Economia
Auto, riconversione green: il 30% delle imprese italiane punta all'elettrico
Anfia: "Trasformare subito le filiere per il calo di volumi e ricavi". Aumento dall’11,2% al 20,5% la quota di imprese impegnate nel taglio delle emissioni
Auto: la riconversione green
La filiera italiana dell’automotive, secondo quanto tracciato da Anfia, Camera di Commercio di Torino e Università Caà Foscari, si trova in un momento di profonda cirsi. Nel 2020 si stima una perdita del 20% dei ricavi, da aggiungere un biennio passato (2018-19) di contrazione di ricavi e di volumi. Il settore industriale sta attraverso un vero e proprio shock causato dalla pandemia. Una crisi che a livello mondiale, secondo quanto fa sapere il Sole 24 Ore, promette di risolversi non prima del 2025, facendo da acceleratore alla transizione tecnologica verso la mobilità elettrica.
“La trasformazione è in atto- sottolinea Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti di Anfia- pianificare una strategia per una filiera low and free carbon non è più rinviabile, le risorse del Recovery plan devono incidere sul rilancio di un settore che pesa su Pil e occupazione”. Da quanto si apprende dal Sole 24 Ore, lo stesso mercato, che ha registrato una perdita impressionante di volumi produttivi, indica la direzione: nei primi 9 mesi di quest’anno ad esempio, grazie anche ad una politica diffusa di incentivi, la domanda europea di auto ricaricabili, dunque full electric e plug in, ha superato quella cinese con un raddoppio delle vendite rispetto al 2019. In questo contesto serve accelerare la riconversione industriale e massimizzare lo sforzo delle istituzioni. Per Dario Gallina, presidente della Camera di commercio di Torino, “accanto alle manovre a sostegno della domanda serve un impegno di politica industriale per sostenere la trasformazione tecnologica della mobilità”.
Auto: la partita dell'idogreno
In quest’ottica anche la partita dell’idrogeno è importante, secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, “i produttori ci credono- aggiunge Stella- abbiamo una filiera in grado di accelerare lo sviluppo di queste nuove tecnologie a cominciare dal trasporto pesante”. Per la filiera italiana, storicamente specializzatasi sui motori tradizionali, la riconversione però è in atto sul campo, come rivela un dato che emerge dalla rilevazione: il 30% delle imprese dell’automotive sta lavorando su piattaforme per motori elettrici e ibridi, il 6% in particolare è concentrato solo su questo settore fronte di una quota pari al 13% che invece è ancora esclusivamente sul diesel.
Sale del 18,6% al 28,4% in un anno, la percentuale di componenti che ha partecipato a progetti di sviluppo di powertrain elettrificati, inoltre è quasi raddoppiato- dall’11,2% al 20,5%- il numero di imprese impegnate in progetti di riduzione delle emissioni dei motori a combustibile interna. Un percorso iniziato, dunque, ma che deve fare i conti con le debolezze interne, come le difficoltà a mettere in campo nuove strategie e pesanti incognite esterne.
Auto: le difficoltà interne
“La prima riguarda i tempi e la misura della ripresa della domanda e della produzione di autoveicoli in Europa e nei principali mercati di sblocco, la seconda invece riguarda la fusione di Fca e Paa in Stellantis- spiega Francesco Zirpoli, direttore scientifico Cami del Dipartimento di Management dell’Università Cà Foscari di Venezia- che presenta indubbie sovrapposizioni in Europa tra progettazione, produzione, e composizione della filiera”. Lo studio realizzato dall’Osservatorio sulla componentistica rivela che, per il 73% del campione, le nozze Fca-PSa rappresentano un’operazione favorevole, soprattutto per il possibile aumento dei volumi di fornitura grazie alle piattaforme comuni (nel 51% delle risposte), ma anche per la presenza del nuovo gruppo su più mercati (per il25%), oltre che per il possibile impulso alle collaborazioni tra imprese della catena di fornitura (il 23%). Preoccupa invece il possibile spostamento del baricentro decisionale verso l’esterno mentre per un’impresa su tre il rischio maggiore è la riduzione dei volumi di fornitura in Italia.
Auto: i dati in calo tranne nel motorsport
Nel 2019 la componentistica automotive italiana ha prodotto un fatturato di 49, 2 miliardi, in calo del 3,9% con un numero di addetti pari a 164.305. Una battuta di arresto rispetto al trend dell’ultimo quinquennio, che ha riguardato tutti i settori tranne che il motorsport e le imprese attive nell’ingegneria e nel design, sebbene con forti polarizzazioni. Continua poi a scendere, secondo quanto riportato dal Sole24Ore, la dipendenza da Fiat Chrysler, un processo di riorganizzazione delle imprese che va avanti da anni e che ha visto incrementare i rapporti soprattutto con la Germania. Il 73% delle imprese hanno dichiarato di avere il Lingotto, direttamente o indirettamente, nel proprio portafoglio clienti, il valore più basso registrato negli ultimi cinque anni. Per un’azienda su tre oltre metà del fatturato è generato da forniture verso Fca (era il 41% nel 2017) mentre in media la quota dei ricavi generati da commesse del gruppo scende del 36,6%. Resta alta la propensione all’export (quasi il 75% delle imprese), che assorbe il 40% dei ricavi.