Cronache

Yemen, la richiesta delle associazioni: "Basta alla vendita di bombe italiane"

Fondazione Finanza Etica e Rete Italiana per il Disarmo intervengono all'Assemblea Rheinmetall 2019 come azionisti critici

Fermare la produzione italiana di bombe che uccidono i civili in Yemen. È quanto chiedono Fondazione Finanza Etica e Rete Italiana per il Disarmo. La Fondazione Finanza Etica, infatti, oggi interviene come azionista critico all'assemblea generale di Rheinmetall per “chiedere chiarimenti sulla controllata RWM Italia S.p.A. che esporta bombe verso l’Arabia Saudita che guida la coalizione che sta intervenendo militarmente e con bombardamenti in Yemen”, spiega una nota congiunta delle due organizzazioni. “Torniamo in assemblea insieme alle Rete Italiana per il Disarmo, che coordina diverse organizzazioni pacifiste e della nuova rete europea di investitori istituzionali SfC-Shareholders for Change, che rappresenta investimenti per un totale di circa 140 miliardi di euro”, spiega Andrea Baranes, presidente di Fondazione Finanza Etica, fondata nel 2003 da Banca Etica.

Un intervento militare in Yemem che, secondo Rete Disarmo e Fondazione Finanza Etica ha già fatto “numerose vittime tra i civili, in una guerra senza mandati internazionali e quindi senza alcuna legittimazione”, aggiungono. “Il conflitto in corso in Yemen è la più grande tragedia umanitaria contemporanea, come indicato nel Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e in una Risoluzione del Parlamento Europeo”, sottolinea la nota. Inoltre, secondo quanto spiegano le due organizzazioni, “in Sardegna RWM Italia S.p.A. è accusata da associazioni e comitati locali ambientalisti e pacifisti di aver violato numerose leggi e norme dello Stato Italiano e della Regione Sardegna - si legge nel testo -, nell'ambito della procedura per l’ampliamento dello stabilimento di Domusnovas-Iglesias. Per questo dovrà comparire a giustificare il proprio operato nell'udienza del TAR Sardegna fissata per il 19 giugno 2019”.

I temi che gli azionisti critici sottoporranno alla Rheinmetall, sono i seguenti: si va dalla “necessità di piani per la riconversione a usi civili della fabbrica di Domusnovas, come fortemente richiesto da un numero sempre più ampio di cittadini del territorio” ai “chiarimenti sullo spezzettamento del piano industriale, che potrebbe essere stato effettuato per evitare la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e aggirare le norme urbanistiche del comune di Iglesias”. Inoltre, gli azionisti critici chiederanno chiarimenti anche “sul mancato aggiornamento del Piano di Emergenza Esterno (scaduto nel 2012) per stabilimenti industriali ad alto rischio di incidenti rilevanti. Le mutate condizioni dell’area (ampliamento dello stabilimento e delle linee produttive) e la possibile sottostima dei rischi connessi ad esse porrebbe lo stabilimento e le aree circostanti a rischio di incidente grave e di pericolo in generale”. Tra i temi anche “l’assenza di Valutazione di Impatto Ambientale dell’impianto di produzione - continua la nota -, del campo prove e dei danni che l’attività potrebbe arrecare alle specie protette nel vicino Sito di importanza comunitario Monte Linas-Marganai” e la richiesta di “chiarimenti sull’eventuale, mancato rispetto della normativa sulla trasparenza e sul diritto alle informazioni di carattere ambientale della comunità residente”. 

“Chiederemo inoltre informazioni sull'ispezione dell’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento nello stabilimento di RWM Italia in Sardegna, riportata dalla relazione al Parlamento prevista dalla legge 185/1990 -, spiega Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo -. Vogliamo capire se Rheinmetall stia accantonando fondi per fare fronte a questo tipo di rischi e se stia sviluppando iniziative di vigilanza e controllo per prevenire condotte simili in futuro”. All'assemblea degli azionisti del 2018, spiega la nota, l’amministratore delegato di Rheinmetall aveva risposto a Fondazione Finanza Etica e Rete Disarmo, spiegando che la capogruppo non avrebbe un “controllo diretto sulle attività italiane”. “Una risposta che appare poco plausibile - spiegano le due organizzazioni -. Gli azionisti critici hanno evidenziato inoltre come il Governo tedesco abbia deciso, nell'ottobre 2018, una sospensione di sei mesi (poi prorogata per ulteriori sei) di tutte le forniture militari all'Arabia Saudita mentre il governo italiano continua a consentire che gli ordigni prodotti in Sardegna - grazie a centinaia di milioni di euro di autorizzazioni rilasciate - siano utilizzati nel conflitto Yemenita”.

Fonte: Redattore Sociale