Economia

Essilux, fondi e proxy advisor contro Del Vecchio ma è una partita in salita

Luca Spoldi

I grandi fondi temono che la governance perfettamente paritetica porti il gruppo di occhialeria alla paralisi e chiedono l’allargamento del Cda

Doveva essere poco più che una formalità, visto la sproporzione delle forze in campo, invece l’assemblea generale di EssilorLuxottica (Essilux) del prossimo 16 maggio potrebbe rivelarsi insidiosa per Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica ed azionista al 32,5% del capitale (anche se con diritti di voto limitati al 31% in base all’Accordo di Combinazione del 2017), contrario all’allargamento del board proposto sia da una cordata di fondi guidata da Fidelity International, Comgest ed PhiTrust (che propongono come consiglieri indipendenti Wendy Lane e Jesper Brandgaard) sia da Valoptec, l’associazione dei dipendenti di Essilux (che propone Peter James Montagnon).

A sostegno dell’allargamento del board si stanno infatti muovendo una serie di proxy advisor come Glass Lewis e Proxinvest, impegnate nella raccolta di deleghe per votare a favore di entrambe le proposte, mentre sul fronte dei fondi si segnala l’attivismo della stessa Fidelity International, di Baillie Gifford e di Legal & General. Si tratta peraltro di una “battaglia in salita”, come ha ammesso in un’intervista al Financial Times Sebastien Thevoux-Chabuel, gestore di Comgest, e non potrebbe essere diversamente.

Secondo dati Morninstar, infatti, i 20 maggiori fondi (tra cui anche Schroders ed Edmond de Rortschild, a loro volta favorevoli all’allargamento del Cda) possiedono circa il 12,5% del capitale. Un “nocciolino duro” consistente a cui si sommerebbe il 4,1% in mano a dipendenti e manager di Essilux, che però è pari a poco meno della metà dei voti che dovrebbero schierarsi con Del Vecchio (oltre ai propri, almeno l’ulteriore 2% in mano al gruppo Armani dopo la conversione del 4,6% originariamente posseduto in Luxottica). Visto che con una capitalizzazione di 45,6 miliardi di euro per raggranellare un 1% di Essilux occorre investire oltre 450 milioni di euro, sembrerebbe una battaglia dall’esito scontato e a favore del fronte italiano dato che colmare il “gap” richiederebbe un investimento da 8,5 miliardi, ma non è detto che così sia. Oltre ai fondi anche i proxy advisor hanno sottolineato le preoccupazioni nate a seguito delle controversie emerse in Cda tra Del Vecchio e Hubert Sagnieres. Le governance perfettamente paritetiche che vedono la presenza di due co-Ceo con poteri equali “raramente funzionano” ha commentato da parte sua Wendy Lane.

D’altra parte uno stallo prolungato “peserebbe indubbiamente sulla reputazione dell’azienda, sul morale dei dipendenti, sulla capacità di attrarre candidati qualificati per il ruolo di Ceo per guidare efficacemente il processo di integrazione e realizzare la auspicate sinergie”, come hanno sottolineato i fondi, dunque è possibile che la grande maggioranza dei piccoli azionisti (il flottante di Essilux è pari al 64,5%) appoggi la richiesta d’allargamento del Cda per evitare tale scenario e i possibili contraccolpi sulla quotazione di Essilux (ai livelli attuali in calo del 3,2% da inizio anno) e sui futuri dividendi.

Posto che restano da superare ostacoli statutari (nel Cda di Essilux siedono ad oggi 16 consiglieri, 8 nominato da Del Vecchio, 8 dai soci francesi, mentre il numero massimo di componenti del board è 18 membri) e che si dovrà dover tener conto delle decisioni che prenderà l’ex presidente del tribunale del commercio di Parigi, Frank Gentin, nominato commissario ad acta col gradimento di entrambe le parti per cercare di trovare una soluzione che ponga fine alle schermaglie tra soci e superi l’empasse, a decidere le sorti dello scontro sull’allargamento del board sarà la partecipazione all’assemblea.

Se dovesse essere molto elevata per Del Vecchio il rischio di una sconfitta si farebbe più consistente, viceversa il braccio di ferro potrebbe andare avanti immutato sino a che non si troverà quella soluzione “all’insegna della collaborazione” auspicata da Legal & General Investment Management insieme all’adozione di “best practices di corporate governance” grazie alle quali il Cda possa promuovere “il successo sostenibile e a lungo termine dell’azienda”. Che è poi l’obiettivo ultimo che dovrebbe avere qualsiasi azionista, indipendentemente dalla propria nazionalità o dal peso della propria partecipazione.