Culture
Uno spettro si aggira tra i calanchi della Basilicata... Il nuovo romanzo di Mariolina Venezia
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LA TRAMA - Uno spettro si aggira tra i calanchi della Basilicata. Appena dietro, confuso nel rumore di una pioggia che non smette, un ticchettio di tacchi a spillo. Perché lo spettro non lo sa, ma sulle sue tracce, fasciata in improbabili camicette animalier, c’è la PM Imma Tataranni. Ed è di pessimo umore. Mentre è in corso la campagna per le elezioni regionali, come se di rotture di scatole non ce ne fossero già abbastanza, Imma si trova fra i piedi una ragazza che sembra in cerca di celebrità, o forse di vendetta: petrolio, onorevoli, ville nascoste nella campagna, scorie nucleari... C’è di tutto nel racconto strampalato di Donata Miulli, o per lo meno tutto quello che serve a far rizzare i capelli (crespi) al nostro sostituto procuratore. Da quelle cose, Imma lo sa bene, meglio tenersi alla larga, specie se a raccontarle è una ragazzina con la testa piena di grilli. Solo che poi Donata scompare. E quelle che sembravano fantasie complottistiche si rivelano sotto una luce nuova. Anzi, sotto mille possibili luci nuove: a dirla tutta gli scenari che si aprono davanti a Imma sono infiniti, e appare chiaro in fretta che questo caso rischia di rovinarle la carriera. E pure la vita. Perché non bastava la sfida impossibile di conciliare bucato e appostamenti, interrogatori e colloqui con gli insegnanti della figlia Valentina, la routine coniugale e certi brividini inopportuni... Adesso nell’indagine si affacciano presenze del passato, una vecchia parla di malocchio, e mentre i giovani, delusi da un’Italia rappezzata alla bell’e meglio, partono a cercare fortuna altrove, c’è qualcuno che di andarsene non ne vuol sapere. Neanche da morto. Dallo squallore dei più angusti angolini di celebrità al fasto esibito dei salotti romani, dagli sortilegi delle ultime masciare al petrolio della Val d’Agri, tra fantasmi, farabutti, gente che ha perso la voglia di lottare e gente che ne ha troppa, a Imma non basterà tutta la sua testardaggine per rimettere insieme i pezzi di un’indagine che si gonfia come un nuvolone e minaccia di rovesciarle addosso il più feroce dei temporali. Per fortuna che a scortarla c’è l’appuntato Calogiuri, insostituibile (oltre che bello «come un bronzo di Riace, biondo però»), e a guidarla – decisamente più efficaci dell’intuito femminile – i suoi proverbiali giramenti di scatole… Forse, alla fine, basterà smettere di fissare gli occhi al cielo nero e imparare di nuovo a guardarsi intorno per scoprire, da chi ancora non cede al disincanto, che è tra gli esseri in carne e ossa che si annida, sì, il male, ma anche tutta l’energia pulita di un Belpaese che magari non è proprio da rottamare.
L'AUTRICE - Mariolina Venezia è nata a Matera e vive a Roma. Ha pubblicato alcuni libri di poesie in Francia e, per Einaudi, i romanzi Mille anni che sto qui, vincitore del Premio Campiello 2007, Come piante tra i sassi (2009), la raccolta di racconti Altri miracoli (Theoria 1998, Einaudi 2009), Da dove viene il vento (2011) e ora Maltempo (2013)
LEGGI SU AFFARITALIANI.IT UN ESTRATTO DAL QUINTO CAPITOLO
(per gentile concessione di Einaudi)
Un tempo c’erano le bruttine, le carine, le belle, le brutte, le bellissime e le bruttissime. Ora invece le ragazze, come le mele, si somigliavano tutte: capelli tinti, naso regolare, labbra sporgenti, seno abbondate e fianco stretto, alcune perché dotate dalla natura, con giusto una spintarella degli ormoni assorbiti fin dagli omogeneizzati, altre perché intervenivano dove la natura e gli ormoni non arrivavano. E le irriducibili, le veniva il dubbio, per non sfigurare se ne restavano a casa. Quella ragazza di Garaguso, comunque, rispondeva perfettamente a tutti i requisiti e forse per questo Imma aveva continuamente l’impressione di vederla, in fila alla posta o al supermercato, all’uscita dalla Procura o davanti scuola di Valentina. E ogni volta si aspettava che le attaccasse bottone con la sua arietta improbabile e quelle ipotesi da fanatica del complotto, facendole perdere tempo prezioso. Invece, contrariamente a quanto aveva minacciato, non si era piú fatta vedere e il tempo prezioso Imma lo perdeva in altri modi. “Qualcuno ha chiesto di me?” domandò entrando in ufficio il giorno prima della partenza per Roma. Se pensava al da fare che aveva si metteva le mani ai capelli. “Sí dottoressa. Una giornalista della Gazzetta, a proposito di quella condanna per assenteismo. “Ho capito. Nessun altro?” “Quella sua compagna di università, col marito ingegnere, per…” “Sí vabbè”, la interruppe Imma. Non si era piú fatta sentire. Strano, le rotture di scatole al novantanove per cento arrivano quando c’è una scadenza di qualunque tipo. Infatti che momento scelse