Economia

Bioeconomia, Italia al top in Europa. Ci batte solo la Spagna. I numeri

Vale oltre 250 miliardi l'economia che in Italia usa le risorse biologiche, provenienti dalla terra e dal mare, così come i rifiuti per avviare altre produzioni

Fatturato di oltre 250 miliardi di euro, l’8,1% della produzione nazionale. Un milione e 650 mila occupati nell'insieme dei settori che utilizzano materie prime rinnovabili. E un primato che soltanto la Spagna strappa al nostro Paese e che ci vede secondi dietro a economie molto forti nel settore della chimica come Germania e Francia.

Sono i numeri della bioeconomia in Italia, cifre diffuse a Napoli dal terzo rapporto europeo sul settore, un'analisi condotta da un gruppo di lavoro composto dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo e Assobiotec (l'associazione datoriale del comparto), dal Crea (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) e dal Cluster Spring (e con il supporto dei Centri Studi di Federchimica, Sistema Moda Italia e Farmindustria).

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Secondo il rapporto, "per la produzione totale l'Italia è seconda solo alla Spagna a 10,8%, superando la Francia a 7,5%, la Germania al 6,1% e il regno unito alla 4,7%. Nel 2015, il 47,5% dei rifiuti solidi urbani e' stato raccolto in modo differenziato, i rifiuti biodegradabili sono il 72% del totale, circa 156 kg per abitante come media nazionale. I rifiuti organici racconti pro capite sono 70,2 kg per abitante al Sud, rispetto ai 101 kg nelle regioni del centro e 122 kg delle regioni del Nord".

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Secondo Stefania Trenti, responsabile Industry Direzione Studi di Banca Intesa, "il giro dei rifiuti biodegradabili in Italia vale circa 10 miliardi di euro per 40 mila addetti. Il suo sviluppo attraverso interventi pubblici e privati gestionali infrastrutturali e' necessario in ottica di economia circolare".

"Due regioni meridionali la Puglia e la Sicilia - prosegue lo studio - giocano un ruolo fondamentale nell'agricoltura italiana risultando rispettivamente prima e seconda per numero di aziende agricole per percentuale di superficie agricola utilizzata (Sua) sul totale della superficie regionale e per totale di manodopera impiegata e di superficie destinata all'agricoltura in Italia. Seguono Calabria e Campania sia per numero di imprese sia per totale di manodopera impiegata".

"La Campania è all'undicesimo posto in Italia per il totale degli operatori impegnati nell'agricoltura biologica: 2033, pari all'1,4% sul totale regionale, mentre gli ettari Sau sono 19.139, pari a 3,5% sul totale regionale. Su un totale nazionale di 59.959 operatori (3,6%) e 1.492.579 Sau ettari (12%). La Campania si conferma Regione specializzata per l'allevamento bufalino con piu' del 70% dei capi".

"L'importanza di adottare un'ottica di economia circolare - spiega Massimo Deandreis, direttore generale SRM -, in presenza di un difficile equilibrio tra sfruttamento dell'ambiente e necessita' di reperire risorse rinnovabili biobased, ha suggerito di ampliare ulteriormente il confine della bioeconomia includendo il ciclo dei rifiuti biodegradabili (raccolta, gestione e trattamento). Il perimetro ampliato porta ad aumentare il peso della bioeconomia in Italia all'8,4%".

"La dimensione territoriale - continua Trenti - appare come un punto di partenza fondamentale per lo sviluppo della bioeconomia. L'analisi a livello regionale dei settori della bioeconomia evidenzia come, a fronte di un quadro estremamente eterogeneo, in cui ogni territorio puo' trovare un proprio specifico percorso, le regioni meridionali possano giocare un ruolo importante, grazie alla dotazione di risorse agricole e alla presenza di esperienze di interazione della filiera agricola nei processi chimici biobased".

"La Campania - conclude Trenti - ha un ruolo importante in bioeconomia, per il patrimonio boschivo, le coste non ancora sfruttate, ma c'e' grande dotazione naturale. Le potenzialita' sono enormi, la Campania e' gia' ai massimi livelli per il distretto Conserviero di Nocera e quello della mozzarella di bufala di Caserta, Napoli e Salerno. Prospettive? Sono buone sia per i settori tradizionali come l'agrofood ma anche per gli altri".