Elezioni 4 marzo, Borse: i "populisti" non fanno paura. Ecco perché
Portafoglio/ I populisti non fanno più paura e le borse continuano a correre. Il merito va anche a Mario Draghi
Vi ricordate le previsioni tra l'apocalittico e il terrorizzato che l'avanzata di movimenti populisti, in America come in Europa, aveva generato lo scorso anno? Secondo molte tra le più prestigiose case d'investimento l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca sarebbe stata una iattura per Wall Street, contro cui il candidato presidente si era più volte scagliato. La stessa cosa potrebbe accadere qualora il 4 marzo vincessero o il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio o la Lega di Matteo Salvini.
Lo scorso anno i populisti facevano paura
La vittoria che alcuni davano quasi per "inevitabile" di Marine Le Pen appariva da parte sua in grado di scardinare la Francia dall'Unione europea, col rischio di una Frexit che, dopo la Brexit, avrebbe potuto avere un effetto a valanga e provocare di lì a qualche mese fremiti analoghi in Germania o in Italia. Auspici poco meno che nefasti erano apparse anche la vittoria della destra in Austria e la frattura consumatasi tra Madrid e le autorità locali (e indipendentiste) della Catalogna.
Timori smentiti dai risultati dei mercati
E invece, sorpresa: il 2017 è terminato con un guadagno del 25% di Wall Street (in rialzo ormai dal 2009) e da inizio anno il rally è proseguito anche grazie all'approvazione della riforma fiscale a fine dicembre che promette di sostenere la crescita degli utili aziendali, mentre il paniere paneuropeo S&P Europe segna a sua volta un incremento del 14% a 12 mesi e il listino di Parigi è in rialzo del 13% (e di Marine Le Pen, battuta dal centrista Emmanuelle Macron nella corsa per l'Eliseo, non parla più nessuno).
Neppure la crisi catalana ha pesato troppo
Allo stesso tempo a Francoforte, nonostante Angela Merkel non sia ancora riuscita a comporre un nuovo esecutivo, il Dax si trova sui massimi storici, in rialzo del 15% rispetto a un anno fa. Neppure la "crisi catalana" ha impressionato più di tanto gli investitori: l'Ibex35 della borsa di Madrid dopo qualche seduta difficile si è rimesso in carreggiata e al momento segna un rialzo del 10% circa rispetto a 12 mesi fa.
Spagna e Italia pagano comunque dazio
Certo, la Spagna, come l'Italia, continua a pagare un dazio per l'incertezza politica sotto forma di un maggior rendimento offerto dai titoli di stato (il decennale spagnolo rende attorno all'1,5%, quello italiano poco meno del 2%, contro lo 0,43% dei Bund tedeschi), ma finché la Bce di Mario Draghi manterrà i tassi negativi (-0,4% sui depositi) e proseguirà gli acquisti di bond sul mercato (per 30 miliardi al mese) non dovrebbero esserci molti scossoni.
Rischio/rendimento favorisce ancora borse
Del resto anche a voler agire in modo del tutto razionale sulla base dei rapporti rischio/rendimento, gli asset azionari continuano ad apparire più interessanti di quelli obbligazionari, visto che pur con gli indici a livelli record le borse, grazie alla sottostante crescita degli utili (e per alcuni listini come Wall Street al sostegno dei programmi di "buy-back"), esprimono valutazioni elevate ma non "eccessive" come taluni operatori paventavano ancora poche settimane fa.
Gioca a favore anche l'effetto gennaio
Un equilibrio forse precario, perché in parte legato anche ad un noto effetto stagionale, "l'effetto gennaio", che tende a favorire in particolare i titoli azionari a piccola capitalizzazione. Se si vuole essere prudenti, dunque, meglio continuare a restare investiti in azioni, ma non puntare troppo sulle "small cap", preferendo ad esempio fondi o ETF specializzati in azioni e indici a media e grande capitalizzazione.
Il merito va anche a Mario Draghi
Quanto alla politica, se non ci saranno clamorosi colpi di scena continuerà a non influenzare significativamente i mercati, come ormai accade da oltre 5 anni, ossia da quando Mario Draghi, il 26 luglio 2012, affermo che avrebbe fatto "tutto ciò che è necessario" ("whatever it takes") per salvare l'euro e con esso i mercati finanziari europei. Missione compiuta, si potrebbe dire: la lunga marcia dei mercati azionari è merito anche delle decisioni assunte dal presidente della Bce.