Economia
Confindustria: Varese con Pasini, Lazio a Bonomi. A Roma la guerra per i saggi
E a Nordest la candidatura Illy non "spacca". La partita per la presidenza di Confindustria. Le mosse nel nuovo anno
Telefonate e visite di cortesia per scambiarsi gli auguri natalizi e allacciare legami utili in vista del voto finale di marzo in Consiglio generale. Occasioni per rinsaldare vecchi legami e costruirne di nuovi. Capitale relazionale da far fruttare nella partita della presidenza.
A parte qualche indicazione in più sulle preferenze delle territoriali (Varese, Venezia e Roma) e sul profilo presidenziale che va per la maggiore (quello di un industriale puro con una grande azienda alle spalle), il Natale non ha portato elementi utili a risolvere il rebus del post-Boccia in Confindustria, rebus che vede ai nastri di partenza cinque candidati: Carlo Bonomi, Giuseppe Pasini, Licia Mattioli, Emanuele Orsini e Andrea Illy. Imprenditori che sulla carta hanno tutti il requisito del 10% dei voti assembleari di Confindustria per la validazione delle proprie candidature da parte dei saggi, requisito per le autocandidature che però da fine gennaio andrà verificato.
Il rebus è lontano dalla soluzione anche a monte del processo elettorale e cioè nella scelta dei saggi, ovvero degli industriali esperti dalla lunga militanza associativa insigniti del ruolo “notarile” di registrare il consenso dei runner alla presidenza da ammettere alla designazione finale del Consiglio generale in agenda a marzo. Uno step in cui assieme al Consiglio di indirizzo etico, giocano un ruolo fondamentale i past president (i presidenti emeriti dice lo Statuto di Confindustria post-riforma Pesenti del 2014) dell'associazione dell'Aquilotto. Ovvero i vari Emma Marcegaglia, Luca Cordero di Montezemolo, Antonio D’Amato, Luigi Abete e Giorgio Fossa, big fra cui non c’è uniformità di vedute sui nove nomi da inserire nella lista da cui i 183 imprenditori riuniti nel Consiglio generale di Confindustria dovranno estrarre il 23 gennaio la terna che aprirà ufficialmente le danze. Partita che poi si concluderà due mesi dopo.
Il motivo? A parte che fra alcuni dei vecchi numeri uno della Confederazione non corre buon sangue (di D’Amato addirittura si dice che non si sia mai visto nelle varie riunioni, neanche in call), ognuno dei presidenti emeriti vuole inserire nella squadra finale dei saggi nomi di industriali “vicini” per riuscire ad avere contatti e visibilità su una terna che dovrà gestire informazioni sensibili di raccolta delle preferenze, verificare formalmente l’adeguatezza delle candidature ed effettuare una sintesi nel Sistema, dando un indirizzo alla gara finale. Contesa che poi, in assenza di “pesi massimi”, convergerà verso una sfida a due. Proprio come fu nel 2016 per il fotofinish Boccia-Vacchi e nel 2012 per Squinzi-Bombassei.
Oltre al requisito di essere un imprenditore del Nord, i desiderata che si registrano con una certa frequenza fra gli iscritti sono quelli del possesso da parte del futuro presidente di una grande capacità rappresentativa dell’industria manifatturiera, possibilmente proveniente da una azienda dalle dimensioni rilevanti, in grado di farsi sentire con un certo carisma presso quel mondo politico che negli ultimi anni, a differenza del passato, è riuscito a schivare la pressione dei corpi intermedi.
Rispetto agli inizi in cui la Lombardia marciava quasi compatta (ad eccezione delle territoriali di Brescia e Lecco-Sondrio) verso l’appoggio al numero uno di Assolombarda Carlo Bonomi, a dicembre nella regione lovomotiva economica d'Italia si è registrato un recupero di Giuseppe Pasini che, secondo i rumors, potrebbe contare anche sui voti di Varese, associazione che tradizionalmente nelle tornate elettorali è sempre rimasta alla finestra fino all’ultimo.
Il presidente degli imprenditori meneghini però potrebbe godere anche dell’appoggio degli industriali romani, dove i confindustriali di vecchia data Luigi Abete e Aurelio Regina da tempo schierati su Bonomi avrebbero fatto breccia nei big capitolini Maurizio Stirpe e Filippo Tortoriello, presidente di Unindustria Lazio, convincendoli a convergere uniti sulla candodatura Bonomi.
I bene informati sulle vicende di Viale dell’Astronomia fanno notare come anche questa volta il Veneto non riesca a partire compatto ai nastri di partenza: la candidatura Illy che registra qualche favore anche in Emilia-Romagna, in terra di Emanuele Orsini, infatti non “spacca” a Nordest.
Secondo le indiscrezioni, Vicenza simpatizzerebbe per Pasini assieme al presidente di Confindustria Veneto Enrico Carrario, Treviso per il presidente di Federlegno e Venezia sarebbe invece una grande supporter di Licia Mattioli, vicepresidente della squadra di Boccia con delega all’internazionalizzazione che gode dell’appoggio della struttura romana e, maligna qualcuno, anche del tifo dello stesso numero uno di Viale dell’Astronomia, memore dei voti che nel 2016 Mattioli gli portò in dote dal Piemonte, contribuendo alla spaccatura del fronte del Nord, dove in molti invece volevano presidente di Confindustria il bolognese Gianluca Vacchi.
Interpellati sulla partita della presidenza, molti membri del Consiglio generali dicono: “Ora ascolteremo i programmi dei candidati per decidere chi votare”. Che nelle dinamiche confindustriali significa anche assegnazione di vicepresidenze e incarichi nei vari comitati di presidenza che il candidato può promettere. Ma bisogna puntare sul cavallo giusto. E mai come quest'anno è difficile. Ecco perché in molti fra i 183 imprenditori che siedono nel parlamentino di Confindustria stanno promettendo il voto a più candidati.
@andreadeugeni