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Economia
Borsa, Toro sul viale del tramonto. Occasioni sui bond degli Emergenti
LaPresse

Se pensate che il 2018 sia stato un anno molto volatile e difficile, soprattutto per i mercati del credito e del reddito fisso, avete ragione, ma non è il caso di disperare: secondo Filippo Lanza, gestore del fondo HI Numen Credit di Hedge Invest Sgr, anche se “stiamo entrando nella fase finale del mega mercato rialzista degli ultimi anni, spinto fortissimamente dall’azione delle banche centrali e da tutta una serie di driver, come la stabilità politica internazionale e lo sviluppo tecnologico”, è ancora possibile trovare buone opportunità d’investimento.

Quali e quando? Ad esempio stando pronti ad approfittare nei prossimi 3-9 mesi di probabili “correzioni molto significative, sia sul mercato azionario che su quello del credito”, legate da un lato all’irrigidimento commerciale tra Cina e Stati Uniti, dall’altra a episodi negativi che già hanno iniziato a emergere su operazioni di fusione e acquisizione e sulla redditività futura di alcuni colossi high-tech come Facebook, anche alla luce di un probabile incremento delle problematiche dell’Eurozona, “dove le valutazioni sono storicamente molto elevate” e quindi i mercati potrebbero essere maggiormente a rischio di una correzione.

Ci attendono del resto appuntamenti come il varo della manovra di bilancio in Italia (tra settembre e ottobre) e le elezioni europee (a maggio 2019) che potrebbero favorire un ulteriore allargamento degli spread tra paesi “core” come la Germania e “periferici” come Italia e Spagna, ma anche tra titoli di stato e bond corporate europei. Ultimo ma non meno importante fattore da monitorare in Europa sono gli sviluppi della Brexit, visto il crescente rischio che si arrivi a una situazione di uscita senza alcun accordo che potrebbe impattare pesantemente sui listini, a partire da quello londinese.

Sul fronte della contesa commerciale tra Stati Uniti e Cina le tensioni secondo Lanza non riguardano solo Trump e la sua propaganda politica: “E' uno scontro tra il più grande paese emergente e il più grande paese sviluppato, che non può essere considerato come una vicenda temporanea”. Non è detto che ci sarà un’escalation nel breve periodo, “ma se le cose dovessero sfuggire di mano, allora la reazione dei mercati potrebbe essere importante”, con vendite decise sui Treasury e/o una forte svalutazione del reminbi cinese secondo il gestore.

Un rischio che tuttavia  Bin Yu, Senior portfolio manager e Head of China equities di Neuberger Berman, ritiene sovrastimato. Se Wall Street e le borse europee mostrano un atteggiamento sempre più preoccupato ad ogni nuovo annuncio da parte di Trump, a Pechino si respira ancora tutta un’altra atmosfera e i dazi non suscitano preoccupazioni. E’ vero che apparentemente con 500 miliardi di esportazioni la Cina sembrerebbe il paese che ha più da perdere da un’eventuale guerre commerciale, ma a guardar bene, nota Yu, le cose stanno diversamente.

“La maggior parte degli analisti stima che solamente il 5% dei ricavi delle società quotate in borsa in Cina sia imputabile agli Stati Uniti”, mentre dei 500 miliardi di export cinese ben 50 miliardi sono rappresentati da hardware importato da Apple, così come gran parte del resto sono “componenti elettronici e meccanici fabbricati da società taiwanesi, coreane o europee per le aziende statunitensi”. Insomma, a soffrire dei dazi di Trump potrebbero essere le aziende statunitensi più che quelle cinesi, che dunque potrebbero costituire un’interessante occasione d’investimento in caso di ulteriori correzioni del mercato.

D’altro canto la maggior parte dei 130 miliardi di dollari di importazioni dagli Stati Uniti in Cina “è costituita da prodotti competitivi e di alta qualità che sono difficili da rimpiazzare” aggiunge Yu, secondo cui Pechino, consapevole del fatto, difficilmente imporrà dazi pesanti su queste merci, col rischio di recare danno solo ad aziende e consumatori cinesi.

Ultimo ma non meno importante fattore di cui tener conto per investire al meglio nei prossimi mesi, le autorità cinesi, come sottolinea Dhiraj Bajaj, gestore di portafoglio obbligazioni valute asiatiche per Lombard Odier IM, in queste ultime settimane hanno indicato un cambiamento dell’orientamento politico in direzione di un allentamento creditizio. La stretta creditizia autoimpostasi lo scorso anno pare dunque alle spalle e questo potrebbe favorire un abbassamento dei rendimenti delle obbligazioni cinesi (sia onshore che offshore), con un possibile ulteriore effetto positivo sugli asset creditizi asiatici e di altri mercati emergenti, sebbene in misura minore, “considerate l’entità e la rilevanza della Cina nel settore obbligazionario dei mercati emergenti”.

Questo vuol dire che mentre il reminbi potrebbe perdere ulteriore terreno contro dollaro, i prezzi dei bond cinesi ed emergenti in generale dovrebbero proseguire nel recupero già accennato di recente. Quindi accanto alla cautela necessaria per chi investe su mercati sviluppati sia azionari sia obbligazionari (specie in Europa e in Italia in particolare), dove si potrebbe scommettere al ribasso aquistano opzioni put su diversi asset a rischio per sfruttare correzioni che Hedge Invest prevede potranno essere “estremamente rapide, anche per i problemi di illiquidità strutturale del mercato”, ma in grado di generare “opportunità interessanti per aprire successivamente posizioni lunghe”, si potrebbe anche valutare l’investimento in strumenti obbligazionari emergenti come fondi o Etf.

Il toro sui mercati azionari e obbligazionari sviluppati pare alla fine, ma forse un nuovo ciclo sta già ripartendo sui mercati del credito e obbligazionari asiatici: i più coraggiosi potranno cavalcare la tigre, per tutti gli altri il consiglio è di rimanere leggeri e abituarsi per qualche mese a vendere ad ogni rimbalzo aspettando qualche correzione prima di tornare a comprare, sia che si tratti di bond sia di azioni.

Luca Spoldi

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