Economia

Confindustria gela la crescita dell'Italia, tagliate le stime del Pil: +0,8% nel 2024, +0,9% nel 2025

di redazione

Battuta d’arresto per la crescita in Italia: il Pil per il 2024 è rivisto al ribasso di un decimo percentuale al +0,8% e quello del 2025 di due decimi di punto allo 0,9%

Confindustria taglia le stime di crescita, pesano il crollo del settore auto e il forte debito pubblico 

Battuta d’arresto per la crescita in Italia. Il Pil per il 2024 è rivisto al ribasso di un decimo percentuale al +0,8% e quello del 2025 di due decimi di punto allo 0,9%. Secondo le previsioni economiche aggiornate di autunno realizzate dal centro studi di Confindustria la crescita rallenta a seguito della revisione Istat del Pil 2023, oltre che per l'elevato debito pubblico. Secondo gli ultimi dati Istat, misurato al lordo delle passività connesse con gli interventi di sostegno finanziario in favore di Stati membri della Uem, è stato nel 2023 pari a 2.868.411 milioni di euro, ovvero al 134,8% del Pil, 3,5 punti percentuali in meno rispetto al 138,3% del 2002. Il deficit si è attestato invece al 7,2% del Pil contro l'8,1% del 2022. Il dato del debito è leggermente superiore alla stima fornita il 23 settembre, pari al 134,6%

Secondo Confindustria però nel biennio 2024-2025 sono diversi fattori che potrebbero avere un impatto positivo sull'economia italiana. Tra questi, la ripresa del commercio internazionale, l’allentamento della politica monetaria, e il rafforzamento della crescita nell’Area euro, che si allinea con le previsioni per l'Italia. Un miglioramento del reddito disponibile reale delle famiglie, grazie a una crescente occupazione, al rientro dell’inflazione e al recupero progressivo dei salari reali, giocherà anch'esso un ruolo importante. L’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con 9,5 miliardi di euro già spesi nel 2023 sui 42,2 miliardi programmati, contribuirà ulteriormente alla crescita.

D'altra parte, alcuni elementi potrebbero ostacolare questa ripresa. La persistente fragilità dell’economia tedesca, primo mercato di sbocco per l’export italiano, ha già portato a una contrazione del -5,4% delle esportazioni italiane nei primi sette mesi del 2024. Inoltre, le tensioni globali e la diminuzione degli incentivi per il settore edilizio rappresentano ulteriori sfide.

Nel 2023, la produzione industriale ha subito un calo del 2,4%, con una riduzione ulteriore del 3,2% nei primi otto mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche nel terzo trimestre la tendenza è negativa, con una diminuzione dello 0,5% già acquisita a agosto. Gli investimenti, dopo una robusta crescita negli anni precedenti (+21,5% nel 2021, +7,5% nel 2022 e +8,5% nel 2023), si attestano a +0,5% quest'anno e sono attesi in discesa dell'1,3% l’anno prossimo.

Particolarmente preoccupante è il crollo del settore automobilistico, che è tornato ai livelli di produzione del 2013. Questo settore, cruciale per l’economia, ha registrato un -26,1% di produzione a luglio 2024 rispetto a luglio 2023, con un calo ancora più marcato per i veicoli (-34,7%). Sebbene questo fenomeno sia influenzato dalla debolezza della domanda, non si tratta solo di una crisi congiunturale, dato che l’import di autoveicoli in Italia è aumentato del 2,0% tendenziale.

L’andamento annuale dei prezzi al consumo in Italia è attualmente pari allo 0,7% a settembre, con una previsione di +1,1% per il 2024, il tasso più basso tra le principali economie europee (l’Eurozona segna +1,7%). Questo livello si mantiene significativamente sotto l’obiettivo della BCE del 2%. Pertanto, i tassi di interesse, ancora elevati, risultano più restrittivi in termini reali rispetto ad altre nazioni. Nel 2025, si prevede un parziale rialzo dell’inflazione, che tenderà ad avvicinarsi ai valori della misura core, ossia poco sotto il 2%.

Tra i nodi della competitività, il declino demografico rappresenta una crescente sfida, aggravando la già presente carenza di lavoratori. Fattori come la scarsa mobilità interna, la fuga di cervelli e la mancanza di lavoratori extra-UE intensificano questo problema.

In Italia, i prezzi del gas e dell’elettricità sono superiori a quelli di altri grandi paesi europei, come Francia e Germania, e anche rispetto agli Stati Uniti, penalizzando la competitività delle imprese. Oltre agli interventi già in atto, una riforma del mercato elettrico, che separi il prezzo dell’elettricità da quello del gas, potrebbe fornire un contributo utile, insieme allo sviluppo del nucleare nel lungo periodo. 

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