Economia

Donnarumma, nodo liquidazione: il precedente di Del Fante da Terna a Poste

Stipendio e liquidazione, ecco perché continua a slittare la nomina di Donnarumma a Cdp Venture Capital

Slitta la nomina di Donnarumma a Cdp Venture Capital

Felix The Cat
 

Perché la nomina di Stefano Donnarumma a capo di Cdp Venture Capital – nonostante l’annuncio fatto da Giovanbattista Fazzolari - continua a slittare? Per una ovvia ragione di soldi. Almeno due le partite che lo vedono piuttosto intransigente: la prima è quella dello stipendio. Come amministratore delegato di Terna, Donnarumma ha guadagnato nel 2021 circa 2,1 milioni di euro tra emolumenti e stock option. Aveva già fatto la bocca alla retribuzione da numero uno di Enel, che è due anni fa ha superato i 4,5 milioni.

Invece, si ritrova non solo a dover quantomeno rimandare l’approdo in Viale Regina Margherita, a sentirsi proporre uno stipendio tra i 700 e gli 800mila euro, cioè un terzo dell’attuale retribuzione. Qualche escamotage lo si potrebbe pure trovare, ma non si tratta di un emolumento particolarmente appetibile per un manager di quella levatura.

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Non solo: c’è il nodo liquidazione. Secondo quanto può riferire Affaritaliani.it, a Donnarumma spetterebbero circa 4,5 milioni, che però non gli si vorrebbero dare perché passerebbe da una società controllata da Cdp (Terna) a un’altra che fa direttamente riferimento alla Cassa. Trattandosi quindi di un cambio di posizione all’interno dello stesso gruppo, non gli spetterebbero quei soldi. Ma Donnarumma protesta e ha dalla sua un precedente: nel 2017 Matteo Del Fante, allora amministratore delegato di Terna, prima di approdare a Poste (partecipata da Cdp) ottenne 3,8 milioni di buonuscita.