Economia
Borsa, Tamburi: "Isteria sui Btp. Via dalle banche. Puntare sugli industriali"
L'intervista di Affari a Giovanni Tamburi, uno dei big fra gli investitori di Piazza Affari. Il fondatore di Tip dà la sua ricetta per scommettere in Borsa
C’è chi dice che il miglior affare Tamburi l’abbia fatto non investendo mai nelle banche in questi anni, dove quotazioni basse e sempre più basse, per molti allettanti e irresistibili, sono state la causa di gravi e dolorose perdite nei portafogli degli investitori. Se gli chiedi il motivo, lui elegantemente risponde che non investe nelle banche perché di banche sa poco o nulla. Ovviamente non è vero, è l’umiltà del personaggio ad emergere che alle belle parole preferisce sempre dimostrare con i fatti, proprio per questo gli abbiamo chiesto un’opinione sullo stato delle banche italiane, finite in un tunnel di crisi decennale da cui ancora non sembrano voler uscire.
Tamburi di banche sa molte cose, e forse perché ha capito che lo strumento è da maneggiare con cautela, la banca lui ha deciso di crearla in casa, e invece degli Npl ha inserito tante belle storie societarie. Storie che ha deciso di raccogliere in “I signori del lusso”, scritto da Simone Filippetti (ed. Sperling & Kupfer), il libro su Tamburi che da qualche giorno potete trovare in libreria.
Buongiorno Tamburi, ha visto lo spread? Nessuno più ne parla, non è più un allarme, eppure il governo è sempre lo stesso e rispetto a quando l’Europa ci voleva sanzionare poco o nulla è cambiato. Addirittura oggi c’è chi come Goldman Sachs segnala il Btp come possibile occasione d’acquisto. Da problema, ora siamo un’occasione, non le sembra una situazione che sfiora il delirio?
"Isterismo puro. Come abbiamo sostenuto nel trimestre scorso, quello dei crolli e delle paure, che per me erano infondate. Pur capendo poco di titoli di stato, non ho mai nemmeno considerato intelligente la fuga dai Btp, come trovavo assurdo anno fa scappare da Grecia e Cipro. L’esperienza mi ha insegnato che gli eccessi fanno più male che bene, noi sugli eccessi non abbiamo mai campato ne contato; mentre ce la siamo cavata piuttosto bene, come i risultati di TIP dimostrano, nei grandi “medioni”, cioè comprando le cose buone a prezzi bassi quando in tanti vendevano. O avevano paura. Dunque prima era sbagliatissimo vendere i Btp per timore di chissà cosa, oggi è sbagliatissimo comprarli a rotta di collo inseguendo un treno. Si deve sempre ragionare a mente fredda e rendersi conto che la situazione, mondiale, europea e anche italiana, non è così grave e preoccupante come invece la dipingevano fino a qualche settimana fa. Oggi, pur rilevando una recessione tecnica sul Pil, sia lo spread e sia la Borsa non creano più alcun panico".
Sempre in tema di isterismi, non le sembra che oggi vinca chi la spara più grossa? Nel senso, basta che un operatore si inventi qualcosa di grosso sui Btp per avere una vendita a gregge di quel titolo. Lei più volte ha consigliato agli analisti di “andare in analisi”, gli stessi analisti che come abbiamo visto cambiano più spesso idea che cravatta. Non è che il problema oggi è che chiunque possa esprimere un’opinione, cioè l’uno vale uno dalla politica ha contaminato anche la finanza?
"E’ vero, e’ pericoloso. Per mia fortuna non mi occupo di politica, certo è che se un vicepresidente del Consiglio dei ministri dice di aspettarsi un boom economico, obtorto collo me ne devo interessare e mi rendo conto che questo “uno vale uno” dove molte persone parlano di materie che non conoscono, è la dimostrazione che siamo caduti proprio in basso. Però penso che più del fenomeno “uno vale uno” ce ne sia uno peggiore, quello degli urlatori, un meccanismo che in particolare i social tendono ad amplificare e dove più che il sistema “1 vale 1”, è chi urla di piu’ che si ritrova ad aver più seguito, chi la spara più grossa, usando aggettivi particolarmente forti, viene ascoltato e ripreso, più di chi pensa, ascolta, dice e fa cose più ponderate".
Abbiamo detto dello spread che migliora, le borse di tutto il mondo hanno iniziato il 2019 al rialzo, ma in questo lago di cigni c’è un brutto anatroccolo, l’indice italiano, che se fosse composto dalle sue aziende sarebbe molto più in alto, purtroppo è composto di banche e le nostre banche sono ancora in sofferenza. Ne usciamo? E se sì, quando?
