Culture

È stata la mano di Dio, la consacrazione di Sorrentino

di Simone Rosti

Non ci sono fenicotteri che irrompono sulla scena, ma uno sterminato firmamento popolare che sembra attingere a tutta la filmografia di Sorrentino

Paolo Sorrentino, il suo ultimo film è la chiave di lettura di tutta la sua cinematografia: È stata la mano di Dio

Sorrentino, premio Oscar con “La Grande Bellezza”, è fra i migliori registi italiani di sempre. La “svolta” del suo ultimo film, “E’ stata la mano di Dio”, ne è la prova, non perché questo sia di valore superiore ai precedenti, ma perché rappresenta la definitiva chiave di lettura della sua cinematografia.

A Sorrentino l’unica ammenda è per la modalità di distribuzione del suo film, per pochi giorni nelle sale poi direttamente sulla piattaforma Netflix. Ma forse Sorrentino è stato innovativo anche in questo, prima di altri ha capito che il tavolo da gioco della produzione e fruizione cinematografica è cambiato, si pensi anche alle sue precedenti brevi serie “The young/new Pope” prodotte solo per la televisione.

Ma torniamo a “E’ stata la mano di Dio”. Un’opera iniziatica, di formazione, nella quale Sorrentino racconta se stesso adolescente senza restarne imprigionato, con la lucidità di chi sa cogliere il senso dei fatti (anche luttuosi), dove la disperazione non diventa mai ossessione, dove l’umorismo sembra una formidabile arma per sopravvivere. Sorrentino ha messo in scena un’opera teatrale dove ognuno ha un suo posto nel mondo (anche chi nelle nostre travagliate esistenze confiniamo spesso ai margini), e da ognuno c’è qualcosa da cogliere, quando sembra tutto compromesso arriva un’ispirazione e da qui può nascere un talento.

Immaginiamo la fatica del regista a non farsi travolgere emotivamente da Fabietto (l’alter ego giovane di Sorrentino), e lo fa con maestria riuscendo a distillare in un unicum, tipico del suo stile, i riferimenti colti e meno colti (a Fellini, Leone, Capuano, Zeffirelli) con i tanti comuni “figuranti” che ballano bellamente nella prima parte del film dove le gags famigliari si susseguono a ripetizione.

Personaggi scolpiti nella pietra, alcuni improbabili, dialoghi taglienti, fotogrammi perfetti degli anni ‘80, c’è anche spazio per l’iniziazione sessuale e San Gennaro. La mano di Dio sarà salvifica, salverà infatti una vita elevandola al suo massimo come lo straordinario gesto atletico con la mano elevò Maradona nell’olimpo.

Non ci sono i fenicotteri stavolta che irrompono sulla scena, ma troverete uno sterminato firmamento popolare che sembra attingere a tutta la filmografia di Sorrentino. Si grida, a un certo punto, che la realtà è scadente e deludente, ecco spiegato perché al giovane Fabietto non resta che buttarsi nel cinema che, pur essendo finzione, è il collettore di emozioni infinite e vere (fonte di riscatto) di chi lo fa e di chi lo guarda.