Economia
Confindustria, al via i giochi per il dopo-Squinzi. La mappa del potere in Viale dell'Astronomia
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
Tante ambizioni personali, pochissime legittime aspirazioni. La rampa di lancio per l'elezione del prossimo presidente della Confindustria (Giorgio Squinzi è a fine mandato e in primavera l'associazione degli imprenditori deve eleggere il suo successore) sarebbe pronta. Solo che manca il candidato reale forte degno di cotanto nome. Intanto, si vocifera che due grandi elettori come Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda, la territoriale maggior azionista della confederazione di viale dell'Astronomia ed Emma Marcegaglia, autorevole past president che guida la Confindustria europea e l'Eni, starebbero per siglare un accordo segreto per fare da trampolino a un degno aspirante successore di Mr Mapei. Poteri, quest'ultimi, dai quali chiunque voglia fare il numero uno degli imprenditori dovrà passare.
Al momento attuale, la fotografia di chi punta a raccogliere il testimone da Squinzi vede una complessa ragnatela di scontri regionali fra auto-candidati. Caos che di fatto indebolisce le singole ambizioni già sul nascere (difficile infatti poter competere su scala nazionale, aggregando alleanze di peso se neanche la tua territoriale e la tua regionale ti votano compatte in maniera convinta). Oltretutto, in Confindustria vale la regola aurea che per fare il presidente non ci si autocandida, ma si viene chiamati. Insomma, il low profile e l'understatement sono molto ben visti. Quali sono i contorni di questa fotografia? Scattiamola Regione per Regione o per aree:
VENETO. In terra nordestina c'è Alberto Baban, presidente della Piccola Industria di Confindustria, che non sta per niente nascondendo le sue ambizioni a succedere a Squinzi. Il capo della Piccola, però, si ritroverebbe con il mugugno dei suoi elettori perché nessuno mai, per ambizioni personali, tradirebbe chi l'ha eletto prima del compimento del mandato. E a Baban, per terminare il proprio incarico, mancano ancora due anni. All'interno dell'associazione dell'Aquilotto, non andare fino alla fine sarebbe un gesto inusitato che già in partenza lo porterebbe a perdere consensi o appoggi sia all'interno della Piccola sia, conseguentemente, anche al di fuori (anche se al momento non ne ha tanti). Sempre in Veneto, c'è un'ipotesi Alessandro Vardanega, che è allo stadio embrionale. In molti rivelano che l'ex presidente di Unindustria Treviso ci starebbe facendo un pensierino, ma meno intensamente di Baban. Un altro pensierino a correre per il dopo-Squinzi poteva farlo anche il presidente di Confindustria Vicenza Giuseppe Zigliotto, se l'imprenditore prestato alla banca non fosse incappato nell’avviso di garanzia ricevuto per l’inchiesta in corso sulla Popolare berica presieduta da Giovanni Zonin. Poi, sempre nell'operoso Veneto, ci sarebbero anche Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Veneto e Stefano Dolcetta, quest'ultimo già nella squadra di Squinzi con la delega alle Relazioni Industriali e al Welfare, compiti importanti che in passato sono transitati nelle mani di big come Alberto Bombassei. Quello dell'amministratore delegato della Fiamm, però, è un nome che va a rimpinguare la corposa lista di candidature venete deboli, da sempre destinate per tradizione ad elidersi reciprocamente.
FRIULI VENEZIA GIULIA. Anche l'estremo oriente italico sembra produrre una propria candidatura, che è quella di Michelangelo Agrusti (presidente di Unindustria dal dicembre 2011 e fratello dell'ex Cfo di Assicurazioni Generali Raffaele Agrusti), imprenditore che, spiegano gli osservatori, potrebbe rappresentare però solo se stesso.
