Economia

Chiudono i produttori dell'acciaio? Settore della siderurgia in allarme

Mario Benotti

Che cosa non va nel provvedimento "chiudere tutto"

Proseguendo nell’approfondimento dei provvedimenti del  Governo volti a “ chiudere tutto” per contenere il contagio del coronavirus Covid 19, alcuni dei quali  potrebbero creare una serie di problemi al mondo dl lavoro, delle sue maestranze, con uno spirito assolutamente costruttivo vogliamo rendere pubbliche alcune osservazioni e taluni timori nella certezza di riuscire a dare un contributo di miglioramento.

In fine di mattinata  ci  ha chiamato al telefono il Prof. Carlo Mapelli del Politecnico di Milano , insegna Materials Engineering and Applied Metalurgy , una autorità indiscussa nel settore della siderurgia. “ L’ordinanza del governo così come strutturata nell’annuncio e probabilmente formata sotto la forte pressione di alcuni Presidenti di Regione che si stanno confrontando nell’emergenza anche con consulenti provenienti da Paesi concorrenti della nostra filiera  ha gettato nel panico e messo in grande difficoltà diverse imprese nazionali che stavano operando in piena sicurezza seguendo in modo stretto rigidi protocolli sanitari. La dizione “Azienda Strategica", soprattutto nel panorama italiano dove le filiere anche biomedicali o agro-alimentari si strutturano su catene di fornitura lunghe, che fanno capo anche alle imprese metallurgiche e metalmeccaniche è troppo vaga. Per esempio, le Acciaierie Arvedi a Cremona, l’azienda di trasformazione Arinox a Sestri Levante, o il trafilatore Eureinox a Peschiera Borromeo hanno ordini destinati ad imprese del settore biomedicale o alimentare (costruzione di bombole, valvole per i respiratori, latta alimentare), però producono il materiale per queste applicazioni e non il bene finito. Andrebbero bloccate? Nessuno lo sa. Forse si. Il governo starebbe  usando i codici ATECO, da quello che si apprende verrebbero  lasciati aperti i produttori di alluminio ma non quelli di acciaio, manca il codice 24.10.00 e non si vede perchè, chi produce alluminio sia meno esposto di chi produce e trasforma acciaio.

Se si bloccassero uni o gli altri il bene finito nel settore sanitario non si potrebbe avere. Peraltro i concorrenti stranieri, soprattutto tedeschi e cinesi, in questa situazione riusciranno agevolmente a sottrarre ordini alle nostre realtà produttive: sarà un infarto per il nostro sistema produttivo da cui ci riprenderemo con molta e forse troppa lentezza”.

L'ordinanza – a quanto capiamo  ed è questa la richiesta che viene dalle imprese - deve specificare in modo chiaro quali siano gli organi amministrativi (per esempio i Prefetti) che agilmente possono decidere se un'impresa possa continuare a operare o meno in presenza di dati sanitari certi , in assenza di contagi ed in base agli ordini in essere. “Quando l'emergenza sarà finita vorremo in salute solo le imprese che producono mascherine? Oggi – conclude il Prof. Mapelli - assistiamo al paradosso che imprese – quali quelle dell’acciaio e della metallurgia - che per prime hanno operato e realizzato uno sforzo immane per far fronte all'emergenza sanitaria senza avere contagi e lavorando regolarmente, si trovano nella situazione di finire in sofferenza e non poter fornire materiali ai settori definiti comunque definiti strategici”. E’ una riflessione che da queste colonne vogliamo sommessamente trasmettere alla Autorità politica. Dobbiamo tutti operare e cooperare per debellare il nemico invisibile che è il virus. In questo dobbiamo tenere però ben presenti due concetti, quello del lavoro – ricordato ben 19 volte nella nostra Costituzione e su cui si fonda la Repubblica  -  e quello dell’interesse nazionale, da cui mai come adesso possiamo prescindere. Chi può dire che quello dell’acciaio e della filiera della metallurgia non sia un settore strategico? Soprattutto ove quella filiera cooperi su settori legati alla salvaguardia della salute dei cittadini e non solo.