Amore che crea dipendenza. Ecco la favola per donne che vogliono guarire
In libreria per Sperling & Kupfer "La principessa che aveva fame d'amore" di Maria Chiara Gritti. INTERVISTA
Belle, buone, brave e obbedienti: quante donne hanno imparato fin dall'infanzia che questo è l'unico modo per essere amate? Come succede ad Arabella, la protagonista della favola "La principessa che aveva fame d'amore" di Maria Chiara Gritti (Ed. Sperling & Kupfer): pur essendo capace, intraprendente e piena di talenti, è pronta a sacrificare la sua allegria, la sua curiosità e i suoi stessi bisogni per compiacere i genitori e sentirsi apprezzata. Ma c'è qualcosa che grida dentro di lei, un grumo di insoddisfazione che le lacera lo stomaco e la rende irrequieta e vorace: è la sua fame d'amore. Si convince che potrà essere solo un uomo a placarla e va dritta nella Città degli Incontri. Ma come può una ragazza poco nutrita d'affetto riconoscere il sapore del vero amore? È sin troppo facile accontentarsi di qualunque riempitivo. Per fortuna c'è qualcuno pronto a darle una bella svegliata e guidarla a trovare la giusta ricetta.
In questa favola, la psicoterapeuta Maria Chiara Gritti affronta con ironia e delicatezza il tema della "love addiction", quella strana cecità del cuore che porta a scambiare ogni rospo per un principe, a cui dare tutto in cambio di… niente. Troppe principesse ne soffrono, si aggrappano a rapporti squilibrati nei quali perdono autostima, fiducia e sorriso. Basta, non dobbiamo più accontentarci delle briciole, insegna la favola di Arabella: l'unico modo di nutrire il vero amore è imparare a nutrire noi stesse. E dovrà essere il principe a mostrarsi degno di noi.
Dottoressa, come è nata l'idea di questa favola "terapeutica"?
"Mi occupo da dieci anni di dipendenza affettiva, una delle patologie più diffuse della nostra epoca, e da tre anni sono diventata mamma. Così ho riscoperto quanto possa essere efficace il racconto in forma di favola. Dedico questo libro a tutte le mie pazienti. La metafora del nutrimento è nata perché molte donne arrivano da me digiune di attenzioni, di affetto e del senso del vero amore, che la famiglia non è stata in grado di trasmettere loro. Così hanno fatto i genitori di Arabella e lei, crescendo, si renderà conto di questo loro limite. I pani di cui si nutre la protagonista sono il simbolo del nutrimento primario. La metafora alimentare tra l'altro si prestava molto bene a rappresentare anche il protagonista in negativo del racconto, il vuoto, che spesso si manifesta attraverso disturbi alimentari. Molte donne fanno confusione tra il cuore e lo stomaco".
Come nasce questa fame d'amore?
"Si sviluppa soprattutto nell'infanzia, quando viene trasmessa un'idea inadeguata dell'amore, visto come qualcosa che va guadagnato anziché essere gratuito. Spesso i genitori trasmettono questo messaggio: se farai la brava, se non disturberai con i tuoi bisogni, sei ti prenderai cura di noi, allora sarai amata. Così si cresce solo pensando alla soddisfazione dei bisogni altrui e non si impara a conoscere il proprio mondo interiore, aspetto che è invece fondamentale quando in età adulta si entra in un rapporto di coppia".
Quando si diventa consapevoli della propria dipendenza affettiva?
"I primi sintomi si notano nell'adolescenza. Già nelle amicizie si tende a essere sempre attente ai bisogni altrui e evitare in tutti i modi il conflitto. Una posizione che diventa più evidente poi all'interno della coppia, soprattutto intorno ai 28-35 anni, quando il rapporto affettivo diventa centrale. Il rischio è quello di collezionare una serie di relazioni sbagliate, sviluppando un profondo senso di fallimento, oppure di portare avanti per troppo tempo un rapporto che non funziona".
Solo le donne sono dipendenti affettive?
"Gli uomini sviluppano altri tipi di dipendenze: gioco, alcol, lavoro... E si aggrappano alle dipendenti affettive. Ne nasce un incastro patologico detto "codipendenza": lei si mette al servizio di lui, lui non diventa autonomo e resta fondamentalmente bambino. Oppure ci sono uomini narcisisti, carismatici ma distanti emotivamente, sfuggenti e abbandonici. Amano farsi amare dalle dipendenti affettive, restando sul piedistallo".
Lei che metodo di cura ha ideato?
"Al Consultorio Scarpellini di Bergamo conduco gruppi terapeutici per "donne che amano troppo": si inizia con un ciclo di 13 incontri basati su un protocollo breve strategico in cui incorporo strategie sistemico-relazionali, chiamato "DipendiAmo". L'obiettivo è stimolare la consapevolezza del disagio e far sviluppare l'indipendenza emotiva. Oltre a raccontare le proprie storie e condividere le proprie emozioni, le partecipanti svolgono una serie di attività molto efficaci. Spesso le donne affrontano percorsi di psicoterapia senza che il problema della dipendenza affettiva venga correttamente individuato e curato. Il percorso "DipendiAmo" prevede poi un secondo corso, ovvero altri 10 incontri, per chi ha acquisito consapevolezza della propria dipendenza emotiva, ma ora ha bisogno di rafforzare se stessa e di avere un accompagnamento nell'affrontare le relazioni future".
Maria Carla Rota
LA PRINCIPESSA CHE AVEVA FAME D'AMORE
Come diventare regina del tuo cuore
di Maria Chiara Gritti
Sperling & Kupfer
pp. 224 - euro 15,90
Versione ebook disponibile
L'AUTRICE
Maria Chiara Gritti, psicologa e psicoterapeuta a Bergamo, esperta nel trattamento della dipendenza affettiva, da anni conduce gruppi terapeutici sulla love addiction. Ideatrice di un percorso di guarigione innovativo sulla dipendenza amorosa, tiene corsi di formazione rivolti a psicologi per diffondere l'applicazione del suo metodo di intervento.
www.psicologobergamo.com
http://www.dipendiamo.blog/