Economia
Intesa e UniCredit: cedole, prestiti e Borsa. Chi è la più bella del reame
Intesa Sanpaolo e UniCredit, i due big bancari mai così simili come oggi, ma gemelli diversi alla sfida del Borsa e dei conti. 2014-2019: le attività ai raggi X
Sarà stata una coincidenza astrale, di quelle che capitano poche volte nella vita, ma i due giganti dell’industria bancaria italiana, Intesa e UniCredit non sono mai stati così simili come ora. Ma solo in apparenza e per una breve finestra temporale. I loro destini futuri e la loro storia passata sono in realtà sempre più divergenti.
Chi ha creato valore e chi lo ha distrutto? Chi contribuisce di più allo sviluppo dell’economia reale? Chi ha reso di più ai propri azionisti?
STESSE DIMENSIONI, STESSI UTILI, STESSA FORZA PATRIMONIALE, MA..
Uno sguardo all’oggi dice che ambedue hanno più o meno le stesse dimensioni: 863 miliardi di attivo per UniCredit e 848 miliardi per Intesa. Nei primi nove mesi del 2019, a conti appena divulgati, i due big della serie A del credito hanno fatto gli stessi utili: 3,3 miliardi per la banca guidata da Jean Pierre Mustier; 3,3 miliardi per la banca guidata da Carlo Messina. Ambedue confermano gli obiettivi dei piani industriali. Entrambe supereranno ampiamente i 4 miliardi di utili netti nell’intero 2019.
Insieme faranno ben più dell’80% di tutti i profitti del settore bancario tricolore, avendo attività che valgono oltre il 60% del totale italiano e impieghi complessivi alla clientela per oltre il 50% del settore. Già questi dati dicono di quanta sia polarizzata e frammentata l’industria bancaria del Paese.
IL DESERTO DIETRO AI DUE BIG
Dietro ai 2 giganti c’è di fatto il deserto delle medie banche con redditività al lumicino e la sterminata prateria delle Bcc. Basti pensare che messe insieme le varie Ubi banca, Banco Bpm e Mps valgono in Borsa oggi solo 7,9 miliardi di euro, meno di un terzo della sola UniCredit e meno di un quinto della sola Intesa.
Le tre banche medie nei primi 9 mesi del 2019 hanno fatto utili cumulati per poco più di un miliardo, solo un sesto dei profitti fatti registrare dai 2 campioni tricolori.
Intesa e UniCredit restano di fatto l’unico barometro della situazione dell’industria bancaria domestica. Non solo hanno fatto gli stessi profitti per 3,3 miliardi ciascuna, ma vantano più o meno gli stessi dipendenti e gli stessi sportelli. Intesa conta su 89mila dipendenti e 4.880 sportelli; UniCredit su 84 mila dipendenti e 4.500 sportelli. Ma è la fotografia statica a oggi. UniCredit ha usato l’accetta e via esuberi e dismissioni in Italia e in Europa ha perso per strada migliaia di lavoratori. Il gruppo nel 2014 aveva ben 140mila dipendenti a livello globale, ora sono ben 55mila in meno. Un’emorragia. Intesa al contrario li ha aumentati: 5 anni fa il gruppo aveva 85mila dipendenti ora saliti a 89mila. Continuando nelle similitudini ambedue hanno pulito profondamente i portafogli dai crediti malati, di fatto dimezzando il peso negli ultimi 5 anni. Le cessioni di Npl cumulate dai due big sono state di ben 80 miliardi. E tutte e due hanno oggi coefficienti patrimoniali abbondantemente sopra i requisiti dei regolatori. Come si vede se oggi i due gruppi appaiono molto simili, i punti di partenza sono ben diversi.
L’EREDITA’ DELLA CRISI PER UNICREDIT, IL PASSO COSTANTE DI INTESA
UniCredit ha vissuto una lunga stagione di crisi e si ripresa almeno sul fronte reddituale solo negli ultimi 2 anni. Intesa invece è sempre cresciuta ed è l’unica banca italiana con Mediobanca (che è un ircocervo tra holding, banca d’affari e banca retail) ad aver dato ritorni positivi ai suoi soci. UniCredit grazie agli oltre 4 miliardi di utili che farà nel 2019 avrà cumulato profitti netti per quasi 6 miliardi dal 2014 al 2019. Intesa con gli oltre 4 miliardi di profitti netti di quest’anno porta il bottino dal 2014 in poi a oltre 19 miliardi di euro, tre volte in più di UniCredit, su cui pesa la grossa perdita per oltre 11 miliardi del 2016, primo anno a guida Mustier con la maxi-vendita di sofferenze per 17 miliardi che causarono la pesante perdita di quell’anno.