LOMBARDIA. In questa Regione ci sono tutti i candidati che avevano cercato l'appoggio di Gianfelice Rocca e che, come i numeri uno di Bergamo e Varese, facevano parte della santa alleanza siglata fra alcune territoriali lombarde con il dominus di Via Pantano. Aspiranti candidati che sono usciti sconfitti dal ribaltone dell'assemblea privata di Confindustria del 6 maggio (l'esito delle urne ha ridefinito infatti una nuova democrazia confindustriale). Accarezzerebbero l'idea di succedere a Squinzi il presidente della Confindustria Lombardia Alberto Ribolla che puntava a una non candidatura di Rocca per potersi fare avanti poi e raccogliere i voti del numero uno di Assolombarda. Un sogno che avrebbe potuto trasformarsi in realtà dopo la dichiarazione di indisponibilità di Rocca. Ora i bookmakers confindustriali non lo danno in corsa nemmeno per una vicepresidenza nazionale: finirà per congedarsi dalla scena per ritornare in quel di Varese, nonostante l'impegno profuso in tutti questi anni. In terra lombarda e per la precisione bresciana, c'è l'auto-candidatura di Marco Bonometti, industriale salito alla ribalta delle cronache per aver ospitato l'uscita in chiave anti-Cernobbio del premier Renzi a settembre dello scorso anno durante l'inaugurazione di uno stabilimento. Un industriale delle valli bresciane un po' ruvido e spigoloso che riscuote le simpatie (con tanto di sms esibiti al pubblico) del capo della Fiat Sergio Marchionne. Bonometti si era messo in contrapposizione a un'ipotetica candidatura di Rocca, sbandierando il mese scorso ai quattro venti la propria voglia di correre per il dopo-Squinzi, disturbando di fatto tutta la platea confindustriale (e soprattutto lombarda) per la solita regola aurea che in Viale dell'Astronomia non ci si auto-candida, ma si viene chiamati (per rispetto del galateo e del presidente in carica). Memore di questo errore, Bonometti è tornato sottotraccia, ma, sottolineano gli osservatori, sarebbe il candidato espressione delle relazioni industriali alla Marchionne. Il problema per Bonometti è che quasi nessuno fra quelli che contano in Confindustria, a cominciare dai big delle famiglie blasonate, lo considera un candidato attendibile, per la semplice ragione che con lui alla guida dell'associazione dell'Aquilotto, s'innescherebbe una stagione di tensioni ad oltranza sul versante sindacale. "Bonometti - scherza simpaticamente qualcuno - potrebbe fare al massimo il vicepresidente per una riforma della pubblica amministrazione e rivoluzionare il farraginoso mondo della burocrazia centrale: se entrasse a Roma di mattina in un Ministero, potrebbe buttar giù dalle finestre gli impiegati". C'è di più. Nella città della Leonessa a mettere il bastone fra le ruote a Bonometti potrebbe esserci anche Aldo Bonomi, attuale vicepresidente di Squinzi con delega alle reti d'impresa e che rappresenterebbe una candidatura di contrapposizione in casa. Nella territoriale locale gli associati dicono: "Se si candida Bonometti, ti candidi anche tu". Rispetto a Bonometti, Bonomi raccoglie infatti la maggior parte dei consensi bresciani. Dopo il passo indietro di Rocca e di Carlo Pesenti, l'industriale bergamasco padre della riforma dello statuto di Confindustria, tutte le altre candidature lombarde di fatto non esistono, salvo per alcune vicepresidenze.
PIEMONTE. Tingere nuovamente di rosa la presidenza di Confindustria, dopo la Marcegaglia, non dispiacerebbe a Lucia Mattioli, volenterosa presidente degli industriali di Torino che, come tutta la folta schiera sopra, ha poco seguito e consensi. In terra sabauda, spiegano gli osservatori, c'è un movimento sotto traccia di Paolo Rebaudengo, ex capo delle relazioni industriali della Fiat che ha ancora sedimenti ben assestati in Federmeccanica. Manager al quale non dispiacerebbe nemmeno una presidenza Bonometti. Essendo però ormai il Lingotto fuori da Confindustria da qualche anno, appare del tutto chimerico per Rebaudengo coagulare voti. Oltretutto, non è ancora chiaro se il movimentismo dell'ex Fiat sia autorizzato da Marchionne o rappresenti solamente se stesso, anche in secondo appoggio per una eventuale candidatura Bonometti o di Andrea Pontremoli. Chi è Pontremoli? E' un ex capo Ibm (industria che ora in Italia conta molto poco) bravo a riciclarsi come manager-imprenditore nel dirigere ora la Dallera, una piccola azienda del Parmense. Il fatto che non sia un imprenditore puro, che guidi una micro azienda e che sia vicino come orientamento ideologico alla Fiat e a Rebaudengo, non gioca però a suo favore.
LIGURIA. Potendo vantare una lunga esperienza come vicepresidente in Confindustria, in terra ligure correre per la successione a Squinzi farebbe certamente piacere a Edoardo Garrone, industriale del gruppo Erg che, a differenza dei vari Baban, Ribolla e Regina (in UniLazio), non sgomita. Garrone, infatti, coltiva le proprie ambizioni con la solita compostezza del caso. In perfetto stile austero-confindustriale.
