Economia

Colao, l’eredità incerta di Mr Digitale: ha cambiato la PA ma non la rete

Al termine del suo mandato, l'Italia è più digitale di prima. E non solo a causa del Covid...

L’eredità di Vittorio Colao

A meno di due mesi dalle prossime elezioni che sanciranno il nuovo esecutivo, inizia quel rituale in cui si prova a tracciare il bilancio dei vari ministri. Questa volta tocca a Vittorio Colao, ministro della transizione digitale. Un dicastero divenuto fondamentale quando, con il Pnrr, è stato destinato alla digitalizzazione dell’Italia un pacchetto da 50 miliardi di euro. Un breve excursus: il ministro ha un passato – di grande successo – come manager. Al timone di Rcs abbandonò via Solferino quando i soci si incaponirono per comprare Recoletos a peso d’oro, gravando il bilancio di debiti che sarebbero rimasti pesante fardello anche in tempi recenti. Ma, soprattutto, Colao è stato il super manager di Vodafone. È vero, guadagnava fino a 14 milioni di euro all’anno (e questo gli è stato fatto pesare oltre misura), ma ha reso l’azienda britannica il secondo player al mondo. Ha saputo raddoppiare il numero di clienti mondiali e cedere il colosso Verizon per 130 miliardi di dollari. Ha avviato la fusione, in India, con Idea Cellular creando un colosso che controllerà il 41% del fatturato di settore grazie a 400 milioni di nuovi clienti. Anche gli azionisti lo hanno portato in palmo di mano: in dieci anni il titolo ha aumentato il suo valore dell’80% e sono stati pagati dividendi per complessivi 121 miliardi tra ordinari, straordinari e buyback.

Poi la scelta di lasciare Vodafone, perché quei lavori, a quei livelli, non possono essere fatti per sempre. Il richiamo dell’Italia era forte. E, dopo due anni di inattività, ha scelto di capitanare la famosa commissione per la digitalizzazione che venne messa a punto da Giuseppe Conte all’indomani della pandemia da Covid. Ma non fu un grande successo. L’allora premier, forse spaventato dall’idea di cedere i riflettori, osteggiò il completamento del lavoro e sciolse la commissione a giugno. Colao non se ne fece un cruccio. Il tempo è stato galantuomo e pochi mesi dopo, quando Mario Draghi venne chiamato a guidare il Paese, venne nominato ministro per la digitalizzazione.