Economia
Elezioni europee 2019,Parlamento diviso, non i populisti:cosa temono i mercati
Un’avanzata populista è scontata, ma non dovrebbe sovvertire lo scenario attuale. In caso contrario gli asset più a rischio, come azioni e Btp, soffrirebbero
Populisti che sebbene restino caratterizzati da un elevato grado di frammentazione, avvertono gli esperti di Hermes IM, potrebbero cercare di incidere “sulle nomime di alto livello all’interno dell’Unione” (a ottobre scadono sia il presidente della Commissione, Jean-Claude Junker, sia quello della Bce, Mario Draghi, ndr). Più in generale un Europarlamento più frammentato preoccupa gli investitori, notano in BlackRock, soprattutto a fronte di un quadro economico che resta debole e del caos-Brexit in Gran Bretagna, dove oggi Theresa May ha annunciato che lascerà la guida del partito conservatore, e il ruolo di Primo Ministro, il prossimo 7 giugno.
Un annuncio che ci si aspettava dopo le ripetute bocciature dell’accordo raggiunto dalla May con la Ue sulle modalità di gestire l’uscita del Regno Unito dall’Unione ma che secondo molti incrementa la possibilità di elezioni anticipate (dove sono dati in crescita i labouristi di Jeremy Corbin, che non piace ai mercati a causa delle sue posizioni a favore di politiche socialiste) e forse anche di un secondo referendum pro o contro la Brexit.
Quale che sia il destino della May e della Gran Bretagna, l’Europarlamento che si disegnerà in queste ore dovrebbe vedere, secondo lo scenario base di molti se non tutti gli analisti ed in particolare di Pictet (che gli assegna un 65% di probabilità) una coalizione tra Socialdemocratici e Popolari che però potrebbe perdere o vedere talmente assottigliata la sua tradizionale maggioranza da dover cercare alleati tra i Liberali (ipotesi forse più realistica visto che le tre forze hanno già votato concordemente su molti dossier chiave) o tra i Verdi (dati in crescita). Ipotesi quest’ultima che oltre a rappresentare una “novità” e come tale in grado di venire almeno in parte incontro alla voglia di cambiamento dell’elettorato europeo potrebbe favorire il varo di una politica fiscale più permissiva e la nomina quale successore di Juncker del socialista olandese Frans Timmermans.
Il tentativo di mantenere immutato lo status quo allargando l’alleanza ai Liberali potrebbe favorire la nomina a capo della Commissione Ue del tedesco Manfred Weber, sbarrando contemporaneamente la strada ad ogni candidatura tedesca ai vertici della Bce. Quest’ultimo scenario, notano gli esperti di Pictet, potrebbe rivelarsi alla lunga la soluzione migliore per l’Italia dato che l’industria italiana è legata a doppio filo a quella tedesca (per la quale decide la Commissione Ue), mentre la finanza italiana resta fortemente dipendente da una politica monetaria ultra-accomodante (dunque da una Bce a guida “mediterranea”).
E se succedesse ciò che finora i sondaggi giudicano impossibile, ossia che i movimenti populisti conquistino più del 20%, arrivando addirittura vicino o sopra il 30% dei seggi dell’Europarlamento? La cattiva coesione tra i singoli gruppi populisti (che si qualificano come difensori di interessi nazionali divergenti) rischierebbe di rendere più farraginosi sia il funzionamento dell’Europarlamento sia il processo di rinnovo dei vertici delle istituzioni europee, creando nuova turbolenza sui mercati e favorendo fenomeni di “fly to quality” che attirerebbero capitali sui Bund tedeschi (oltre che su beni rifugio come l’oro), facendo calare le quotazioni degli asset maggiormente a rischio (bond e azioni italiane in primis).
Luca Spoldi