Economia

Bpm, Castagna vuole il terzo polo bancario ma i sindacati sono contrari

di Redazione

La mossa del Banco Bpm, guidato da Giuseppe Castagna, tradisce obiettivi assai più ambiziosi: restare autonomo e diventare il vero terzo polo bancario

Bpm, Castagna vuole il terzo polo bancario ma i sindacati sono contrari 

La mossa del Banco Bpm, guidato da Giuseppe Castagna, tradisce obiettivi assai più ambiziosi: restare autonomo e diventare il vero terzo polo bancario in Italia. In quest’ottica, Anima Holding, nella strategia di Piazza Meda, serve a consolidare il gruppo e, conseguentemente, a renderlo meno appetibile a possibili acquirenti, sia italiani, come Unicredit, sia stranieri, come per esempio Crèdit Agricole. Chi vuole Banco Bpm, in sostanza, dovrà sborsare molti più quattrini.

Contemporaneamente, grazie a una accurata strategia finanziaria studiata per l’assalto ad Anima, Castagna sarà in grado di assicurare agli azionisti 400 milioni di euro di utili aggiuntivi entro il 2026, rafforzando così le proprie fonti di reddito in vista di un calo dei tassi di interesse e di minori ricavi da interessi. Parallelamente, i principali soci di Anima, tra cui Poste Italiane e altri investitori privati, potrebbero monetizzare le loro quote. 

Castagna guarda lontano: così facendo, punta ad assicurare il controllo di un grande operatore del risparmio in Italia, completando un’operazione definita «amichevole» che rilancia Banco Bpm tra i protagonisti del settore finanziario italiano. Si tratta, peraltro, di un’operazione indolore sul fronte occupazionale: niente tagli al personale né chiusura di sportelli tipici delle fusioni bancarie, visto che si tratta di settori distinti sul piano operativo.

Il numero uno di Piazza Meda tende a gestire le questioni occupazionali sempre con estrema attenzione e sensibilità. Non riesce proprio a spiegarsi, infatti, quali siano le ragioni di fondo che spingono i sindacati First Cisl, Fisac Cgil e Uilca a portare avanti un braccio di ferro sul piano di uscite. A giugno scorso, quando è partita la trattativa sul piano di esodi volontari, le tre sigle sindacali hanno chiesto un numero di assunzioni più alto rispetto alle iniziali 800 proposte dalla banca per compensare le 1.600 uscite. Richiesta alla quale Castagna aveva risposto con una proposta di 1.100 assunzioni, che magari sarebbe cresciuta ancora un po’ a negoziato in corso. 

Di fatto, la banca aveva messo sul tavolo un tasso di sostituzione del 70% circa, in linea con le intese raggiunte, anche nelle ultime settimane, in altri grandi gruppi. Quell’ipotesi fu rispedita al mittente e da quel momento First, Fisac e Uilca hanno perseguito nella loro guerra: denunciata la banca per presunto comportamento sindacale nei primi di luglio, sono stati costretti a rimangiarsi tutto a settembre con la conciliazione firmata davanti al tribunale di Milano che ha imposto loro di tornare al tavolo unitario. Insomma, due mesi di ricorsi e carte bollate per non raggiungere nulla di buono né di concreto per i dipendenti. E adesso non sanno più come uscirne, tant’è che continuano a battere i pugni sul tavolo, ma non ottengono nulla. Anzi. Il loro atteggiamento ha fermato la trattativa sui premi con i lavoratori di Piazza Meda che stanno pagando ingiustamente un prezzo troppo alto: nessun bonus, a differenza dei dipendenti di tutti gli altri gruppi, dove, unitariamente, i sindacati hanno portato a casa risultati importanti. 

Non sorprende, insomma, il comportamento diverso tenuto dai sindacati Fabi (che ha la maggioranza a Piazza Meda così come nel resto del settore) e Unisin. Le due sigle erano disponibili a valutare positivamente la proposta della banca non per un atteggiamento accomodante, ma perché l’ipotesi su cui ragionare era sostenibile e avrebbe consentito di chiudere un accordo positivo sia per chi lavora in banca sia per quanti avrebbero preferito smettere di lavorare.

È evidente che, di fronte all’ostruzionismo dei confederali, la banca non può fermarsi. Ecco perché Piazza Meda ha avviato la valutazione degli incentivi da offrire per i pensionamenti volontari. Si tratta di 500 unità che fanno scendere dagli iniziali 1.600 a 1.100 il numero su cui resta da fare la trattativa con i sindacati. Nessun «taroccamento di numeri», dunque, come vorrebbero sostenere First, Fisac e Uilca arrampicandosi sugli specchi. Si tratta, semplicemente, di una questione aritmetica legata al fatto che i capricci dei confederali non possono tenere nel congelatore, a tempo indeterminato, le riorganizzazioni aziendali. La banca ha già messo le cose in chiaro: farà accordi con quei sindacati che negozieranno senza pregiudizi e arroccamenti. Alle chiacchiere, Castagna preferisce i fatti.

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