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Via mamma e papà dalla carta d'identità, Famiglia Cristiana sfida la Cassazione: “Toghe gender”
L'affondo: “Per legittimare pochi casi, si stravolga la grammatica dell’umano. Serve solo a recidere le radici di una cultura”


Mamma e papà via dalla carta d'identità, Famiglia Cristiana attacca i giudici della Corte di Cassazione
Via mamma e papà dalle Carte d'Identità, sostituite da “genitore” e Famiglia Cristiana, il settimanale edito da Periodici San Paolo, nell'edizione online sferra un attacco durissimo ai giudici della Corte di Cassazione, definendoli “toghe gender”.
“Padre” e “madre” non sono soltanto ruoli anagrafici: sono pilastri millenari di ogni civiltà"
L'articolo a firma Francesco Anfossi, caporedattore e inchiestista di punta del giornale scrive: “In nome di un’eccezione, si è scelto di cancellare la regola. È questo, in fondo, il cuore della notizia che torna periodicamente a scuotere la coscienza pubblica: la sostituzione nelle carte d’identità italiane dei termini “padre” e “madre” con il più neutro e anonimo “genitore”. Non si tratta solo di una questione lessicale. Le parole contano. Anzi, creano realtà. E quando si rinuncia a nominarle con il loro nome più autentico, si comincia a scolorire anche la sostanza che quelle parole indicano. “Padre” e “madre” non sono soltanto ruoli anagrafici: sono pilastri millenari di ogni civiltà, riferimenti antropologici, affettivi e simbolici che affondano le radici nella storia, nella carne, nella cultura di popoli interi”.
"Una sentenza in nome di una visione ideologica"
E sulla sentenza 9216 che ha infuocato il dibattito sul senso della famiglia, Anfossi aggiunge: “In nome di una visione ideologica — quella che si nasconde sotto l’ombrello fluttuante del “gender” — si decide che tutto è fluido, intercambiabile, indefinito. Che l’eccezione diventa legge e la legge viene riscritta per non “offendere” nessuno, salvo chi si riconosce ancora nel modello naturale e universale di famiglia”.
"Per pochi casi si stravolge la grammatica dell'umano"
E poi conclude, parlando agli Ermellini, aggiunge: “E' profondamente ingiusto che, per legittimare pochi casi, si stravolga la grammatica dell’umano. Cancellare “padre” e “madre” non aiuta nessuno a sentirsi più accolto: serve solo a recidere le radici di una cultura, a disintegrare il concetto stesso di identità. La neutralità non è sempre sinonimo di progresso. A volte è solo un modo per svuotare di significato ciò che da sempre dà senso alla vita".