Culture

La città del futuro sarà un giardino

di Paola Serristori

 

Una Versailles imperdibile. La reggia di Versailles come non è mai stato possibile vederla. Un sogno ad occhi aperti, anche per i re che vi hanno abitato. I disegni originali dei progetti del XVII°-XVIII°-XIX° secolo tracciati dalla mano dei più famosi architetti e paesaggisti dell’epoca sono esposti sino al 4 agosto ed i visitatori ammirano lungo il percorso di visita le nuove acquisizione nelle Sale Louis XIV. L’ambientazione è di per sé evocativa, perché Versailles racconta la storia della grandezza del Re Sole. I progetti documentano eccezionalmente l’incontro tra la personalità del committente e le tendenze suggerite dai tecnici per le trasformazioni del castello e degli incantevoli bosquets, i saloni all’aperto decorati dalla vegetazione del parco per le passeggiate e gli spettacoli di musica, danza, e teatro.

Per contenere gli effetti del cambiamento climatico, i piani urbanisti delle megalopoli Londra e Parigi, capofila europee della resilienza raccomandata dall’ONU, sviluppano il tema della città giardino. L’esposizione “Versailles. Architectures rêvées 1660-1815” si svolge in contemporanea con la prima Biennale dell’Architettura e del Paesaggio (Bap!), un avvenimento culturale sino al 13 luglio, che rinnoverà la tradizione di armonia tra costruzione e natura. Il presidente della Regione Ile de France, che produce la maggiore ricchezza economica a livello europeo, Valérie Pécresse, ha citato come esempio la Biennale di Venezia. Il sindaco di Versailles Francois de Mazières ha individuato luoghi emblematici, in costante dialogo tra passato e futuro, per la presentazione dei progetti: la Petite Écurie (ex scuderie reali), non solo sede dell’Ècole nationale supériore d’architecture, ma anche sorprendente sito museale: qui sono ricoverate, e visibili durante la Biennale, molte statue originale del parco del castello), le Potager du Roi (il grande orto che riforniva di prodotti freschi la tavola della Corte), l’Ancienne Poste (il vecchio ufficio postale, dove la mostra Horizon 2020 offre una panoramica sui collegamenti ferroviari del Grand Paris Express, 68 nuove stazioni ferroviarie, decine di studi di architettura coinvolti nella realizzazione), e l’Espace Richaud (antica cappella dell’ospedale reale di Versailles). Lungo il perimetro della sede della Mairie sono affisse le panoramiche di siti verdi alla portata di una gita.

La regione ambisce a ricreare l’armonia città-natura: un impegno che tutti dovrebbero assumersi per contrastare gli effetti nocivi delle emissioni inquinanti e del cambiamento climatico: “Entro il 2024 realizzeremo aree verdi raggiungibili a piedi da chiunque in un quarto d’oraha dichiarato il presidente Pécresse – . Le prime cento sono già state create o allestite. Quest’anno pianteremo il primo albero della foresta di Pierrelaye, vicino a Roissy. Costruiremo 100 quartieri innovativi ed ecologici, di cui più di 40 sono già in cantiere.”

L’interesse per un nuovo modello di sviluppo abitativo ebbe inizio con Louis XIV. La direzione del Chateau de Versailles ha predisposto per l’occasione un riallestimento dell’infilata di dieci stanze, che si susseguono in una prospettiva charmant, una dopo l’altra, affacciate sul parterre du Nord, la distesa di siepi triangolari ideata dal paesaggista André Le Nôtre. I visitatori attraverseranno una delle camere da letto del Re Sole, che durante cinquantacinque anni in cui soggiornò e poi visse in questo castello cambiò sette sistemazioni. Dipinti e mobili testimoniano la vita della famiglia reale e della Corte. Conosciamo i volti e gli avvenimenti, le campagne militari, i momenti della vita. I pittori ritraevano re Louis XIV anche sul campo di battaglia, come nella grande tela dedicata all’assedio di Maastricht il 29 giugno 1673. L’allestimento è arricchito con reperti delle riserve del castello e prestiti dalla Francia e dall’estero, tra cui un dipinto della collezione della Regina Elisabetta II che raffigura proprio il cantiere di Versailles nel 1680 cogli operai e gli animali da traino che trasportano i blocchi di pietra in primo piano.

