Culture

8 marzo 2024: cinque figure femminili da conoscere

di Chiara Giacobelli

Cinque donne straordinarie che hanno fatto la storia e che oggi ritrovate in libreria

3)  La leggenda di Anita di Enrico Brizzi (Ponte alle Grazie)

Quanto a lungo la storia ha tramandato le eroiche vicende di Giuseppe Garibaldi, tacendo del tutto o quasi quelle della sua compagna Anita? Per anni, decenni, secoli. Eppure, a un certo punto il vento è cambiato e si è sentita la necessità di raccontare anche le grandi donne al fianco dei grandi uomini: Ana Maria Ribeiro è stata senza dubbio una di queste. Non è soltanto la sua personalità forte, sognatrice, idealista e ardita a suscitare fascino, ma anche la sua storia, che se non fosse reale parrebbe appositamente inventata per confezionare un romanzo avvincente. Nata povera in una famiglia del Brasile nella prima metà dell’Ottocento, Ana dovette accettare molto e mettere da parte altrettanto nella prima fase della sua vita, quando fu costretta a rinunciare a certi valori, alla libertà, all’istruzione che avrebbe voluto, sposando peraltro un uomo non scelto da lei. Sebbene il suo carattere ribelle fosse chiaro sin da bambina non soltanto ai genitori, ma all’intera comunità in cui viveva, per Ana forse i sogni non si sarebbero mai trasformati in realtà se un giorno il destino non avesse fatto approdare proprio sulle coste brasiliane il giovane e bel combattente Giuseppe Garibaldi. Se fu lui a infiammare l’animo di lei o viceversa poco importa, poiché di fatto i due si trovarono, persone affini con valori condivisi, travolti entrambi da una passione che non lasciò spazio a ripensamenti.

La leggenda di Anita
 

Da allora, Ana Maria Ribeiro lasciò la sua patria e seguì sino all’altro capo del mondo quell’uomo che le aveva cambiato l’esistenza come un fulmine a ciel sereno; divenne Anita Garibaldi, fu moglie e madre, ma fu anche combattente al suo fianco, protettrice dei più deboli, sempre in prima fila quando c’era da rivendicare diritti o credere nell’Italia. Anita fu amata in vita tanto e forse più del suo consorte, poiché a differenza del marito il popolo la percepiva come un’amica, una di loro: laddove Giuseppe era l’eroe intoccabile da ammirare da lontano, Anita era la sorella, la confidente, l’ascoltatrice, colei che sapeva dare tutta sé stessa e non era immune alla sofferenza. Così, a poco a poco la figura di Anita Garibaldi è entrata nella letteratura, nel cinema, nel teatro, nei musical e ora arriva in libreria con un romanzo appassionato e coinvolgente a firma di Enrico Brizzi: La leggenda di Anita, edito da Ponte alle Grazie.

Brizzi è, per chi non lo conoscesse, l’autore del bestseller internazionale Jack frusciante è uscito dal gruppo: da alcuni dei suoi libri sono stati tratti film e pièce teatrali, mentre da diversi anni è passato a pubblicare per Ponte alle Grazie. Questa è però una storia diversa da tutte quelle scritte da lui fino ad oggi: intanto perché si tratta di una vera e propria biografia – seppur molto romanzata e più simile a una favola che non a un saggio storico –, in secondo luogo per la capacità di calarsi nei panni di una donna e darle voce intimamente, pur restando all’uso della terza persona. Il libro, inoltre, è strutturato come un diario/memoriale, con tanto di date e luoghi, cosicché l’aspetto storico e geografico assume una rilevanza particolare, dando al contesto un ruolo principe nelle vicende narrate. Di Anita Garibaldi non era innamorato soltanto suo marito e il popolo di allora, ma lo sono tuttora migliaia di donne che in lei si riconoscono, o che la percepiscono come una paladina della giustizia. Non importa neppure per quale fazione politica si parteggi, perché il personaggio di Anita ha la grande forza di essere trasversale, nella sua “capacità di spegnere la paura”, in quell’urlo “viva la libertà!” e nell’indipendenza sempre ricercata. D’altronde, in questo romanzo c’è molto altro sulla vita di Anita, tratto da ciò che Ana era prima di Garibaldi: la sua infanzia, il rapporto con i genitori, l’atteggiamento un po’ dissoluto che più volte portò sua madre a chiamarla cabra, il non volersi accontentare. Basti dire che Giuseppe sbarca a Rio de Janeiro soltanto a pagina 130 del libro e il loro incontro arriva solo a pagina 177, dopo che entrambi hanno passato pessimi momenti e superato difficoltose peripezie.

Nonostante la mole di documenti e carte in merito non manchi, La leggenda di Anita è un titolo che ben si confà al romanzo di Brizzi, in quanto l’autore ci mette tanto del suo, a livello di fantasia e di dettagli con cui cura ogni singola scena. I capitoli sono brevi, avvincenti, ricchi di avvenimenti, serrati nei dialoghi e a volte intrisi di una vena di ironia che pervade l’intera storia in sottofondo e la rende ancora più simpatica. Se già Giuseppe e Anita sono due eroi del popolo, due combattenti di umili origini rimasti modesti nonostante i successi, il modo in cui Brizzi riesce a raccontarli li rende ancora più umani, vicini, in grado di suscitare empatia; dunque una leggenda che in realtà smonta la leggenda e torna alla fonte, alla persona piuttosto che al personaggio, alla donna o all’uomo al posto dell’eroe o dell’eroina. Infine, come già detto il ricchissimo contesto storico, accurato e ben studiato, rende il tutto ancora più interessante e completo.