Economia

Fincantieri,il ricco business navale militare? Il gruppo resta una Cenerentola

Fincantieri accelera sull’alleanza con ThyssenKrupp per lo sviluppo di nuovi sottomarini. Ecco chi domina il mondo della cantieristica militare

Secondo un precetto yoga, le tendenze ostili si annullano nei pressi della coerenza: forse per questo in Europa l’ostilità tra Paesi (e all’interno di ciascun paese) continua a mantenersi a livelli di guardia. La Germania che due anni fa aveva provato a opporsi, assieme alla Francia, all’acquisizione dei Chantiers de l’Atlantique (l’ex Stx France) da parte di Fincantieri, anche perché su Stx France aveva messo gli occhi Meyer Werft (che da Stx Europe aveva già rilevato i cantieri in Finlandia e Turchia), oggi plaude all’accordo tra ThyssenKrupp e la stessa Fincantieri coopereranno per il futuro programma per i sottomarini della Marina Militare italiana.

Bono
 

Una collaborazione che Alberto Maestrini, direttore generale di Fincantieri (1,13 miliardi di euro di fatturato per il settore della cantieristica nel primo trimestre, con un portafoglio ordini complessivo di 31,9 miliardi), ha ricordato essere figlia di “una cooperazione di lunga durata e di successo” tra i due gruppi e che per ora riguarda specificamente “il programma dei sottomarini”. Ma che al tempo stesso, aggiunge il manager, “rappresenta una solida opportunità per parlare degli scenari futuri del consolidamento in Europa”. 

Il ragionamento, che in verità non è dissimile da quello a suo tempo adottato in ambito civile quando appunto si trattò di consolidare la produzione italiana e francese di grandi navi da crociera, verte sulle dimensioni ancora relativamente modeste dei principali attori europei nel settore della difesa navale. La persistente frammentazione della base tecnologica e industriale europea viene ritenuta un elemento di debolezza per due motivi.

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Da un lato ha finito con lo spingere ciascun paese verso politiche di sostegno nazionale più o meno mascherate (mentre sul piano internazionale ciascun paese provava a vendere i propri prodotti attraverso una competizione senza quartiere), dall’altro perché nonostante le politiche di cui sopra la spesa militare europea si è rivelata insufficiente a sostenere tutti i cantieri, facendo aumentare le imprese “zombie” (che per l’elevato numero di occupati non potevano esser lasciate fallire, pur non avendo di fatto un mercato in assenza degli aiuti di cui sopra).

Nel mondo della cantieristica militare in questi ultimi dieci anni la Cina è cresciuta più di tutti (possiede 15 dei 40 maggiori cantieri mondiali), con una capacità produttiva che ha già superato quella dell’intera Europa ed entro un decennio potrà arrivare al livello di quella statunitense, tuttora leader mondiale. 

Prua Fincantieri
 

A livello di singoli gruppi industriali, i più importanti cantieri militari al mondo appartengono alle statunitensi Huntington Ingalls Industries (8,9 miliardi di dollari di giro d’affari lo scorso anno), costruttore di portaerei nucleari come la CVN-79 Uss John F. Kennedy, varata lo scorso dicembre, e la CVN-80 Uss Enterprise, la cui costruzione è stata avviata nel 2017, a Textron (13,63 miliardi di dollari di giro d’affari), impegnata nel programma Lcac 100 (per la produzione di nuovi mezzi anfibi militari “ship to shore”) che vede la partecipazione anche di Fincantieri attraverso la controllata americana Marinette Marine, e soprattutto General Dynamics (39,4 miliardi di fatturato annuo complessivo nel 2019), quinto principale gruppo della difesa Usa, impegnata nel programma di costruzione delle “litoral combat ship” di classe Freedom nel quale pure è impegnata Marinette Marine.

Tra i nomi che contano anche l’inglese Bae Systems (un fatturato equivalente a 20,65 miliardi di euro), la cui produzione spazia dai caccatorpedinieri ai sottomarini nucleari di classe Astute, sino alle due nuove portaerei britanniche classe Queen Elizabeth e la giapponese Mitsubishi Heavy Industries (quasi 36,2 miliardi di fatturato in euro), fino dalla seconda guerra mondiale il maggiore costruttore di navi per la marina militare nipponica (costruì tra l’altro le due corazzate Yamato e Musashi). 

Numeri rispetto ai quali sono oggettivamente poca cosa i 3,7 miliardi di fatturato (con un portafoglio ordini di 15 miliardi) della francese Naval Group, con cui Fincantieri ha varato da inizio anno Naviris, joint-venture paritetica che si occuperà dell’ammodernamento dei cacciatorpediniere classe Horizon francesi e italiani, nonché progetti europei, come lo sviluppo di una Corvetta europea per il pattugliamento di nuova generazione.

A maggior ragione di fronte a tali numeri appaiono modesti gli 1,8 miliardi di euro di giro d’affari delle sole attività navali di ThyssenKrupp (a fronte dei quasi 42 miliardi di fatturato consolidato del gruppo tedesco, la cui produzione spazia dall’acciaio agli ascensori). Un quadro da tempo noto a tutti gli operatori del settore, ma di cui le autorità tedesche sembrano essersi accorte solo ora che è nel loro interesse procedere ad un consolidamento. Secondo alcune fonti la  joint venture nel settore della difesa tra Thyssenkrupp e Fincantieri potrebbe sviluppare 3,4 miliardi di ricavi.

Luca Spoldi