Cronache

Università di Padova, la studentessa Emma Ruzzon: "Basta competizione"

di Mariangela Campo

Durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’università il discorso per sensibilizzare sul suicidio e sul benessere psicologico

Emma Ruzzon, la presidente del Consiglio degli studenti dell'Università di Padova, ha tenuto un discorso che ha scosso studenti, docenti e istituzioni

Durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Padova, la presidente del consiglio degli studenti, Emma Ruzzon, nel suo discorso, ha toccato temi fondamentali: i problemi strutturali del sistema universitario italiano, la competizione e la pressione a cui gli studenti sono sottoposti, i suicidi degli studenti, gli ostacoli economici e, soprattutto, quelli psicologici

Il discorso di Emma Ruzzon durante la cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico dell'Università di Padova

"Vent'anni. È il più giovane laureato d'Italia".
"Studente trovato morto, da mesi non dava esami".
"Gemelli laureati insieme. Il segreto? Una sana competizione".
"Si suicida all'università. Aveva mentito alla famiglia. Gli esami erano inventati".
"A ventitrè anni è medico: per me il sonno è tempo perso".
"Cinque lauree in sei anni. Studente dei record racconta il suo metodo geniale".
"Studentessa di 19 anni si suicida nella sua università: la mia vita è un fallimento".

"Credo siano evidenti a tutti le profonde contraddizioni della narrazione mediatica intorno al percorso universitario. Ci viene restituito il quadro di una realtà che fa male. Celebrate eccellenze straordinarie, facendoci credere che debbano essere, invece, ordinarie. Facendoci credere che siano normali. 
Sentiamo il peso di aspettative asfissianti, che non tengono in considerazione il bisogno umano di procedere con i propri tempi, nei propri modi.
Siamo stanchi di piangere i nostri coetanei, e vogliamo che la politica si metta a disposizione per capire insieme a noi come attivarsi per rispondere a questa emergenza, ma serve il coraggio di mettere in discussione l'intero sistema merito-centrico e competitivo.

Con quale coraggio possiamo ascoltare il nostro bisogno umano di rallentare. Ci viene insegnato che fermarsi significa deludere delle aspettative sociali e molto spesso familiari. Fermarsi vuol dire rimanere indietro. 
Ma quand'è che studiare è diventato una gara?
Da quando formarsi è diventato secondario rispetto al performare?
Tutto quello che sappiamo è che una vita bella, una vita dignitosa, non ci spetta di diritto ma è qualcosa che dobbiamo meritare.
Notoriamente, il merito è inteso quale il fattore garante di un percorso equo per tutti, capace di appianare ogni differenza in nome di un impegno personale che viene riconosciuto e premiato, quindi il mancato raggiungimento di un risultato è da attribuirsi esclusivamente alla colpa del singolo di non essersi impegnato abbastanza

Ricordiamoci però che molti degli ostacoli che incontriamo nel nostro percorso accademico sono strutturali e sono, per esempio, non potersi permettere una casa da fuori sede; non poter frequentare le lezioni; non avere una borsa di studio. 
Ed è codardo che si deleghi al singolo studente la responsabilità di trovare un modo per arrivare alla fine del percorso indenne, superando degli ostacoli che è compito delle istituzioni rimuovere. 
[...]
Non godere di un reale diritto allo studio pesa sul percorso universitario, così come insiste sulle nostre spalle la costante competizione corrosiva a cui siamo sottoposti e un ragionamento sul benessere psicologico che è ancora in fase embrionale, che non fornisce nemmeno a tutte le università uno sportello di assistenza e ascolto e che dove è presente lo vede sotto-finanziato e, di conseguenza, mal funzionante. 
Vogliamo uno psicologo di base, in università e fuori. 
[...] Ricordiamoci che è legittimo chiedere aiuto e pretendere che ci siano delle strutture adeguate a farlo

La corona d’alloro non deve significare l’eccellenza, la competizione sfrenata. Deve essere simbolo del completamento di un percorso che è personale, di liberazione attraverso il sapere. Abbiamo scelto di mostrarla qui con un fiocco verde, quello del benessere psicologico, per tutte quelle persone che non potranno indossarla, per tutte le persone che sono state o stanno male all’idea di raggiungere questa corona. Stare male non deve essere normale.

[...] In questo contesto di precarietà ci viene richiesto di eccellere con i mezzi a disposizione, qualunque essi siano, dentro e fuori l'università. Sempre di più, sempre meglio, sempre più veloci, senza arrestarsi mai, nemmeno davanti alle difficoltà. Chi vuole può, giusto? 
Dobbiamo chiederci se è vero che tutti abbiamo la possibilità di arrivare ovunque e accettare che la risposta, per quanto possa fare paura, è no. Non finchè mancherà la volontà politica di costruire una società priva di pregiudizi, attenta alle differenze, che livella le disuguaglianze.

[...] Per la nostra generazione il presente non è facile e non lo è nemmeno avere fiducia nel futuro, forse la sfida più grande consiste nel non adeguarci al poco che ci viene concesso, pretendendo sempre di più. Possiamo esserne  in grado solo mettendo da parte gli individualismi, in un'ottica di solidarietà. Spetta alle istituzioni avere il coraggio di fornirci gli strumenti necessari per portare a termine il nostro percorso universitario, abbattendo gli ostacoli economici e psicologici".