Culture
Versailles 3D svela l’arte sovrana nella reggia
di Paola Serristori
Due secoli che raccontano il rapporto tra creatività artistica e personalità del collezionista. Nulla è lasciato al caso, tanto più nelle Collezioni reali. A Versailles la reggia di Louis XIV apre tuttora agli studiosi uno scrigno di informazioni preziose per comprendere stili di vita di sovrani e principi francesi. La qualità dell’esecuzione era importante quanto il contenuto, poiché rappresentava nel mondo, sino in Cina, la maestà del sovrano. Le collezioni d’arte glorificavano il gusto del re per il bello e curioso, ed i suoi mezzi economici. Come le piramidi, i bassorilievi, le statue, i busti nell’epoca classica.
La decorazione degli interni cambiava secondo le stagioni, compresi i quadri, che venivano sostituiti all’inizio dell’autunno ed in primavera attingendo dall’enorme riserva. Attraverso l’inventario del 1760 sappiamo che 360 opere si trovavano nei depositi, 256 nel cabinet des tableaux, quella che oggi si chiamerebbe conservatoria, 98 negli appartamenti del suo direttore.
Due università, Université de Versailles-Saint Quentin en Yvelines e Université Inter-Ages de Versailles, ed il Centre de Recherche du Château de Versailles hanno riunito le conoscenze dei maggiori esperti internazionali in tre giornate di colloqui internazionali. Il Centro di ricerca sta ricostruendo grazie alle tecnologie odierne l’intera storia della più favolosa reggia europea costruita per volontà di Louis XIV: il progetto VERSPERA immette in un archivio digitale tutti i documenti disponibili sull’architettura, gli arredi, i giardini. Nel quadro dell’esposizione in corso al castello sull’architettura, Architectures rêvées 1660-1815, Paris-Versailles, è stato pubblicato il catalogo dello storico Benjamin Ringot “VERSPERA – Numérisation et modélisation des plans de Versailles sous l’Ancien Régime”, Gallimard, 2019.
Questo fondamentale lavoro consente di realizzare immagini 3D della reggia di Versailles come il Re Sole l’ha vista ed abitata (nei secoli seguenti sono state eseguite opere di trasformazione e molti ambienti riccamente decorati sono andati perduti). Il professore Robert Wellington, Australian National University, ha intrapreso una ricostruzione del Cabinet des médailles di Louis XIV, una stanza in cui il sovrano contemplava l’oggettistica più preziosa che possedeva.
Il programma di “Artistes et collections royales et princières en France aux XVIe-XVIIIe siècles”, ricerche sul collezionismo della famiglia reale di Francia, con il coordinamento scientifico dal Direttore del Centre de Recherche Mathieu da Vinha e della professoressa Delphine Carrangeot, offre un affresco dell’importanza dell’arte nel celebrare e tramandare la memoria di personaggi ed eventi storici.
Il Re Sole ebbe un ruolo carismatico nell’intraprendere una ricca acquisizione di opere, molte dell’antichità, valorizzando l’arte classica nei magnifici giardini della Reggia di Versailles, e decise di affidarne dal 1664 la responsabilità ad un artista, che meglio di un qualunque funzionario della Corte poteva stimare valore e condizioni di conservazione. La sua passione per le arti ha posto le basi del futuro museo. Nel 1667 il ministro delle Finanze Colbert insisteva affinché le biblioteche fossero luoghi di trasmissione del sapere.
Il pittore Charles Le Brun catalogava le opere sulla base della data di acquisizione. Alla sua morte, si decise di cambiare metodo: registrazione secondo la scuola ed il nome dell’artista. Attraverso i registri possiamo sapere che attorno al 1760 diminuisce l’interesse per l’arte italiana, privilegiata da Louis XIV Le Grand, ed entra in forze nella collezione reale l’arte fiamminga, seguita dalla scuola pittorica spagnola. Il re o un membro della famiglia reale ordinava, il primo architetto gli presenta un progetto numerato. Se la decisione reale è favorevole ci si occupava dei dettagli. Il tesoriere dei Palazzi procederà al pagamento.
Il programma iconografico cambia totalmente da Louis XIV Le Grand, Roi Soleil, il Re Sole che scelse il mito del dio Apollo come antecessore, a Louis XV, che nei propri ritratti preferiva simboli di pace, a Louis XVI, associato a temi dell’amore.
La produzione dipende dall’interesse dei reali. Louis XIV amava le arti, non solo contemporanee: numerose sono le acquisizioni di statue e busti di epoca classica. Per la facciata principale della reggia di Versailles, quella che vede chi dalla città arriva al castello, erano stati acquistati 84 busti classici. Benjamin Ringot, Direttore aggiunto del Centre de Recherche, ha studiato la mole di disegni di sculture negli archivi, di cui ha concesso gentilmente alcune foto ad Affari: “Prima di tutto veniva tracciato il disegno, poi perfezionato col chiaroscuro di china. La riproduzione è a propria volta un’opera d’arte fedele all’originale. Spesso sono visibile numeri che non corrispondono alla cronologia successiva, forse perché alcuni documenti intermedi sono andati distrutti. Per il resto, questo metodo di registrazione consentiva una chiara visione d’insieme della collezione, utile anche in caso di sostituzione o interventi di restauro. Non dimentichiamo che l’esposizione esterna delle sculture richiede un sistematico monitoraggio delle condizioni.”
I quadri erano sostituiti due volte all’anno. L’allestimento teneva conto dei soggetti, dei colori, per comporre un insieme armonico a vedersi. La decorazione d’interni in estate era più leggera, le pareti veniva ricoperte di broccati e soltanto pochissime tele di grandi dimensioni restavano appese. Tutte le altre, con fili collegati a carrucole, erano abbassate e calate dalle finestre, ed appese nel palazzo del Sovrintendente. Stéphane Castelluccio, ricercatore dell’Université Paris IV-Sorbonne, spiega: “L’edificio è stato venduto e trasformato in residenza privata, ma conserviamo piante d’interni, su cui sono disegnati gli ingombri delle cornici con all’interno la descrizione dell’opera e l’autore. I quadri tappezzavano le pareti dal soffitto sino a terra. Per un certo periodo queste stanze erano aperte alle visite, ma probabilmente sia la richiesta di copie, sia il rischio di deperimento, interruppero la consuetudine. Possedere la copia di un quadro esposto nella reggia era motivo di distinzione.” Le raccolte sono arrivate a noi poiché “ogni spostamento è tracciato. Esse appartengono non al regnante, ma alla Corona. Impossibile che si sia perso un quadro o una scultura. Diverso è il discorso per le porcellane, o i mobili, che hanno preso strade diverse…”
Durante il regno di Louis XV, il conte de Angiviller diventa responsabile des Etablissements du Roi, i palazzi reali, ed ordina quadri per stanze private o per gli ambienti di rappresentanza. Si cercano temi non già rappresentati nella collezione reale. Le istruzioni indicano nel dettaglio persino le dimensioni dei personaggi. Prende sempre più forma il progetto di creare un museo della storia della Francia. Nel 1753, per ordine della regina Maria Leszczyńska, entrarono nella collezione reale dipinti sull’evangelizzazione della Cina, tra cui Saint Francois Xavier arrivant à la Chine di Joseph-Marie Vien.
Gli studiosi si sono interrogati sulla libertà artistica. Dal 1777 l’intenzione fu di incoraggiare l’interpretazione creativa. In realtà, gli argomenti, i controlli in corso d’opera, i tempi di esecuzione stringenti frenano il cambiamento. Dunque, conoscere la collezione d’arte reale consente di conoscere la personalità di chi ne fu il committente.