quel bracciante, Vito Purtuso, per vuotare il sacco riguardo l’omicidio del rumeno? L’aveva messo alle strette per giorni, inutilmente. E proprio adesso si decise a rivelarle che era stato il datore di lavoro, a causa di un diverbio sulla paga. Loro se n’erano rimasti a guardare senza muovere un dito. Lo ascoltò, pregustando la faccia del maresciallo La Macchia, di Nova Siri, che aveva insistito perché lasciasse perdere. Ora però doveva passare in lavanderia a ritirare il vestito da indossare il sabato al ristorante. L’aveva usato una volta sola per la cresima di una cugina, piangeva il cuore a tenerlo nell’armadio. Che porcherie raccontava il Purtuso, comunque. Un tempo i forestieri venivano accolti con tutti i riguardi, e adesso… l’appuntamento dal parrucchiere, ricordò all’improvviso, mentre l’uomo cadeva in un silenzio meditabondo e il telefono attaccava a squillare per la decima volta. Alzò la cornetta, esasperata. All’altro capo del filo una voce maschile con l’accento calabrese le chiese se voleva cambiare il contratto del telefono. I vantaggi che offriva la sua compagnia... Mise giú senza lasciarlo finire. Al momento di firmare, il testimone la guardò come se gli avesse chiesto di sottoscrivere una cambiale. Quando lo congedò, due ore dopo, sperando nella clemenza di Maria la parrucchiera, sul pianerottolo si imbatté in Diana alla quale un paio di giorni prima, non sapeva nemmeno bene perché, aveva chiesto di prendere qualche informazione su Martelli e ora la inseguiva con le ultime dichiarazioni dell’onorevole in merito al programma elettorale: aveva intenzione di togliere la concessione del petrolio alla multinazionale che l’aveva avuta fino a quel momento. A tal proposito l’assistente le sventolò davanti un giornale locale con un’intervista all’avvocato Mark Zakary, portavoce della compagnia petrolifera. “Mark Zakary?” disse Imma. “Proprio lui, dottoressa”. E la seguí nel corridoio declamando l’articolo dove Zakary accusava l’onorevole di voler riportare la regione al medioevo. Imma era a metà delle scale quando si fermò di botto. E se quella ragazza avesse detto la verità? A vedere una foto di Martelli con la moglie si capiva il doppio che a leggere uno di quei rapporti zeppi di errori di ortografia e sintassi, da segnare tutti con la matita rossa, se fosse servito a qualcosa. Tanto per cominciare la signora Tantalo aveva quei quattro cinque anni piú del marito, e si notavano, malgrado lampade solari, creme di profumeria e abiti griffati della linea sport. Probabilmente la fila dietro, a prescindere dall’età, non l’aveva mai avuta. Non che fosse da buttar via. Qualcosa nello sguardo, piuttosto. Un tratto della personalità che nella lista delle preferenze maschili si piazza in genere dopo la cellulite, le smagliature e l’alitosi. Attitudine al comando, ecco. Aveva dovuto guadagnarseli, la signora Tantalo, i suoi accompagnatori, i fidanzati, all’evenienza gli amanti. Senza eccessive difficoltà, d’altra parte. Col padre che si ritrovava. Lui, invece. Bell’uomo. Capello scuro, fluente, ora un po’ brizzolato, zigomo alto, naso regolare, occhi verdone. E un’aria un po’ fatua, ma appena appena, con un sorrisetto sulle labbra ben disegnate che si voleva ironico e cosí sembrava ai piú. Stavano insieme da quando lui frequentava la facoltà di legge, a Salerno. Da fuoricorso impenitente, infatti si era laureato solo molto tempo dopo, in uno di quegli istituti dove il certificato praticamente te lo compri. Il padre della signora Tantalo non doveva essere stato molto contento di averlo come genero, ma lei, è chiaro, si era incaponita. L’unica attività del futuro onorevole, all’epoca, consisteva nel lavorare a un manoscritto, ma quale disoccupato con qualche pretesa non ha nel cassetto il romanzo del secolo? Invece inaspettatamente l’aveva portato a termine, e forse grazie agli agganci del suocero, anche pubblicato. Magari non era il romanzo del secolo, ma la gente l’aveva trovato ironico. Come il suo sorriso. E come quello aveva avuto successo. Nel giro di un paio d’anni ne aveva sfornati altri due, ribaltando la situazione. In veste di scrittore, l’onorevole si era battuto per ogni piú nobile causa, da una donna che volevano lapidare ai diritti del procione lavatore, senza limiti geografici né di specie né di età, con l’unico risultato garantito di un avanzamento in classifica. Avevano iniziato a invitarlo nei salotti televisivi, chiedendo la sua opinione su tutto. A quel punto il trampolino era pronto: scendendo in politica, il consenso era già formato. “Dottoressa ve li scalo appena appena?” “Cosí dicesti l’altra volta”. Imma chiuse il giornale con lo speciale sulle elezioni e si guardò nello specchio con diffidenza. “Ma si usano”. Fiato sprecato. “Falli come ti pare, però sbrighiamoci. Che i negozi chiudono”...
(continua in libreria)