"Io di banche non capisco nulla, nel corso degli anni mi sono solo permesso di dire state attenti, perché un singolo risparmiatore che di sua iniziativa investe su una banca, fa una scommessa molto forte. Questo perché le variabili esterne che interferiscono sono molte, dalle banche centrali, ad altri controllori, sono talmente invasive che possono condizionare l’attività del singolo banchiere, per capace che sia. Dunque se intendiamo l’Italia come brutto anatroccolo perché gli indici borsistici sono appesantiti dalle banche, avremo un listino sempre a sconto e penalizzato, perché il peso dei titoli bancari, pur ridimensionato dai grandi crolli, è sempre troppo forte. Assurdo rispetto alla grande forza del nostro sistema di imprese. Dall’altro c’è infatti un sistema industriale che negli anni, in termini di peso e qualità, è molto cresciuto, malgrado i sempre troppi individualismi dei nostri imprenditori, cui non interessa fare alleanze strategiche, fusioni, unioni per aumentare la forza di ognuno. Comunque, come sanno bene le persone che osservano la vera realtà e non leggono solo i titoli dei giornali o le news sui social media, l’impresa Italia continua a macinare profitti. Dunque se dovessi dare un consiglio, direi di credere ai titoli industriali e non a quelli bancari, se non altro perché troppo eterogestiti".
A questo punto mi chiedo, perché non sostituire i titoli bancari del listino principale con titoli industriali ben più vivaci, mettendo in vista il meglio dell’Italia? Gli indici ne gioverebbero. E’ stato fatto con Amplifon, perché non inserire anche Interpump?
"Siamo soddisfatti per Amplifon, e ovviamente ci farebbe piacere se nelle blue chips entrasse anche Interpump, ma è un fatto matematico. La partecipazione a qualsiasi grande indice europeo deve rispettare alcuni parametri tecnici ben precisi, che vanno dalla capitalizzazione al flottante, al trattato quotidiano etc etc, quindi si devono avere delle caratteristiche numeriche, tecniche ben precise. Però al tempo stesso io credo e spero che nel caso le banche continuassero a perdere valore, e dall’altro emergessero titoli industriali con caratteristiche adeguate per entrare a far parte di quei panieri, si potrebbe ideare un ammodernamento degli indici, riuscendo a dare una rappresentazione più profonda, veritiera ed anche bella di quello che è veramente il cuore pulsante del nostro paese. Purtroppo è un percorso ancora bloccato, e in divenire, perché grandi aziende che possono capitalizzare come Unicredit e Intesa e che le possano affiancare, ancora non se ne vedono molte. Speriamo in una bella società come Esselunga".
Eataly, prossima alla quotazione, potrebbe essere una, o forse Alpitour o Furla ?
"No, purtroppo, anche qualora Eataly venisse quotata ai prezzi che abbiamo in mente, sarebbe ancora una media capitalizzazione. Ed anche le altre, per cui il quadro generale delle società a maggiore capitalizzazione non cambierebbe molto".
A proposito di Eataly, Farinetti dice sempre che l’Italia dovrebbe mettere in vetrina il meglio di se, dunque quale migliore vetrina della Borsa?
"Anche a noi (Tip, ndr) chiedono sempre perché non siamo quotati sul FTSEMIB40, non lo siamo perché capitalizziamo 1 miliardo, e non è ancora sufficiente. Non si possono sovvertire certe regole. Però anche per noi è una grande soddisfazione essere diventati in relativamente pochi anni azionisti rilevanti di gruppi quotati come Prysmian, Amplifon, Moncler, Interpump, Hugo Boss, Roche Bobois, Ferrari. Ed avere in lista d’attesa, per i prossimi anni, oltre ad Eataly, aziende fenomenali come appunto Alpitour, Furla, Octo Telematics, Talent Garden ed altr".
Insisto sulle banche, si ricorda cos’è successo a livello internazionale 30 anni fa?
"Non ricordo, mi aiuti".
Ci fu il crollo del Nikkei, un crollo dovuto alla bolla immobiliare del Giappone che a sua volta ha trascinato al ribasso i titoli bancari giapponesi che erano pieni di titoli immobiliari. La banca centrale del Giappone, per tamponare decise di immettere liquidità, ma non fu sufficiente, il paese rimase in stagnazione per molti anni tanto che quel periodo fu chiamato il “decennio perduto”. Non le sembra che ci siano molte analogie con l’Italia, la Bce che stampa e i titoli bancari italiani in costante ribasso? Al posto dei titoli immobiliari noi abbiamo gli npl, non è che perderemo più di un decennio anche noi?
