Economia
Fico, l’ex Unipol Consorte stroncò il progetto e nessuno lo ascoltò. Esclusivo
Consorte, ex capo di Unipol allontanato dalla sinistra fu l’unico a non investire in Fico. “Feci uno studio, numeri alla mano misi in guardia”. Intervista
A sinistra c’è chi fa politica e chi i soldi. “Ma senza politica non c’è economia, almeno in Italia”, spiegava anni fa Giovanni Consorte. Una volta era lui che deteneva la cassa della sinistra. Oggi tutto il gota di quel mondo e affini ha investito in Fico. Ma non Consorte che già nel 2014 avvertì Bologna sul perché non avrebbe funzionato: aveva ragione. Ecco perché.
Oggi Fico chiude. Milioni di soldi pubblici e privati bruciati. Anche tutto il vertice del governo Gentiloni era presente all’inaugurazione ed esaltò Farinetti.
Chiude Fico, lo ho annunciato Farinetti…
“Era prevedibile. L’ho preannunciato in tempi non sospetti”
Quando?
“Nel 2014”
Alla nascita del progetto, quindi. La sento sicuro delle sue parole
“Lo dico avendolo analizzato e studiato”
Farinetti dice anche che Fico riaprirà più bello di prima, con un altro nome e ci saranno... ricchi premi e cotillon, ma intanto chiude...
“Io al tempo spiegai nel dettaglio cosa non mi convincesse”
Nel 2014 il progetto viene proposto agli investitori bolognesi. E’ arriva anche a lei?
“No, a me non è arrivato nulla”
Ma lei lo ha analizzato per capire se avesse senso investire nell’opera?
“Sì, volevo capire se investire. Ero riuscito ad avere il progetto base, la presentazione di Ernst&Young dell’11 febbraio 2014. Dopo uno studio elaborai un documento che presentai in un convegno il 6 maggio dello stesso anno, all’Hotel Europa di Bologna”
Che diceva il suo studio?
“Dicevamo, ben vengano sviluppi come Fico anche perché Bologna dovrebbe tornare ad essere lo snodo di connessioni, integrazioni, incontri tra persone, imprese e culture, arte e scienza ma non capivamo molte cose”
Quali?
“Prima di tutto ci sembravano sovradimensionati gli spazi per il centro congressi ed eventi, essendoci nella città disponibili tante location predisposte allo stesso scopo. Ritenevamo il parco tematico a forte vocazione scientifica ma tutto in questi casi dipendeva soprattutto dalle ricerche che vi sarebbero state condotte. Però non si capiva quali fossero, quali attività sarebbero state svolte nei laboratori dimostrativi, nei campi e negli orti, i criteri di dimensionamento degli spazi, quali soggetti imprenditoriali li avrebbero occupati, quali ricavi certi erano previsti, come e perché i visitatori sarebbero stati diversi rispetto a quelli di un comune centro commerciale, e se era stato elaborato da Ernst&Young un piano economico finanziario che potesse dimostrare la tenuta reddituale e finanziaria del progetto generale”
Non si capivano molte cose…
“Sì, molte. Come era stato suddiviso il totale dei ricavi di Fico. In quanto tempo si pensava di arrivare a regime. Quali erano i canoni di locazione previsti. Se sulla ripetitività delle visite, e distribuzione delle stesse nell’arco della settimana, era stata fatta una specifica ricerca, che scontrino medio si ipotizzava per questa tipologia di consumi e poi come sarebbero stati gestiti i trasporti, visto che in zona sono principalmente di natura privata e dato che nelle giornate di punta si prevedevano 150-200.000 visitatori, quale impatto avrebbero avuto 500.000 persone su un’area come il Pilastro di Bologna. Era tutto poco chiaro”
Lei poi c’ha investito?
“Assolutamente no!”
Se le chiedessero ora di intervenire per salvare il progetto, come ha fatto con altri casi, il più famoso quello del Bologna calcio, lo farebbe?
“No, no, non mi faccio coinvolgere”
Come si spiega tanti appoggi a Bologna, a un’idea che appariva ad occhio nudo con notevoli criticità?
“Dovevano liberare i terreni in zona, tutto qui”