Louis XIV Le Grand, il Re Sole, è stato il creatore di uno stile rimasto celebre nei secoli. Egli ebbe l’intuizione di valorizzare il piccolo castello di campagna in mattoni rossi e pietra ereditato dal padre Louis XIII al centro di una foresta incontaminata. Nel 1660, all’età di 22 anni, iniziò a recarsi regolarmente a Versailles ed in quel periodo commissionò ai migliori architetti e paesaggisti la trasformazione a suo gusto e volontà. Rifiutò l’idea di abbattere l’antico edificio e chiese un progetto di ampiamento. Nel 1668 l’architetto Louis Le Vau ebbe l’incarico di realizzare quella che oggi vediamo: una struttura architettonica che avvolge il nucleo storico centrale. E di abbellire le facciate con colonne di marmo belga, rosso di Rance, balconi in ferro forgiato e dorato, busti appoggiati sulle balaustre. Il cantiere fu enorme, le cronache narrano di frequenti incidenti. Nel 1669 Louis XIV prese in considerazione, a quanto riportano le fonti storiografiche, la possibilità di non conservare l’edificio dell’antico castello e costruire la reggia ex-novo. Nel 1670 Le Vau morì ed il ministro delle Finanze Colbert assegnò l’incarico di coordinatore all’architetto François d'Orbay. Il 6 maggio1682 Louis XIV trasferì l’intera corte a Versailles. Cambiava l’uso della residenza e, di conseguenza, le esigenze. L’architetto Jules Hardouin-Mansart presentò nel 1684 un grande progetto di rifacimento totale, sopraelevazione, inserimento di un cupolone. Non se ne fece nulla, sia perché il re aveva abitato sino ad allora in un cantiere permanente, coi relativi disagi, sia per i costi, controllati severamente da Colbert.

La presentazione di un progetto architettonico, su carta o con una modello in scala, al re di Francia implicava un cerimoniale. Perciò è giunta a noi tanta documentazione sulle varianti di cappella religiosa o del teatro interno, o il disegno di Charles Le Brun, pittore preferito dal Re Sole, per aggiungere diciassette nicchie con gruppi scultorei nel semicerchio attorno al Bassin de Latone. O ancora il padiglione di Nettuno sul Gran Canale, presentato attorno al 1680.

Alla morte di Louis XIV, nel 1715, che era stato l’animatore degli usi e costumi di un’epoca, la Corte si trasferì a Parigi. Tuttavia, l’interesse degli architetti ad accostare il proprio nome alla reggia di Francia ed il degrado provocato dalle intemperie produssero nei decenni altri progetti fastosi o visionari. Re Louis XV, nipote del Re Sole (il cui primogenito, erede designato era morto prima di lui, nel 1711), era più appassionato di scienze che di arte. Però la reggia aveva bisogno di manutenzione e l’architetto Ange-Jacques Gabriel riuscì a convincerlo ad approvare il rifacimento dell’Ala del governo, che si chiamerà Aile Nord (oggi comunemente Aile Gabriel). Louis XVI affidò invece al Directeur des Bâtiments du roi, conte Charles de Angiviller, l’incarico di bandire nel 1780 un corcorso. I progetti sono radicali ed imponenti, facciate massicce ed un susseguirsi di colonne. L’architetto Marie-Joseph Peyre immaginò un colonnato simile a quello di San Pietro. Lo scoppio della Rivoluzione francese interruppe ogni sogno.

Nel 1806 l’imperatore Napoleone abitò in queste stanze e chiese di personalizzarle. I disegni dell’architetto Jacques Gondoin non gli piacquero. Tornò sull’idea dopo il matrimonio con Maria Luisa di Asburgo-Lorena, pronipote di Maria Antonietta. Voleva che Versailles diventasse il suo nuovo palazzo imperiale. Incaricò il primo architetto Pierre Fontaine. Lo stile di Fontaine era quanto di più lontano all’ispirazione originale di Louis XIV: rigorosa austerità al posto della grazia, eleganza, armonia del Re Sole, mecenate delle arti. Gli eventi militari del 1812 chiusero il discorso, con l’amarezza di Fontaine, del quale conosciamo le parole: «Tanto pourparler ed il risultato è niente.» Infine Louis-Philippe trasformò nel 1837 definitivamente la reggia in museo.

Da annotare: sul percorso espositivo un programma 3D consente di visualizzare i diversi cambiamenti proposti ai sovrani e, persino, di creare un proprio progetto.