Cronache
Matrimonio gay? Un modello già superato
di Gianni Pardo
Chi crede che il termine “laico” significhi “non credente”, “non prono ai voleri della Chiesa” o ancor peggio “anticlericale”, si sbaglia di grosso. Laico è soltanto chi non ha pronunciato i voti, chi non è né un prete secolare né un monaco. Correntemente invece si autodefinisce tale chi vuole proclamare che le sue idee non subiscono l’influenza della religione, e sono del tutto indipendenti dai dettami della dottrina cattolica. In questo senso dovrei dirmi laico anch’io ma in realtà personalmente vado molto più lontano.
La mia miscredenza è totale, e non per semplice e generico scetticismo: infatti ho bene e a lungo riflettuto sulla religione. In questo campo batto perfino Voltaire: questo genio era del tutto contrario all’idea di un Dio provvidenziale, di cui non vedeva traccia nella realtà, ma all’ esistenza di un Dio creatore credeva, come ci credeva Aristotele. Io invece escludo anche questa ipotesi. Tutto ciò posto, non avendo nessuna preoccupazione religiosa, dovrei essere a favore delle unioni gay. E invece non riesco ad esserlo. Non perché le reputi immorali o qualcosa del genere, e neppure perché non sono “naturali”, ma al contrario perché le trovo bigotte. Finché si reclamano dei diritti come quello alle visite in ospedale o in carcere, alla successione nei contratti di locazione o nelle forniture di luce, acqua o telefono, e perfino quello alla pensione di reversibilità, non sono contrario. Ma perché parlare di matrimonio? Perché pretendere il bollo su un rapporto d’amore? Da “laico” mi batterei piuttosto per l’abolizione del matrimonio fra eterosessuali che per l’introduzione del matrimonio fra omosessuali.
Il matrimonio aveva un senso quando lo Stato si faceva garante di una unione che aveva notevoli riflessi legali. Per esempio essa imponeva l’obbligo ad ognuno dei coniugi di mantenere l’altro e i figli, imponeva il dovere della fedeltà (sanzionando penalmente l’adulterio, se commesso dalla donna), distingueva figli legittimi ed illegittimi, ed altro ancora. Oggi la coscienza è cambiata. E si potrebbe concepire un rapporto “denunciato all’autorità”, un po’ come si denunciavano le locazioni per fini antiterrorismo. Presone atto, l’autorità potrebbe riconoscere una buona parte dei diritti di cui si parlava e potrebbe fare questo indifferentemente per un uomo e una donna o per due persone dello stesso sesso, dal momento che, finalmente, il matrimonio sarebbe ridotto a un “contrat civil”.
La richiesta del sigillo matrimoniale, da parte degli omosessuali, è in contraddizione con la conquista di libertà che vorrebbe essere. Da un lato rinnega la dottrina della religione in cui siamo nati – una dottrina violentemente omofoba, checché faccia oggi per apparire diversa – dall’altro dimostra di sentire ancora il bisogno di un’autorizzazione e ne reclama la versione statale, non potendo avere quella religiosa. Più “laica” era la domanda che poneva qualcuno: “Perché devo andare a dire al prete o al sindaco con chi vado a letto?”. Il matrimonio moderno è qualcosa di diverso rispetto al passato.
Un tempo si voleva garantire la filiazione legittima, e oggi essa è meglio garantita dall’esame del Dna che dall’obbligo della fedeltà. I figli illegittimi, cui si volevano negare i privilegi assicurati ai legittimi, oggi sono del tutto equiparati a loro. L’adulterio, che prima era reato persino per l’uomo, oggi non è più reato per nessuno. Questo vincolo è insomma tornato alla versione romana, e consiste, come allora, di “cohabitatio” e “maritalis affectio”. Rimangono soltanto da sistemare alcuni rapporti giuridici ed economici. E naturalmente, quando vengono meno le due condizioni poste dai romani, nessuno è incatenato a un “sì” e si pone fine al vincolo con una firma. Non si tratta più di un sacramento e nemmeno dell’eco di un sacramento: è un contratto, del tutto volontario e revocabile. Qui si traggono le conseguenze logiche ed evidenti del livello di sviluppo sociale raggiunto, ma ancora oggi la gente non sembra disposta ad abolire il matrimonio normale, con tanto di cerimonia solenne, e allora non rimane che concedere questo spettacolo anche agli omosessuali. Sia pure avvertendoli che sono in ritardo sui tempi e aderiscono a un modello superato. Non bisognerebbe creare un nuovo tipo di matrimonio, bisognerebbe archiviare il vecchio tipo, che forse serve soltanto a dare lavoro agli avvocati divorzisti.