Cronache

Vannini, definitive le condanne per la famiglia Ciontoli. 14 anni per Antonio

Applausi in aula alla lettura della sentenza della Cassazione. I genitori di Marco Vannini: "Giustizia è fatta"

Sono definitive le condanne per Antonio Ciontoli, sua moglie Maria Pezzillo e i suoi figli Federico e Martina, imputati nel processo per l'omicidio di Marco Vannini. Così ha deciso la corte di Cassazione.

Vannini morì nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 dopo essere stato colpito da un colpo di pistola sparato dalla pistola di Ciontoli - padre della fidanzata di Vannini - nella casa di famiglia a Ladispoli, sul litorale romano. La parola fine a una lunga e tormentata vicenda giudiziaria l'ha messa la quinta sezione penale della Cassazione, confermando la sentenza emessa lo scorso settembre dalla Corte d'assise d'appello di Roma, la quale, in sede di appello-bis, aveva condannato Antonio Ciontoli a 14 anni di carcere per omicidio volontario con dolo eventuale, e i suoi familiari a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario. "Finalmente giustizia è fatta", dicono i genitori di Marco Vannini, lasciando l'Aula Giallombardo della Cassazione.  "Gli avevamo promesso un mazzo di fiori se fosse stata fatta giustizia e domani è la prima cosa che farò”, aggiunge Valerio Vannini, papà di Marco.

Applausi e grida di gioia hanno accolto la sentenza, applausi e cori uditi anche davanti al 'Palazzaccio', sede della Cassazione in piazza Cavour, dove alcune persone vicine alla famiglia Vannini sono tornate, dopo la sentenza, a esporre gli striscioni 'Giustizia e verità per Marco' con i quali già stamattina erano giunti a sul posto per attendere il verdetto dei giudici. L'unica modifica apportata dai giudici della Cassazione alla sentenza di appello-bis - spiegano fonti della difesa - è la trasformazione del "concorso anomalo" in omicidio volontario - contestato a Maria Pezzillo, moglie di Antonio Ciontoli, e ai loro figli Federico e Martina - in concorso semplice "attenuato dal minimo ruolo e apporto causale". Questa modifica, in ogni caso, non ha alcun impatto sulle pene, che restano quindi le stesse inflitte dalla Corte d'assise d'appello della Capitale con la loro sentenza di 7 mesi fa.