"Sugli Npl si dicono e si scrivono delle fesserie colossali. Onestamente credo che le banche siano state punite, e continueranno a essere punite eccessivamente da questo modo di dover gestire gli npl. Quello che non capisco è perché quattro ragazzini di una società specializzata, americana o magari anche lussemburghese, possano comprare gli Npl al 30% e promettere ai propri investitori rendimenti annui al 15, 20 o magari 30% annui, quando un reparto ben organizzato di una buona banca, magari con ragazzi meno svegli ma di certo non fessi, non possa garantire alla banca stessa e ai suoi soci rendimenti quanto meno allettanti".
Non le è sembrato che su questi Npl, strappati al 25/30%, con promesse di rivenderli al doppio, si siano fatte delle operazioni immorali e di saccheggio selvaggio nei confronti delle banche italiane?
"Sì! Mi è sembrato e mi sembra un saccheggio immorale e scorretto. Tra l’altro indotto da forze esterne che a mio avviso capiscono ben poco del sistema italiano che ha delle peculiarità uniche nel suo genere. Purtroppo funziona così in questo mestiere da “beccamorti”, un mestiere che più volte ci hanno proposto di fare, ma ho sempre rifiutato, perché non mi piace, è lontano anni luce dal mio pensiero di aziendalista e che trovo anche filosoficamente sbagliato. Anche perché visto in prospettiva demotiva tutti. Tra l’altro, detto tra noi, su molte operazioni ci sono delle asimmetrie, su cui si dovrebbe indagare, per esempio su come avvengono gli screening dei prodotti da cedere e le fasi di vendita; ho l’impressione che si tratti di un sistema chiuso, dove le aste e le torte di portafoglio vengono spartite tra pochissimi operatori che beneficiano di sconti molto forti. Taluni poi sostengono che i ritorni effettivi dagli Npl siano molto più bassi rispetto a quello che avevano promesso in fase di acquisto, ma ci vorrà del tempo per capire chi sta realmente beneficiando di queste vendite obbligatorie quanto strane".
Non le sembra che oltre a queste società, chiamiamole “avvoltoio”, anche le autorità europee abbiano avuto nei confronti delle nostre banche, un atteggiamento, come dire…
"Molto, molto punitivo".
Infatti, il supervisore della Bce Danièle Nouy, dopo tutta una serie di restrizioni, arrivò a dire “sulle banche italiane incrociamo le dita”, non le sembra un atteggiamento insolente?
"Nel momento in cui Juncker fa ammenda degli errori commessi sulla Grecia, la Nouy un giorno dice queste cose e l’altro frena, non sono in grado di esprimere giudizi. Poi noi ce l’abbiamo con la politica italiana che è composta da gente mediocre, ma ho l’impressione che anche a livello istituzionale europeo non siano messi molto meglio. Per fortuna c’è Mario Draghi, che ho l’impressione abbia dovuto lottare molto per sistemare i danni causati dal dilettantismo di molti burocrati non sufficientemente competenti che si trovano in quelle posizioni per chissà quali motivi e che si esprimono sempre troppe volte in modo scoordinato, commettendo spesso gli errori cui Draghi deve porre rimedio".
A proposito di Draghi, siamo agli ultimi mesi del mandato, secondo Lei lo fa un regalino alle banche italiane?
"L’ho osservato e non mi sembra un uomo da regali, è un super razionale. Farà quello che gli sembra giusto fare. Se sarà necessaria l’ennesima operazione TLTRO la farà, altrimenti no. Tra l’altro mi sembra una persona molto responsabile, che chiude tutti i compiti e non lascia problemi al successore e nemmeno procede a proporre misure straordinarie in barba o per condizionare chi verrà dopo di lui. E’ molto cartesiano, corretto, dunque farà solo quello che riterrà più giusto fare per il vero bene del sistema bancario europeo".
Ritornando alle banche, nonostante la sua allergia al settore, dopo aver visto assistito al massacro sulle quotazioni, in cuor suo le è mai venuto l’impulso o la tentazione di comprare una banca per fare una delle sue operazioni ?
"Sì, la tentazione mi è venuta molte volte. La pulsione c’è, purtroppo ci sono troppe variabili e intromissioni che non fanno parte del nostro dna. Noi, nelle operazioni a cui abbiamo partecipato, abbiamo potuto agire sempre direttamente e puntare sulla capacità imprenditoriali e manageriali dei singoli, nel sistema bancario questo non è possibile, almeno per ora. Per questo motivo è meglio che le pulsioni rimangano trattenute e trovo giusto che la nostra società continui ad investire dove continuiamo ad avere massima libertà di gestione".
@paninoelistino