Economia
Ex Ilva, "l'immunità non è nel contratto. E Mittal lo ha riconosciuto in Aula"
Ex Ilva, parla Gianpaolo Cassese, portavoce M5S di Taranto. L'intervista
"Altro che immunità penale, quella è solo una foglia di fico che Mittal usa per scaricare sullo Stato i costi delle proprie perdite economiche". Gianpaolo Cassese, portavoce M5S di Taranto, commenta così, in un'intervista ad Affaritaliani.it, la mossa del gruppo sull'Ex Ilva.
Quindi l'immunità secondo il M5s non c'entra nulla?
No. L’immunità non la vogliono né i lavoratori, come dimostra un sondaggio interno tra i lavoratori, né le istituzioni locali a tutti i livelli, dal sindaco di Taranto al presidente della Regione, dall’Arpa alla Procura di Taranto. Si tratta solo di una scusa di Mittal che nasconde i propri interessi economici e tenta di scaricare sugli italiani i costi delle perdite economiche, che quest’anno si attestano intorno agli 800 milioni, e battere cassa con lo Stato.
Mittal però contesta il mancato rispetto dei patti proprio per la questione immunità.
È Mittal stessa ad aver riconosciuto, nel corso di un’audizione, che la questione immunità non è nel contratto: questo rende impossibile qualunque contestazione da parte loro di un mancato rispetto dei patti. Lo Stato Italiano ha finora rispettato tutti gli accordi pattuiti, cosa che non sta facendo la multinazionale indiana, come confermano gli stessi lavoratori. L’impressione è che si stiano sottraendo ai loro doveri nei confronti dei cittadini e dei lavoratori di Taranto, creando ad arte un allarmismo che danneggia soltanto il territorio.
Ma ora che cosa c'è nel futuro di Taranto e dell'ex Ilva?
Per noi non c’è trattativa possibile se non si mettono al primo posto il diritto alla salute dei cittadini di Taranto e quello alla sicurezza dei lavoratori dell’acciaieria. Il nostro invito, quindi, è quello di valutare un accordo di programma sul modello di quello messo in campo a Genova, che è stato in grado di coniugare salute, rispetto dell’ambiente e conservazione dei livelli occupazionali.
Quindi non siete felici di un'ipotetica chiusura?
Noi non abbiamo mai parlato di chiusura dell'Ilva dall'oggi al domani, non siamo felici di queste minacce. Noi sosteniamo semmai, come detto, una chiusura programmata delle fonti inquinanti, cioè delle aree a caldo che causano, come dicono sentenze dello Stato, seri problemi di salute e morti.
Che cosa deve fare il governo?
Come dicevo, valutare un accordo di programma in grado di coniugare salute, ambiente e occupazione come fatto a Genova. Solo così si potrà proseguire lungo la via, già tracciata, della riconversione economica del territorio di Taranto.