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Economia
Dinoi (Aepi): "Caporalato, situazione fuori controllo: ecco come combatterlo"
Caporalato

Dinoi (Aepi): "Caporalato, situazione fuori controllo: ecco come combatterlo"

Prima la drammatica morte del bracciante indiano Satnam Singh in provincia di Latina. Poi la scoperta, in Veneto, di 13 lavoratori agricoli impiegati nei campi fino a 14 ore al giorno. Ce n’è abbastanza per accendere più di un campanello d’allarme. Affaritaliani.it ha chiesto un parere a Mino Dinoi, presidente di Aepi (Confederazione delle associazioni europee di professionisti e imprese).

Presidente, recentemente, un fatto tragico ha scosso l'opinione pubblica: la morte del giovane indiano, Satnam Singh, bracciante irregolare che è stato lasciato davanti alla propria casa in uno stato deplorevole, dissanguato e con il braccio tagliato in una cassetta. Qual è la sua opinione in merito e cosa si dovrebbe fare contro il caporalato?

Purtroppo, non è un fatto isolato, è una piaga che tocca da vicino 230mila lavoratori nelle campagne italiane. Tante sono, infatti, le persone sfruttate nel nostro Paese, senza contratto e senza diritti: di queste, 55mila sono donne e il 30% non sono migranti extra-comunitari, ma cittadini italiani o della Ue. La fotografia dell’Osservatorio (Placido Rizzotto di Flai-Cgil) che da anni monitora il caporalato e le agromafie nel nostro Paese, combacia con le rilevazioni Istat. L’Agro pontino e la provincia di Latina sono tra le aree dove lo sfruttamento dei braccianti è più radicato. Ma non sono le uniche, come dimostrano anche i sette arresti fra le province di Caserta e Napoli per intermediazione illecita di lavoratori extra-comunitari pagati 2 euro all’ora. La geografia del caporalato copre tutta l’Italia: dalla Capitanata foggiana alle campagne piemontesi di Saluzzo, dal Ragusano al Metapontino, dal Fucino abruzzese al Veneto. La morte di Satnam Singh ha smosso le coscienze, un episodio drammatico che mette in luce la brutalità del caporalato. Il responsabile di un atto così disumano deve pagare duramente. Non è ammissibile in uno stato civile che accadano tali o simili atti di violenza e sfruttamento. La responsabilità si estende anche ai caporali che organizzano e gestiscono lo sfruttamento dei lavoratori. Le indagini devono individuare tutti i soggetti coinvolti nella catena che ha permesso questo crimine. 

Quali azioni legali possono essere intraprese contro i colpevoli?

Le azioni legali contro i responsabili del caporalato sono varie. La prima è arresto e processo penale: gli individui direttamente coinvolti devono essere arrestati e processati per lesioni gravi, tentato omicidio e violazione delle leggi sul lavoro. Un altro strumento riguarda l’indagine e l’arresto dei caporali. In questo caso, le forze dell'ordine devono avviare indagini approfondite per identificare i caporali responsabili del reclutamento e dello sfruttamento dei lavoratori, procedendo al loro arresto e incriminazione per caporalato e tratta di esseri umani. C’è anche la confisca dei beni: la legge n. 199 del 2016 prevede la confisca dei beni dei caporali e delle aziende che beneficiano del caporalato. Questa misura mira a colpire economicamente chi sfrutta i lavoratori. Infine si può ricorrere all’incriminazione delle aziende che utilizzano manodopera sfruttata possono essere perseguite penalmente e civilmente. Devono essere obbligate a risarcire i lavoratori e a rispettare standard etici di lavoro.

Per evitare che simili fatti accadano di nuovo, dobbiamo intensificare le azioni di contrasto su vari livelli. Quali sono le prime azioni da intraprendere?

In primo luogo, è essenziale un rafforzamento delle normative. Sebbene la legge n. 199 del 2016 abbia introdotto misure severe, succede spesso che non vengano applicate o ci siano interferenze operative da altri provvedimenti, come la Bossi-Fini. Non vengono effettuati i necessari controlli che, facilitati dall’uso di metodologie tecnologicamente evolute, dovrebbero essere frequenti per mappare una puntuale e precisa conoscenza di come è organizzato il fenomeno a livello territoriale. Serve un’applicazione più rigorosa e sanzioni più dure per chi sfrutta i lavoratori.  Per prevenire simili tragedie, sono necessarie azioni combinate fra istituzioni locali e nazionali, operative su più fronti. La prima è il potenziamento delle ispezioni, per incrementare il numero di ispettori del lavoro e migliorare il coordinamento tra le forze dell'ordine per monitorare le aree agricole. Ci si può appoggiare su tecnologie avanzate per monitorare le aree agricole. Fondamentale è poi migliorare la collaborazione tra forze dell'ordine, enti locali e organizzazioni non governative per un controllo più capillare ed efficace del territorio. Serve anche implementare programmi di protezione per i lavoratori che denunciano il caporalato, garantendo loro anonimato e sicurezza. Creare sportelli di assistenza legale e sociale nei principali centri agricoli. Questi sportelli possono offrire supporto concreto ai lavoratori sfruttati e fungere da punto di riferimento per denunce e segnalazioni. Altro prezioso supporto è quello di offrire incentivi fiscali e commerciali alle aziende che adottano certificazioni etiche e rispettano i diritti dei lavoratori. Bisogna introdurre programmi educativi nelle scuole per sensibilizzare i giovani sulle problematiche del lavoro sfruttato. Infine, urge sensibilizzare i lavoratori sui loro diritti e sulle vie di protezione disponibili attraverso campagne multilingue.

E le aziende agricole? Che ruolo possono svolgere?

Le aziende agricole devono assumersi la responsabilità di garantire condizioni di lavoro dignitose. Promuovere certificazioni etiche, stipulare accordi di filiera che rispettino gli standard lavorativi adeguati e adottare politiche di responsabilità sociale sono passi fondamentali. Inoltre, le aziende dovrebbero collaborare con le autorità per denunciare situazioni di sfruttamento.

Infine, cosa possiamo fare noi cittadini?

Noi cittadini possiamo fare molto. Informarsi sull'origine dei prodotti che acquistiamo e scegliere quelli certificati eticamente può contribuire a combattere il caporalato. Non solo. Il MLPS ha attivato il Portale Nazionale del Sommerso (PNS) con D.M. 19/12/2022 n.221, quale unica piattaforma delle risultanze di tutti gli accertamenti ispettivi, per una efficace programmazione dell'attività ispettiva nonché per il monitoraggio del fenomeno del lavoro sommerso su tutto il territorio nazionale. (PNRR M5- art. 19 D.L.36/2022). Nello stesso D.M., al punto “B.2.1 – Impianto Sanzionatorio” sono previste “..campagne di “name and shame”, volte a rendere pubblici i nomi delle imprese che impiegano lavoro nero o irregolare, agendo in tal modo sui profili reputazionali di imprese e committenti". Sensibilizzare il Ministero del Lavoro per rendere pubblici tali dati e attraverso campagne mediatiche diffonderne la conoscenza per responsabilizzare la preferenza dei consumi verso le aziende virtuose o rispettose dei diritti umani e del lavoro. Solo attraverso un’azione coordinata e incisiva potremo debellare questa forma di schiavitù moderna e promuovere un sistema economico più giusto e sostenibile.






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