici senza essere visti. Il problema è che nessuno può, o vuole, controllarli.

Chi è che lucra su questo fenomeno? 

Parliamo di un fenomeno iniziato ormai 20 anni fa e che è cambiato molto nel corso del tempo, assumendo caratteristiche diverse da quelle che aveva in precedenza. Un fenomeno in mano a soggetti che fanno business adattando la propria attività al contesto in cui operano, proprio come fa qualsiasi azienda criminale. 

Ma chi sono i trafficanti?

All'inizio la figura del trafficante e la figura dello scafista coincideva. Chiunque aveva un barcone organizzava un traffico per trasportare i migranti fino alle coste siciliane per poi tornare indietro e riutilizzarlo nuovamente. Ora le modalità del traffico sono cambiate perché sono cambiate le attività di contrasto. Se all'inizio le organizzazioni criminali usavano direttamente i loro uomini nel trasporto dei migranti oggi questo accade molto più raramente perché il rischio di essere arrestati è molto più alto. 

Come funziona oggi il traffico di esseri umani?

Oggi i criminali utilizzano imbarcazioni sempre più scarse rispetto a quelle di un tempo. Hanno cominciato ad affidare la traversata a piloti sempre meno esperti presi all'esterno dell'organizzazione. Spesso si tratta direttamente di migranti ai quali viene concesso di non pagare il viaggio in cambio della responsabilità della guida delle imbarcazioni, in seguito a esercitazioni spesso sommarie. Si tenga conto la traversata dall'Africa alla Sicilia non è semplice e servirebbero marinai esperti perché le condizioni del mare sono spesso pericolose. 

Quindi sta dicendo che il viaggio dei migranti è sempre più pericoloso e i criminali rischiano sempre meno?

Esattamente. Imbarcazioni più scarse e marinai inesperti hanno portato a un aumento della probabilità di naufragio e dunque al numero dei morti. Oggi i trafficanti restano in territorio africano e non si trovano in mare. I gommoni che vengono usati oggi sono ancora più pericolosi dei pescherecci e barconi in legno che si usavano una volta. Basta un po' di mare mosso per lacerare i tubolari e farli affondare.

In che modo si può contrastare questa attività criminale?

Non possiamo farlo dalla nostra parte di mare. L'idea di contrastare il traffico in mare non è un'idea efficace. Dobbiamo fare poi dei distinguo. Stiamo assistendo a un numero sempre maggiore di partenze anche dalla Tunisia, paese più stabile rispetto alla Libia ma con più vicino alle nostre coste. Spesso le modalità della traversata dalla Tunisia sono diverse da quelle della Libia. In questo caso c'è una "nave madre" condotta da membri dell'organizzazione criminale che prima di entrare in mare italiano mettono in acqua una serie di "navi figlie" più piccole che arrivano direttamente sulle coste siciliane o di Lampedusa senza essere salvati da nessuno. Si tratta dei cosiddetti "sbarchi fantasma", perché troviamo le navi ma non soggetti a bordo. In questo caso, con un po' di fortuna si possono fermare membri dell'organizzazione criminale, che magari in estate lavorano nei villaggi turistici frequentati dai turisti occidentali, come accaduto di recente in un'indagine della procura di Agrigento. Ma si tratta di operazioni complesse perché le "navi madre" sono difficilissime da individuare. Da fuori appaiono dei semplici pescherecci come ce ne sono centinaia nel Mediterraneo. In coperta non si trovano migranti ma apparecchi da pesca.

Non si potrebbero aumentare i controlli?

Non è concepibile riuscire a intercettare tutte le imbarcazioni, ce ne sono centinaia ogni giorno. Queste associazioni criminali vanno necessariamente combattute dall'altra parte del Mediterraneo. Non siamo più noi magistrati italiani a poter mettere in atto efficaci azioni di contrasto da soli, con Stati che non ci forniscono nessuna collaborazione e senza un quadro chiaro per mettere in piedi operazioni di polizia internazionali. I mezzi a nostra disposizione non sono idonei a sconfiggere le organizzazioni criminali.

Per quanto riguarda i flussi avete osservato un numero di arrivi maggiore dal Medio Oriente dopo la chiusura della rotta dalla Turchia nel 2016?

Secondo quanto possiamo osservare non esiste un network mondiale unico di traffico di esseri umani. Medio Oriente e Nordafrica sono due canali gestiti da organizzazioni completamente diverse. Ognuno coltiva il proprio orto e tenta di sfruttare il maggior numero possibile di persone. Ci sono diversi gruppi in Libia che si contendono i migranti che per loro sono semplicemente merce. Le persone che se lo potevano permettere, dopo la chiusura della rotta turca hanno utilizzato i paesi del Nordafrica. C'è stato anche chi è partito dall'Egitto ma non è possibile fare una stima precisa né previsioni immediate sui flussi.

In questo scenario che ruolo giocano le ong? Allo stato attuale ci sono evidenze di una collaborazione tra ong e trafficanti?

Ovviamente non entro nel merito delle indagini dei colleghi. Parlando di indagini della procura di Agrigento posso dire che non esistono al momento procedimento penali dove si riscontri un coinvolgimento delle ong o una collaborazione tra ong e trafficanti nordafricani.

Ma secondo lei è giusto che le ong circolino nel Mediterraneo trasportando migranti in Italia?

Io ritengo che in mare dovrebbero esserci i professionisti degli Stati. Conoscendo bene come opera la nostra Guardia Costiera e posso dire che ha una competenza insuperabile che garantisce di salvare più vite possibile, garantendo allo stesso tempo sicurezza a chi le salva. Bisogna però sottolineare che chi si trova in mare e ha notizia di un naufragio è obbligato a intervenire. Ripeto, non si tratta di una facoltà ma di un obbligo. Io sarei più contento se nel nostro tratto di mare i migranti fossero salvati da uomini della Marina o della nostra capitaneria di porto, ma chiunque salva vite umane non commette un reato.

twitter11@LorenzoLamperti

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