Economia

"Fca, operazione capolavoro di Elkann. E ora tocca a Volkswagen-Ford"

Andrea Deugeni

Lo storico dell'industria Giuseppe Berta commenta con Affaritaliani.it tutti gli aspetti del deal Fca-Renault-Nissan

"L'operazione Fca-Renault ricorda a prima vista il grande blitz che fece Sergio Marchionne con Chrysler. Fca va bene in America, ma in Europa e in Asia è vuota di prodotti e di contenuti. Aree dove riuscirà ad accedere alle tecnologie elettriche ed ibride anche se Nissan si sfilerà dall'alleanza. In più, il presidente di Fca John Elkann riuscirà a potenziare la capacità finanziaria di Exor con i dividendi straordinari. E c’è da considerare anche le cedole future che uno dei primi gruppi mondiali staccherà per la famiglia”. Così l'economista Giuseppe Berta, storico dell'industria alla Bocconi e grande esperto di Fca, analizza con Affaritaliani.it tutti gli aspetti dell'operazione appena annunciata dal gruppo automobilistico italo-americano. Un deal che ora potrebbe innescare un effetto domino nel mercato delle quattroruote. Le prossime nozze? “Bisogna vedere se andrà avanti la collaborazione fra Volkswagen e Ford...".

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L'INTERVISTA 

Chi guadagna davvero fra Fca e Renault-Nissan dalla fusione?
“Ci guadagnano sicuramente il gruppo automobilistico italo-americano e l’Exor di John Elkann che controlla un gruppo più capitalizzato e che fattura molto di più. Dopo il concambio, poi, avrà la quota maggiore nell’azionariato. Entrambe poi sono due imprese orfane”.

E cioè?
“Una è la Renault orfana di Carlos Ghosn che è in prigione, l’altra, Fca, è orfana di Sergio Marchionne. Ambedue avevano bisogno di trovare un partner. I francesi, se non continuerà il rapporto con la giapponese Nissan, avevano necessità di rafforzarsi. Necessità di rafforzamento presente anche in Fca, perché è vero che il gruppo va bene in America, ma in Europa e in Asia è vuoto di prodotti e di contenuti. Quindi, l’operazione straordinaria ha una ratio nell’incontro di queste due difficoltà”.

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L’operazione porterà a regime subito dal secondo anno un risparmio di 5 miliardi di costi. Ci sono realmente delle sinergie dal deal?
“Certo. Fca è deficitaria sulle piattaforme elettriche ed ibride. La fusione porterà in dote l’accesso a nuove tecnologie avanzate”.

Ma il deal potrebbe portare in dote anche delle razionalizzazioni, fra cui, visti i recenti tagli di General Motors e di Ford, anche la riduzione di personale. Sul punto, i sindacati italiani sono già in stato di allarme. Nel comunicato, Fca ha fatto sapere che i nostri stabilimenti non rischiano. E' davvero così?
“Nel sistema dell’auto oggi di sicuro non c’è nulla. Visto che il settore si trova in mezzo ad una fase di radicale cambiamento, è impossibile stabilirlo con certezza. In prospettiva è chiaro che andiamo verso ulteriori razionalizzazioni. Più il mercato si evolve verso l’elettrico e il sistema di mobilità interconnessa, più in futuro la parte meccanico-motoristica verrà a declinare e quindi, in prospettiva, ci saranno conseguenze anche per i dipendenti. E' ciò che è successo anche con tutte le altre case automobilistiche”.

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Funzionerà la governance paritetica? Abbiamo sotto gli occhi quello che è recentemente proprio in Francia successo con Essilor-Luxottica…
“Come dicono gli anglosassoni: ‘Si sa se il budino è buono solamente quando lo si mangia’. Dobbiamo stare a vedere. Operazioni di questo genere sono molto complesse. Bisogna vedere come verranno distribuite le responsabilità nella governance. Fca è predominante in tutto il continente americano mentre Renault è più forte in Europa. E vedremo cosa avverrà in Cina. E’ chiaro che in futuro i pesi saranno da mettere in relazione a quanto si conta nelle varie aree continentali”.

