Economia

AgCom, i timori del governo su Tim. Mediaset al riparo, non è scalabile

di Andrea Deugeni

Ma quale norma-salva Mediaset dalla scalata di Vivendi. Il provvedimento allo studio del ministero dello Sviluppo guidato da Stefano Patuanelli è più un intervento-salva Tim dai colossi americani, i famosi OTT, Over The Top ovvero le varie NetflixAmazon&C che, attivissime anche nel business dei contenuti, potrebbero portarsi via con un chippino l’ex monopolista  telefonico e vanificare mesi di sforzi del governo per portare a casa il varo del progetto della rete unica ultraveloce su tutto il territorio nazionale sotto la regia di Cdp. Una misura oltretutto resa necessaria da un vuoto normativo che si è venuto a creare dopo la bocciatura da parte della Corte di Giustizia europea, perché contraria al diritto comunitario, dell'articolo 43 del "Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici” (Tusmar) che fissa soglie di mercato sulle partecipazioni incrociate nel settore media e telecomunicazioni e che ha permesso di congelare nel 2018 due terzi della quota di circa 29% di Vivendi in Mediaset, bloccando un presunto tentativo di scalata di Vincent Bollorè della principale emittente commerciale italiana.

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Fonti finanziarie vicine al Biscione commentano così con Affaritaliani.it le indiscrezioni circolate oggi sulle mosse allo studio dell'esecutivo, che potrebbero entrare nel decreto legge Covid sulla proroga dell'emergenza o nel decreto Ristori-bis all’esame oggi del consiglio dei ministri o, ancora, come emendamento alla legge di Bilancio quando farà capolino in Parlamento. Mosse che assegnerebbero un ruolo fondamentale di disco verde o rosso all'Autorità per le comunicazioni (l’AgCom) guidata da Giacomo Lasorella sulle operazioni che potrebbero portare a incroci societari e a possibili concentrazioni nei settori media e tlc.

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In che modo? Con il compito di “lanciare un’istruttoria - si legge in una bozza del provvedimento esaminata da Reuters - qualora un soggetto si trovi ad operare contemporaneamente nei mercati delle comunicazioni elettroniche e nel Sistema integrato delle comunicazioni (Sic), anche attraverso partecipazioni azionarie rilevanti, volta a verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo”. Istruttoria da concludersi in sei mesi.

Ora, che c’azzecca tutto questo con Mediaset? In vista dell’udienza del Tar del 16 dicembre, i cui i giudici amministrativi del Lazio si pronunceranno sul ricorso di Vivendi che intende tornare in possesso di tutti i diritti relativi al proprio 29% nel Biscione, secondo qualcuno il broadcaster di Cologno Monzese sarebbe a rischio scalata. Soprattutto da parte del raider francese Vincent Bollorè, con cui le trattative dopo il nufragio del progetto Mfe (sempre valido però industrialmente) per risolvere la difficile coabitazione e la gestione di una causa miliardaria in favore di Mediaset sono ancora una volta in una fase di stallo.

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Questa visione però, fanno notare le fonti, ha poco a che fare con la realtà. Il motivo principale è che di fatto il gruppo televisivo non è scalabile. Oltre al fatto che il fondatore Silvio Berlusconi e con lui tutta la famiglia non vogliono vendere, l’azionista di maggioranza relativa Fininvest al momento controlla un pacchetto azionario del 44,18%, a cui corrispondono il 45,89% dei diritti di voto in assemblea. Pacchetto a cui deve aggiungersi un 3,73% di azioni proprie in pancia al Biscione e dunque titoli sottratti al flottante disponibile sul mercato. 

Il capitale sotto l’influenza Fininvest dunque sale al 49,62%, a cui si aggiungerebbero quote in mano “amiche” sufficienti a far salire i diritti di voto esercitabili in assemblea a oltre il 50% e a bloccare ogni velleità di conquista.

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C’è di più. Secondo quanto stabilito da Mediaset ad aprile del 2019, ad aprile del 2021 scadranno i due anni che precedono l’entrata in vigore del voto maggiorato in assemblea, che di fatto raddoppia i diritti di voto per chi detiene azioni da oltre due anni e che varrà dall’assise 2021. Un principio che porterà Fininvest ampiamente sopra il 50%.

@andreadeugeni