Cdp, Palermo dovrà gestire oltre 38 miliardi di partecipazioni
Nella visione di M5S e Lega il gruppo controllato dal Tesoro potrebbe diventare una "banca di sistema" e intervenire nelle crisi Ilva e Alitalia, oltre a...
Questione di ore, o al massimo di giorni: la partita per le nomine dei nuovi vertici di Cdp sarebbe ormai arrivata al termine, con un'intesa sul nome del successore di Fabio Gallia nel ruolo di amministratore delegato di quella che M5S e Lega considerano ormai la nuova vera "banca di sistema" italiana. Ma quali sono i dossier più scottanti che il nuovo AD troverà sulla scrivania? Anzitutto quello di Telecom Italia (in calo di circa il 30% in borsa negli ultimi tre mesi), dove Cdp è socia al 4,933% dopo un investimento di quasi 700 milioni ma che ormai vale poco più di 600 milioni.
Cdp è interessata al futuro dell'ex monopolista telefonico italiano e in particolare all'ipotesi di scorporo della rete d'accesso anche perché è anche socia al 50% di Open Fiber. Il governo Gentiloni sembrava favorevole a una fusione delle due reti, adesso occorrerà capire che ne pensano M5 e Lega.Cdp ha poi un 35% di Poste Italiane (stabile negli ultimi tre mesi di borsa), per un valore di circa 3,55 miliardi: in questo caso l'ipotesi di ulteriori tranche di privatizzazione è finita in soffitta, ma non è detto non possa tornare di moda se il governo avrà bisogno di fare cassa per lanciare alcune delle misure di allentamento fiscale previste nel "contratto di governo".
Ulteriori tranche di privatizzazione rinviate anche per Fincantieri (controllata al 71,64%), che in borsa ha perso il 5,9% negli ultimi tre mesi riducendo così il valore della partecipazione a meno di 1,45 miliardi.L'esposizione in Eni (25,76%), stabile in borsa nell'ultimo trimestre, è da ritenersi strategica, vale circa 14,7 miliardi e paga buoni dividendi (oltre 180 milioni solo quest'anno); altrettanto strategiche sono quelle nelle infrastrutture di rete. Il 29,85% di Terna (in calo di poco più di un punto nell'ultimo trimestre in borsa) vale circa 2,86 miliardi, il 30,37% di Snam (in calo del 4,3% negli ultimi tre mesi in borsa) vale oltre 3,85 miliardi, il 39,54% complessivo di Italgas (in calo del 4,7% nel trimestre) vale circa 1,56 miliardi.
Sempre tra le società quotate, Saipem, di cui Cdp ha il 12,55%, dopo un biennio alquanto tribolato grazie a un nuovo flusso di commesse sta finalmente recuperando terreno in borsa (+21% negli ultimi tre mesi), facendo risalire il controvalore sopra i 510 milioni di euro. La partecipazione in Trevi (16,86%) dopo che il titolo ha ceduto oltre il 22% nell'ultimo trimestre in borsa vale invece meno di 9,5 milioni.Ma Cdp non vuol dire solo partecipazioni in società quotate in borsa (che nel complesso valgono 29 miliardi di euro): tra partecipazioni storiche come il 95% di Manifatture Tabacchi e gli investimenti di private equity, private debt e venture capital tramite il Fondo d'Investimento Italiano (ma anche nel Fondo Atlante, di cui Cdp ha sottoscritto l'11,77% investendo 500 milioni e che a fine 2017 valeva solo più 61,5 milioni) Cdp aveva investito a fine 2017 circa 5,7 miliardi (di cui 700 milioni nell'ultimo triennio per il solo settore immobiliare), cui vanno sommati altri 2,6 miliardi circa di investimenti diretti per la crescita in particolare nei settori alimentare, turismo e digitale.
Oltre a tutti questi dossier, potrebbero infine finire sulla scrivania del nuovo amministratore delegato anche questioni che sembravano chiuse e che invece paiono destinate a riaprirsi, come la gara per l'Ilva. Secondo il ministro Luigi Di Maio, infatti, l'offerta di Acciaitalia (1,2 miliardi per comprare gli impianti, 3 miliardi di investimenti promessi), giudicata perdente rispetto a quella di ArcelorMittal (1,8 miliardi di euro per l'acquisto più 2,3 miliardi di investimenti), era la migliore. Carlo Calenda, predecessore di Di Maio, non ci stà e in un tweet ha già suggerito, provocatoriamente, di "annullare la gara" se Di Maio la ritenesse viziata.In quel caso CdP, che faceva parte della cordata con Luigi Del Vecchio (il patron di Luxottica), il gruppo Arvedi e il gruppo indiano Jindal, potrebbe tornare in gioco.
Se così fosse vista l'originaria quota (il 27,5%) di partecipazione e sempre che tutti gli altri protagonisti siano interessati a confermare il proprio impegno, per il gruppo controllato dal Tesoro significherebbe investire almeno altri 1,1 miliardi di euro. Non è infine da escludere una discesa in campo di Cdp anche nell'annosa vicenda Alitalia: secondo il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, il punto fondamentale è infatti difendere a tutti i costi "l'italianità" della compagnia, per cui l'ipotesi di coinvolgere Cdp e forse Trenitalia sta tornando a prendere quota.
Che poi la compagnia stessa continui a volare in rosso non sembra preoccupare il ministro, così come non sembra spaventarlo l'idea di dover trovare un partner "che la faccia volare" ma che accetti di restare in minoranza di una società in perdita da anni. In effetti più che una banca di sistema Cdp nell'idea del governo M5S-Lega sembra dover assomigliare a una sorta di "Iri 2.0", con tutti i rischi di ottenere risultati analoghi se non peggiori a quelli, già poco commendevoli, ottenuti a suo tempo dall'Iri stesso.