Culture
Festa della Donna: cinque figure femminili da riscoprire
La letteratura ci consegna i ritratti delle donne che hanno scritto la storia e hanno precorso i tempi
La Festa della Donna è un’occasione per guardare al passato e riportare alla luce figure femminili affascinanti, piene di talento, spesso all’avanguardia rispetto al tempo in cui vissero. In questo speciale vi consigliamo cinque biografie romanzate che vedono protagoniste eroine d’altri tempi da non dimenticare.
1) Mary di Anne Eekhout (Neri Pozza)
La prima donna di cui vi parliamo in questo speciale non ha bisogno di grandi presentazioni: non è un caso se il romanzo di Anne Eekhout, giovane scrittrice con già importanti riconoscimenti alle spalle, si chiama semplicemente Mary. In molti, notando la candela, le scritte a mano e il profilo sulla cover, penseranno proprio a lei: Mary Shelley, la celebre autrice di Frankenstein. D’altra parte, a rendere Mrs Woolstonecraft Godwon così nota ai nostri giorni non è soltanto la sua opera, oggi riconosciuta tra i grandi classici di ogni tempo e letta sin dalle scuole d’infanzia. Di lei ci colpiscono anche la vita e la personalità, nonché la travagliata storia d’amore, che nell’epoca postromantica in cui ci troviamo possiede tutte le caratteristiche fondamentali per farne una moderna eroina. Prova ne è il fatto che nel 2017 è uscito nelle sale cinematografiche un bellissimo film dedicato proprio a lei, dal titolo Mary Shelley – Un amore immortale. Il lungometraggio segue la storia di Mary dalla giovinezza e dall’incontro con Percy Shelley in poi, mentre nel romanzo che qui vi proponiamo, edito da Neri Pozza, il focus dell’autrice è su un momento preciso della sua complicata esistenza.
È il 1816 e ci troviamo a Ginevra, dove un gruppetto di artisti/intellettuali decide di trascorrere del tempo insieme per sconfiggere la noia di un’estate cupa e piovosa, a causa di una potente eruzione vulcanica in Indonesia. Sono Lord Byron, John Polidori – l’unico dei quattro a non aver mai raggiunto un vero successo nel corso dei secoli – Mary e Percy Shelley, ai quali si aggiunge Claire, la sorella di Mary. La sfida che viene lanciata è allora quella di scrivere storie di fantasmi, di mistero, di terrore e paranormale per mantenere viva l’adrenalina e allietare le serate, insieme a una discreta dose di alcol e laudano. Tutti si cimentano nell’esperimento letterario, ma soltanto il racconto nato dalla mente in fervente movimento di Mary diventerà un bestseller internazionale, ancora adesso letto da milioni di persone ogni anno e da cui peraltro sono stati tratti film, opere teatrali, libri di ogni genere.
La Mary della Eekhout è una donna non priva di fragilità e timori, buona parte dei quali giustificati, vista l’indole incostante del marito e la natura perennemente invidiosa della sorella; c’è poi un altro trauma che grava sulla sua anima scossa, ed è la morte della sua prima figlia: Mary è una ragazza di soli diciannove anni ma, già madre – è nato in seguito l’amato William – moglie, figlia di genitori che le hanno sempre insegnato a pensare con la propria testa, scrittrice con una certa consapevolezza delle proprie doti, ne dimostra molti di più. Ed è proprio questa la donna che assume forma tra le pagine del romanzo scritto da Anne Eekhout, dove la fiction e la verità storica si fondono per restituirci un ritratto genuino di una donna dapprima eccessivamente sottovalutata e in seguito eretta a paladina dell’immortale ideale romantico. Nella realtà, Mary non era nessuna delle due cose, eppure possedeva un dono, quello della scrittura e dell’immaginazione, concesso a ben poche altre fanciulle, specie in quell’epoca.
Non manca di momenti quasi lirici questo bel libro della Eekhout, una scrittrice e studiosa che prima di ogni altra cosa sa come gestire le parole ed elevare una descrizione, uno stato d’animo, un evento. Ne riportiamo un esempio calzante. “Percy si veste, la bacia, esce. Fuori la pioggia cade come se la fonte fosse inesauribile, invincibile. La pioggia l’avra sempre vinta su di loro. La pioggia s’infiltra nelle fessure che non hai mai visto, fa crescere la muffa sotto l’armadio, dietro il bordo del letto, negli stivali, nel vino. Ed è anche dentro di lei, quella pioggia, sarà entrata dagli occhi e dalle orecchie, dalla sua bocca parlante. E ora ne è colma, di pioggia”. Chi conosce un po’ la storia degli Shelley coglierà facilmente il significato plurimo che qui viene dato alla pioggia, metafora di molto altro. C’è, innanzitutto, in quel “la pioggia l’avra sempre vinta su di loro”, un riferimento premonitore alla morte che di lì a breve coglierà Percy Shelley, annegato nel turbinio di una tempesta in mare. C’è poi la pioggia che si insinua e permette finalmente di vedere ciò non si è mai notato prima: sono questi, infatti, gli anni in cui il tanto acclamato amore tra Mary e suo marito scricchiola a causa dei tradimenti di lui, della gelosia di lei, del Percy narciso desideroso di essere sempre al centro di ogni cosa, dell’incapacità di Mary di farsi valere e persino della presenza ingombrante della sorella, che a un certo punto diviene la vera e propria amante di Shelley. Ancora, c’è la pioggia che invade la donna, la madre, la scrittrice, gettandola in uno stato di prosternazione, di malinconia, di timore; stato febbrile dal quale nasce un capolavoro.
Infine, questo è un romanzo che parla soprattutto di letteratura e che quindi ogni scrittore, ogni lettore amerà sin dalle prime pagine. L’autrice si sofferma molto non soltanto sui personaggi presenti e sui rapporti tra loro, ma anche sulle loro opere, su ciò che pensano l’uno dell’altro, nonché sull’atto puro della creazione artistica. “Scrive disordinatamente, quasi senza pensare, senza causa ed effetto, senza coscienza e conseguenza. La sua è una pulsione. Non sa nulla di ciò che scrive, come se le venisse dettato, e tuttavia è la sua storia, sua e di nessun altro”. Molte sono le teorie in merito a chi o che cosa rappresenti la figura tra uomo e mostro, tra vita e morte di Frankenstein, alcune delle quali si concentrano anche su un’identificazione tra la stessa Mary e il suo personaggio di fantasia. Di certo, esso è molto più di questo, ma è altrettanto vero che nella sua figura oppressa e triste la Shelley riversò buona parte del peso che doveva sentirsi addosso in quel periodo.
Lo consigliamo perché: è un’ottima biografia romanzata su un personaggio femminile tra i più affascinanti della letteratura mondiale, valorizzato da uno stile quasi poetico, leggero e piacevole. Si avvale di un accurato studio storico, ma anche di molta immaginazione.