E su questo punto gli Agnelli dovrebbero spuntarla, visto che su un fatturato annuo complessivo di Fca-Renault di circa 170 miliardi di euro, oltre 110 miliardi di ricavi arrivano dal gruppo italo-americano…
“Certo. Ricorda a prima vista il grande blitz che fece Sergio Marchionne con Chrysler.  Qui però c’è solo un caveat”.

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E cioè?
“Qui c’è un azionista che ha un peso determinante nel futuro gruppo ed è lo Stato francese. Noi, a differenza di Renault, non abbiamo alcun peso politico in Italia. E, dopo la sconfitta di Luigi Di Maio alle ultime elezioni, non credo che il ministro per lo Sviluppo economico sia in grado di esercitare qualche influenza”.

Quindi, è vero che una volta realizzata ed andata a regime la fusione, gli Agnelli saranno il primo azionista, ma con una presenza “ingombrante” dell’Eliseo…
“Certo. Chissà come andrà a finire poi in Francia quando potrebbe nascere l’ipotesi di dover andare a toccare le sue produzioni”.

Lo abbiamo già visto con il deal Finantieri-Stx. E a maggior ragione potremo vederlo proprio ora che Oltralpe Marine Le Pen è stata la grande vincitrice del voto. Come ha letto quindi le dichiarazioni del presidente della Commissione Bilancio Claudio Borghi che ha definito “un’anomalia” la presenza di Parigi nel capitale? Dobbiamo aspettarci un blitz di Cdp per riequilibrare i pesi nell'azionariato di Fca-Renault in ottica tricolore?
“Borghi è uno che parla molto, ma non ha un gran peso. Il presidente leghista della Commissione Bilancio proclamava anche l’uscita dell’Italia dall’euro. E’ legittimo avere delle domande e delle perplessità sull’operazione, ma a questo livello credo che bisognerà attendere anche un altro avvenimento”.

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Quale?
“Come risponderà mercoledì il consiglio di amministrazione della giapponese Nissan”. 

Se Nissan si sfilerà, sembra che l’operazione Fiat-Chrysler si configuri solamente come un cavallo di Troia per i francesi per entrare nel profittevole continente americano…
“Non è ancora chiaro se Nissan vorrà rimanere all’interno dell’alleanza. Se resteranno è chiaro che vorranno pesare molto di più. Per Renault realizzare una fusione con un’impresa così ben radicata in America è certamente un vantaggio: quello di appoggiarsi ad un gruppo con un portafoglio marchi americano in America”.

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Gli Agnelli quindi sull’Asia rimarranno a bocca asciutta?
“Anche se rimanessero a bocca asciutta, dal deal con Renault la famiglia e Fca guadagnerebbero comunque dal fatto di potersi alleggerire dal punto produttivo sul versante europeo. Dove, oltretutto, porta a casa le piattaforme elettriche ed ibride. I benefici per il gruppo automobilistico ci sono, bisogna capire poi quanti ce ne saranno per l’Italia. A priori, non possiamo dirlo”.

Fra Magneti Marelli e il pareggio della market-cap fra Fca e Renault, nel 2019 la famiglia Agnelli porterà a casa un sacco di dividendi straordinari. Un capolavoro di John Elkann che ha trattato in prima persona con il nuovo presidente Jean-Dominique Seinard e l’Eliseo…
“Certo, è stato sicuramente un elemento che ha contato nel portare avanti l’operazione. Potenziare la capacità finanziaria di Exor è uno degli obiettivi di John Elkann. Poi, c’è da considerare anche le cedole future che uno dei primi gruppi mondiali distriburà agli azionisti”. 

Ci sarà ora un effetto domino nel mercato?
“Ci sarà una successione di mosse. Nei prossimi cinque anni vedremo cambiare i perimetri aziendali e le configurazioni dei gruppi storici. Proprio come stanno facendo General Motors e Ford. Assisteremo a una concentrazione. E’ un settore che richiede grandi investimenti per l’elettrico, la guida autonoma e le nuove tecnologie”. 

Il prossimo merger a cui assisteremo?
“Bisogna vedere se andrà avanti la collaborazione fra Volkswagen e Ford”.

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