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Economia
Coopsette Reggio Emilia, il lento declino della coop rossa in liquidazione

A Reggio Emilia le cooperative e la vita politica di partito (Pci, Pds, Ds, Pd) sono sempre state due facce della stessa medaglia. Un Comune come Castelnovo Sotto di soli 8500 abitanti poteva esprimere, nei periodi d'oro, un colosso dell'edilizia di un migliaio di lavoratori diretti e in controllate, 1,2 miliardi di lavori da eseguire in tutta Italia ancor nel 2013 e neanche una riga su wikipedia, il grande Bignami enciclopedico della rete, ancora oggi. Un mistero. Ecco in sintesi il mondo del colosso reggiano Coopsette di Castelnovo Sotto, con 37 società controllate e 42 partecipate, entrata in liquidazione coatta il 30 ottobre 2015 perché franata sotto un passivo di circa 790 milioni di euro e 1300 creditori. Un'agonia lenta e inesorabile che arriva fino ai giorni nostri perché da qualche mese l'azienda ha dovuto mettere all'asta il suo patrimonio auto e di opere: ben 74 automobili di servizio, usate dai dipendenti, e 79 opere d'arte fra oli su tela, acquerelli e sculture. 

Coopsette è un gigante cresciuto troppo e che ha basato la sua convenienza sia sulla particolare condizione fiscale delle cooperative che sulle politiche di “attenzione” che le pubbliche amministrazioni amiche hanno sempre riservato loro. Un contesto chiuso e impenetrabile quello delle coop che ha forgiato la propria ascesa soprattutto sulla garanzia di fedeltà assoluta ad un sistema.

Questi tipi di cooperative in edilizia perseguono, almeno sulla carta, fini mutualistici (la cosiddetta mutualità prevalente) e per questo lo Stato permette loro una tassazione di favore. Non pagano come tutte le altre società di lavoro le tasse sul 100% del guadagno finale ma solo sul 40%. Per molti una vera distorsione della concorrenza, della libera formazione dei prezzi e delle regole minime di libertà del mercato.

In questo settore, come un'impresa privata possa competere con una cooperativa è difficile a capirsi. Da qui il deserto di tutte le concorrenti, soprattutto nelle zone “rosse”, dove le amministrazioni pubbliche sono particolarmente “attente” nell'assegnazione degli appalti.

Coopsette era attiva nelle grandi opere e nelle infrastrutture dal 1977, anno di fusione di altre cooperative reggiane. Per comprendere la qualità degli interventi eccone solo alcuni recenti: i centri commerciali Eurosia a Parma, Puntadiferro a Forlì e La Cartiera a Pompei, il Centro Direzionale Integrato di Sestri Ponente a Genova, l’autostrada regionale Cremona-Mantova, la Tangenziale Est esterna di Milano, l’autostrada Cispadana Reggiolo-Ferrara, i lavori del Termovalorizzatore di Torino, la torre di Fuksas della Regione Piemonte, la metropolitana di Torino, la Variante sulla Statale Porrettana, il Passante ferroviario e la Nuova Stazione Alta Velocità a Firenze, il Porto vecchio e l'Acquario oceanico di Genova, la ristrutturazione della zona Bolzaneto-San Biagio sempre a Genova e la nuova stazione Tiburtina di Roma. Un pot pourri di opere gestibili solo da un colosso.

Per la costruzione delle case della polizia di Bolzaneto-San Biagio a Genova lavoravano nei subappalti i calabresi di Antonino Raso (arrestato nel 2016). La zona era piena di inquinanti di raffineria che sono stati tombinati sotto una colata di cemento. Agli abitanti del comparto era ed è vietato piantare ortaggi e arbusti che possano dare vita ad alimenti per l'uomo, come abbiamo raccontato qui. Coopsette è finita nel 2016 nell'inchiesta Alchemia. Le imprese edili e di movimento terra della 'nrdangheta, cosca ‘Raso-Gullace-Albanese’, avrebbero acquisito appalti da Coopsette nella sede di Genova, “attraverso la corruzione di dipendenti infedeli che assegnavano le commesse a seguito dell’approvazione di preventivi appositamente ‘gonfiati’, così consentendo un maggior guadagno alle imprese mafiose e assicurarsi il pagamento di un corrispettivo”, si legge nelle carte. La stessa 'ndrangheta che era presente anche nei lavori del Terzo Valico, sempre in appalti di Coopsette.

La liquidazione coatta della cooperativa con le perdite dei risparmi e del lavoro è diventata una tragedia per tutta la provincia reggiana e per un sistema, entrando in sincrono con il crollo di altri colossi cooperativi edili quali Unieco di Reggio Emilia, Orion di Cavriago e Coop Muratori di Reggiolo. Un lento e inesorabile declino determinato dalla mancanza di liquidità dovuta alla crisi economica degli scorsi anni e all'invenduto nell'edilizia.

Si racconta che nelle ultime assemblee dei soci vi fosse chi piangeva per il troppo denaro bruciato. Le stesse emozioni provate negli anni da chi sullo stesso territorio si è visto spazzato via dal un controllo quasi militare del territorio e dal dumping sociale garantito ad un sistema avvantaggiato sotto tanti profili, in primis quello fiscale.

A tre anni dal crack, quasi tutti gli ex lavoratori sarebbero ora nuovamente occupati. Dei 400 addetti rimasti nel colosso cooperativo nel 2015 solo una ventina sarebbe tutt’ora a carico della gestione liquidatoria, mentre il resto avrebbe trovato un nuovo lavoro “anche se non con piena soddisfazione”. A dirlo, a marzo, il vicepresidente di Legacoop Emilia Ovest Luca Bosi, che ha sottolinea anche l’esperienza delle nuove realtà nate in questi anni con l’acquisizione delle aziende in crisi da parte degli stessi dipendenti. Un esempio, sostiene Bosi perché la storia continua.

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