EMILIA ROMAGNA. Anche qui ci sono più auto-candidature. C'è un'ipotetica corsa di Gaetano Maccaferri, imprenditore-finanziere bolognese attuale vicepresidente di Confindustria che è sostenuto dai vecchi bombasseiani. Maccaferri gradirebbe traferirsi a Roma (possiede già un'abitazione nella Capitale), ma la sua sarebbe una candidatura inconsistente e comunque anche osteggiata all'interno dell'Emilia Romagna dallo stesso Maurizio Marchesini, attuale presidente di Confindustria Bologna, il quale va dicendo in maniera provocatoria: "Se si candida Maccaferri, mi candido anche io". Maccaferri, poi fa notare chi segue da vicino le sorti di Viale dell'Astronomia, non riuscirebbe ad avere, in un gioco di veti incorciati, nemmeno il favore delle altre territoriali regionali, come Parma e Piacenza e Reggio Emilia. Insomma, anche questa candidatura rientra nel cosiddetto novero delle candidature nane. Sempre in terra emiliana, non dispiacerebbe succedere a Squinzi nemmeno a Lisa Ferrarini, la regina del prosciutto e a Federica Guidi, l'attuale ministro dello Sviluppo Economico. Ex presidente dei Giovani che lasciarebbe senza batter ciglio il Mse per andare a fare il bis in Confindustria, dopo la guida dei babies, con la presidenza dei senior. A Bologna e dintorni, per preparare il terreno alla figlia sta lavorando il padre Guidalberto, ex falco dell'associazione dell'Aquilotto. Ma anche la Guidi, seppur sotto i riflettori per l'incarico di prestigio nel governo Renzi, avrebbe però poco seguito.
TOSCANA. La più grande sconfitta del ribaltone dell'ultima assemblea privata di Confindustria (il 6 maggio) è stata Antonella Mansi, oggi sponsorizzata dal past president Luca Cordero di Montezemolo. La Mansi è un'industriale del settore della chimica che però non ha seguito nemmeno in Toscana e che, in quanto chimica, non potrebbe succedere a Squinzi. Si dice che l'ex presidente della Fondazione Montepaschi non possa permettersi di uscire dalla squadra di vicepresidenze di Confindustria e che per non cadere nel dimenticatoio, cerchi i buoni auspici di Matteo Renzi. Al momento, quindi, la Toscana non ha candidati.
LAZIO. In Unilazio, c'è il solito Aurelio Regina che, è cosa nota, ci spera ardentemente. Regina ha appena presentato un suo programma con tanto di una bozza di riforma di Confindustria, ma difficilmente, in quanto romano e non considerato un imprenditore vero, potrebbe godere dell'indispendabile appoggio degli industriali del Nord. Nella Città Eterna, si registra anche il movimentismo di Luigi Abete che punterebbe alla presidenza (si è fatto fare un parere pro-veritate dai probiviri) e alla cui porta busserebbe poi, sempre in Viale dell'Astronomia, Maurizio Tarquini a cui piacerebbe prendere il posto di Marcella Panucci, nel ruolo di direttore generale. Un'ipotetica vicepresidenza potrebbe andare anche a Maurizio Stirpe, attuale numero di UniLazio.
SUD. Al netto di una discesa in campo della Piccola Industria di Confindustria che, piuttosto di Alberto Baban, sarebbe propensa a puntare sul salernitano Vincenzo Boccia, sotto Roma, non ci sono candidati. Il predecessore di Baban è molto apprezzato in Confindustria e ha una navigata e maturata esperienza nell'organigramma di Viale dell'Astronomia. Il suo tallone d'achille, però, è dato dalla sua residenza anagrafica, anche se incontra diverse simpatie al nord.
Insomma, tutti ai nastri partenza, ma nessuno all'arrivo. Come si uscirà da questa empasse? Oltre a esser chiamati, per fare il presidente di Confindustria occorrono soprattutto i voti e qualcuno che possa fare da base da lancio. In Viale dell'Astronomia chi controlla i voti e personaggi autorevoli che possono prendere posizione ci sono. Due su tutti: Gianfelice Rocca che controlla i voti assembleari e i rappresentanti all'interno del Consiglio Generale che a marzo designerà il nuovo presidente ed Emma Marcegaglia, il presidente dell'Eni che ha dalla sua le 30 e passa territoriali del Cane a sei zampe, più le sue 20 e passa come Marcegaglia Spa (in più, oltre alla sua autorevolezza personale, vanta anche il blasone di past president e di attuale numero uno di Business Europe). Quelli di Rocca e della Marcegaglia sono tutti voti assembleari spendibili per un grande candidato che ancora non c'è.
C'è, però, un idem sentire sulle caratteristiche che il successore di Squinzi deve avere. Deve essere in grado di ridare quella verve, quello spolvero, quella autorevolezza e quella rappresentanza che Confindustria ha spesso avuto in passato. Un presidente che continui nel solco di Mr Mapei che ha portato a casa molte misure pro-imprenditori con Renzi, ma che ha avuto un neo: si è ritrovato in un'epoca in cui mentre prima Confindustria era in grado di promuovere o bocciare i governi, un partito talmente forte capace di condizionare le politiche dell'esecutivo, nell'era Monti e dell'ex sindaco di Firenze è finita invece in secondo piano. Qualche volta umiliata (Renzi non ha mai partecipato a un'assemblea pubblica dell'associazione dell'Aquilotto) e un po' indebolita dalla grande azione di legittimazione dei corpi intermedi. Ora, in Viale dell'Astronomia, c'è chi inizia a muovere le proprie pedine. In gioco ci sono il bene e il futuro di Confindustria.