In una società megalomane si sogna ancora? - Affaritaliani.it

Culture

In una società megalomane si sogna ancora?

di Alessandra Peluso

L’Italia, un paese di sognatori, di poeti, di navigatori… Ed oggi?
Un paese che tenta di tenersi a galla, annaspa, un paese che non ha un valoroso capitano per tenere la rotta. Un paese che non sa in quale direzione andare, ha perso la rotta. E si è rotta la bussola.
Ognuno va da sé, sembra essersi consolidata l’idea di megalomania. Ecco, dunque, non parlerei soltanto di società liquida, descritta da Bauman, ma aggiungerei megalomane, proprio in riferimento al particolarismo che nel tempo provoca disastri.
La continua e prolungata assenza dell’altro, pertanto, ha comportato un esserci in quanto “Io” in modo spropositato; l’individuo si fa largo nel sociale e nella stessa famiglia, non più rifugio, ma avamposto del conflitto (Simmel). Il singolo ha acuito l’affermazione del sé, esasperando in modo inappropriato la propria autonomia. Per dare un’idea di megalomania, di delirio di onnipotenza, nelle figure del passato si può far facilmente riferimento a Hitler, Mussolini, o Stalin. Oggi c’è chi cerca di essere grande, si spinge, oltre il possibile, e il sé assume una condizione nefasta.
Attualmente, il megalomane lo si può identificare in quel leader che non ha necessariamente una personalità forte, anzi, a volte non ha neanche un’identità, ma, partendo da qualche idea apparentemente inappuntabile, muove le masse. Idee fuorvianti, giustappunto, che spesso manipolano le menti, creando conflitti insanabili.
Ognuno vuole far valere il proprio diritto, la propria categoria, il proprio genere. Ciascuno impone l’idea politica, si impone quindi con ogni mezzo in questa massa informe che è la società. Neanche l’uomo politico riesce a contenere il caos, perché appunto non c’è l’uomo politico che mira all’interesse pubblico, alla pubblica felicità, come sosteneva Gaetano Filangieri.

Sarebbe antiquato forse parlare di “Umanesimo” in epoca odierna?

Pensare che raggiungere la mia felicità non debba danneggiare l’altro, e quindi radicare il sé nel noi, concretizzare la solidarietà vera, ossia per intenderci, non quella relativa all’“offerta” in denaro, per mettersi a posto la coscienza e rimpinguare le tasche del furbetto di turno; ma, essere solidali significa condividere, cooperare, collaborare, s’intende mirare a raggiungere il benessere collettivo. Col  termine “umanesimo”, poi, si indica anche amare la natura come ha insegnato Giordano Bruno, amare la vita.
E come si fa ad amarla? Chi insegna ad amare la vita? A volte neanche chi la genera ne è capace in una società talmente veloce, tecnicizzata, megalomane, nella quale il piccolo si annulla, il valore è pari a zero quando non è legiferato.
Qual è il sogno degli italiani, dunque, se non puntare al guadagno del pane quotidiano? E la missione invece sembra esser quella di pagare le tasse.
Inoltre, non c’è una destra e una sinistra politica, ma si intravede una totalitarizzazione del tutto. Sebbene “Destra”  e “Sinistra” come ricorda Bobbio non denotano contenuti fissati per sempre. Possono altresì designare diversi contenuti secondo i tempi e le situazioni. Orsù, dunque, quali contenuti designano nel grande contenitore che è l’Italia?
Individualismo e potere. Questi i contenuti odierni, sotto le mentite spoglie dei buoni samaritani.
Accanto alle politiche dall’alto, gerarchizzate, d’altro canto, nascono dal basso, i nuovi movimenti di protesta, non strutturati, senza un leader, che in qualche modo cercano di soddisfare i bisogni popolari, come il “Movimento 5 stelle”. Il bisogno appunto, è tutta una questione di bisogni e non più di piaceri né di sogni.

E dunque, l’italiano del secondo millennio sogna?

Chissà, nell’imperante individualismo, si cerca di imparare a sognare. In una società infettata dal virus della megalomania, in evidente contrasto con l’empatia. L’individualismo - evidenzia Giacomo Rizzolati - è l’herpes della società. Così l’individuo ammalato non può essere empatico, non vede l’altro, oppure lo considera esclusivamente un “competitor”.
Si può curare questo virus? Certamente, con un potente antibiotico culturale. Ad esempio, l’intellettuale potrebbe curarlo, insegnando a sognare, infondendo le idee di solidarietà, patria, pubblica felicità, vita e coscienza di sé.
Compito arduo senza dubbio, ma possibile, perché l’italiano ha ancora il diritto e il dovere di sognare.