Culture
Apre il più grande convegno su Traiano Boccalini
Dal 17 al 19 ottobre si svolgerà a Macerata e Loreto il convegno 'Traiano Boccalini tra satira e politica', organizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università degli Studi di Macerata per celebrare il quarto centenario dalla pubblicazione dei Ragguagli di Parnaso (1612-1613).
L'apertura del convegno avverrà giovedì 17 nell'Aula Magna dell'Università degli Studi di Macerata. Sempre a Macerata la seconda sessione, venerdì mattina; poi i lavori proseguiranno al teatro comunale di Loreto, città natale dello scrittore, tra venerdì pomeriggio e sabato mattina. Ventisei i relatori (storici, linguisti, filologi e storici della letteratura), provenienti dalle principali università italiane ed europee. La famiglia di Traiano Boccalini (1556-1613), originaria di Carpi, si trasferì a Loreto intorno al 1555 perché il padre Giovanni, architetto, era stato chiamato a lavorare alla fabbrica della Basilica della Santa Casa, di cui iniziò la facciata e realizzò il Palazzo Apostolico.
Traiano, dopo aver compiuto studi poco graditi in utroque iure a Perugia e Padova, fu giudice alla corte pontificia e governatore di numerose province dello Stato della Chiesa, fra cui Benevento, Argenta, Comacchio, Matelica e Sassoferrato. Accanto all'impegno profuso in processi, bonifiche di terreni e lotta al brigantaggio, coltivò sempre gli studi umanistici e nel pieno della maturità decise di recarsi a Venezia, fiorente per l'industria libraria, a stampare il suo capolavoro, i Ragguagli di Parnaso. Esso venne alla luce in due centurie, raccolte di cento ragguagli, tra il 1612 e il 1613. Purtroppo non poté godere dell'improvvisa notorietà dell'opera, che ebbe negli anni a venire più di venti ristampe, poiché morì già nel novembre del 1613.
Nei suoi Ragguagli Boccalini si finge 'moderno menante', redattore di avvisi o gazzette provenienti dal regno di Apollo, corte immaginaria abitata da sovrani illuminati, statisti, capitani di ventura, ma soprattutto dai cosiddetti 'virtuosi', letterati, filosofi e poeti di ogni età, da Platone e Aristotele a Ludovico Ariosto e Torquato Tasso. L'idea dell'ambientazione parnassica deriva a Boccalini da Cesare Caporali, poeta perugino autore dei poemetti allegorico-satirici intitolati Viaggio in Parnaso, Avvisi di Parnaso ed Esequie di Mecenate, ambientati sul monte dell'ispirazione poetica, asilo delle muse e dei virtuosi. Chi immagina il Parnaso boccaliniano come un elisio di beatitudine eterna e contemplativa si inganna. In esso infatti gli animali parlano, accadono risse, vendette, ribellioni di popoli contro i loro legittimi sovrani. Aristotele e Dante vengono aggrediti nelle loro case, Marziale sbeffeggia il casto amore di Petrarca per Laura, i grammatici arrivano facilmente alle mani per un errato spelling. La caduta di un dittongo latino basta a trasformare gli Aesini (oggi jesini) in asini e Machiavelli, nascosto nella biblioteca di un amico, palese riferimento alla condanna del Principe all'Index librorum, viene condotto davanti ad Apollo per essere arso vivo.
I dieci savi dell'universo, chiamati a redigere i documenti per una generale riforma, sono in grado di prendere un'unica decisione, quella di allargare le scodelle usate al mercato per vendere i lupini, mentre Cristoforo Colombo, solitamente osannato come grande navigatore, viene accusato di aver aggiunto, con la scoperta del continente americano, 'acqua all'idropsia degli Spagnoli', ossia di averne alimentato la sete di conquista e le mire espansionistiche a danno del mondo intero. In Parnaso si discute, sempre piuttosto animatamente, di ragion di stato e di questione della lingua; il suo creatore infatti, oltre ad essere acerrimo nemico della Spagna, sa scagliarsi contro tutti i dogmi e le auctoritates tardocinquecenteschi, da quello linguistico, irridendo l'eccessivo normativismo dell'Accademia della Crusca, a quello letterario e filosofico, ancora legato al pensiero aristotelico.
Secondo Boccalini infatti le auctoritates spesso non sono altro che 'trite sentenze', masticate da molti per molti secoli e spesso pertanto ormai consumate. I moderni continuano a ripeterle senza ammettere di ignorarne il significato, come accade nel ragguaglio 51 della prima centuria, quando festina lente, ossimorica esortazione della latinità ad un lento affrettarsi, viene tradotto con 'fai di rado festini'. L'autore dei Ragguagli si sofferma spesso a denunciare la falsità e l'ipocrisia delle corti secentesche, in particolare quella pontificia, che paragona ad un mare in tempesta per il quale non esistono carte nautiche sufficientemente precise in grado di non far schiantare i vascelli dei cortigiani sugli scogli sempre nuovi dell'invidia dei nemici e del mutevole animo del principe. Ma in un'epoca di oppressione politica e ecclesiastica, Boccalini non poté fare a meno di attenuare prudentemente i suoi scritti più sferzanti, evitando di nominare direttamente i potenti e destinando alcuni ragguagli alla pubblicazione postuma. Stessa sorte subirono i Commentari sopra Cornelio Tacito, ponderosa opera di commento degli Annali e delle Storie dello scrittore latino e pietra miliare del tacitismo secentesco.
In essi Boccalini abbandona la 'maschera' indossata nei Ragguagli per nominare senza veli allegorici teste coronate, pontefici e uomini d'arme, criticando aspramente la condotta del collegio cardinalizio in sede di conclave, nonché strategie militari, alleanze e scelte politiche tra le più importanti del suo tempo, dall'Interim di Carlo V alla guerra d'indipendenza delle Fiandre, dalla scelta dell'ugonotto Enrico Navarra, futuro Enrico IV, di riabbracciare la fede cattolica al testamento segreto di Elisabetta I Tudor. L'opera che ne derivò si pone a metà strada tra il memoriale ed il trattato politico improntato sui valori della prudenza e della dissimulazione. Mentre la longa manus degli Asburgo teneva saldamente il ducato di Milano ed il regno di Napoli, la voce di Boccalini auspicava l'indipendenza italiana, con due secoli d'anticipo rispetto ai primi spiragli risorgimentali.