DIVIDENDI MONSTRE PER INTESA, LE BRICIOLE DI UNICREDIT
Ovviamente anche la mole di dividendi riconosciuti ai soci è stata ben diversa. Il Ceo di Intesa Carlo Messina, ha portato il pay out della banca a livelli intorno all’80%. E così solo in dividendi Intesa ha distribuito agli azionisti la bellezza di 13,4 miliardi di euro dal 2014 al 2018 mentre UniCredit si è fermata a poco più di 2,8 miliardi, saltando la distribuzione della cedola nel 2016, l’anno della maxi-perdita.
IL RESPONSO A SENSO UNICO DELLA BORSA
Ma è in Borsa che il divario tra i due diventa un abisso. Secondo i dati rielaborati dall’Ufficio studi di Mediobanca, Intesa negli ultimi 10 anni ha garantito un rendimento medio annuo del 2% positivo, mentre UniCredit nel decennio ha fatto pagare dazio ai suoi azionisti con un rendimento negativo medio annuo di oltre il 10%.
Del resto anche togliendo il contributo (cosi diverso) delle cedole Intesa a 5 anni ha prodotto una rivalutazione del titolo del 4% contro un -54% di UniCredit. A 10 anni Intesa ha ceduto il 18% in Borsa contro un -84% della rivale. E dai minimi del 2012 in piena crisi dello spread Intesa si è rivalutata del 114% contro un -12% di UniCredit. E che le difficoltà pesanti della banca di Piazza Gae Aulenti si siano riflesse sui valori è intuitivo.
In Borsa Intesa oggi capitalizza 41 miliardi, mentre UniCredit arriva a malapena a 28 miliardi. Una vale l’80% del suo patrimonio netto, l’altra si aggira sul 50% del capitale netto.
Non solo Intesa oltre ad aver distribuito ai soci l’80% dei suoi profitti, ha chiesto meno soldi al mercato rispetto a UniCredit. Gli aumenti di capitale della banca di Carlo Messina sono di 5,7 miliardi dal 2014 al 2018, mentre UniCredit ha bussato al mercato per quasi 18 miliardi sempre nello stesso lasso di tempo.
CHI SUPPORTA IL CREDITO ALL’ECONOMIA REALE
Ma è sul fronte del supporto all’economia reale che il divario è netto: Intesa ha aumentato di 60 miliardi negli ultimi 5 anni i suoi impeghi a imprese e famiglie, quasi il 20% in più dello stock esistente 5 anni fa. UniCredit ha invece decelerato e stretto i cordoni. Ha ristretto i crediti alla clientela per oltre 20 miliardi dal 2014 al 2017 e solo nel 2018 ha recuperato il gap.
Intesa ha puntato per prima sul nuovo atout bancario che è la gestione del risparmio e quella previdenziale assicurativa. Il Wealth management è ormai da qualche anno a questa parte la nuova frontiera commissionale della banca. Del resto ci sono sui conti correnti degli italiani oltre 1.400 miliardi di depositi non gestiti che possono diventare la nuova miniera d’oro dei ricavi bancari messi sotto pressione dal forte calo del margine d’interesse nel prestare denaro.
IL FUTURO: LONTANO DALL’ITALIA PER MUSTIER, VICINO AL PAESE PER MESSINA
UniCredit, che chiuderà il 2019 secondo le stime della stessa banca con ricavi a sfiorare i 19 miliardi (in calo del 10% sui ricavi registrati 5 anni fa), ha badato invece a pulire con forza i portafogli dai crediti deteriorati e a cedere asset redditizi per fare cassa. Da Pekao, a Pioneer a Fineco fino all’intera partecipazione storica in Mediobanca ceduta pochi giorni fa. Una campagna vendite che ha portato in cassa oltre 8 miliardi di euro dal 2016 in poi. E che consente oggi a Mustier di presentarsi al mercato con un istituto pulito dalle sofferenze, patrimonialmente solido e pieno di cassa. Un identikit prezioso per una possibile fusione con un altro gruppo bancario europeo. Sganciando il più possibile la banca dalla sua italianità. Per Mustier la sfida è tutta in Europa e l’Italia è ancillare nelle sue strategie.
Intesa invece, che ha avuto un percorso di grande linearità nelle sue performance lungo tutti gli anni della crisi, continua a pensarsi come il campione nazionale del credito tricolore. Solida, capace di fare utili quando tutti perdono; capace di aumentare il credito all’economia reale quando tutti lo tagliavano, la banca guidata da Carlo Messina si qualifica sempre più come la banca di riferimento del Paese. Con un ruolo che va all’aldilà dei confini della banca stessa.
Due banche oggi molto simili nei fondamentali economici, ma con storie e futuro sempre più divergenti.