Economia
Governo, la questione Savona sui mercati. Perché lo spread ha la febbre a 200
L'economista sconta i toni euroscettici (con le ricadute sul valore dei Btp) e l'atteggiamento di muro contro muro di Lega e 5Stelle nei confronti di Bruxelles
di Luca Spoldi
e Andrea Deugeni
E’ possibile che il nome di un singolo ministro, per quanto “pesante” come quello del titolare dell’Economia e finanze, preoccupi i mercati al punto di deprimere molto le quotazioni di titoli di stato e banche di un Paese? Razionalmente no, eppure da quando il nascente governo Lega-M5S ha fatto filtrare il nome di Paolo Savona come candidato di spicco per via XX Settembre, lo spread tra Btp e Bund è arrivato a sfondare quota 200 punti base (per un rendimento del 2,45%), mentre titoli come Credito Valtellinese, Banco Bpm, Ubi Banca, Bper Banca e Mps hanno perso tra il 7% e il 13% nell’arco di una settimana. Di sicuro l’Italia è sempre più osservata speciale da parte dei bond vigilantes: Fitch, in particolare, ha lanciato l’allarme avvertendo come le proposte contenute nel contratto di governo M5S-Lega rischino di ritardare il processo di riduzione dei crediti deteriorati e rendere più costosa la creazione, da parte delle stesse banche, di cuscinetti di capitale subordinato.
Quanto basta, secondo Fitch, per giustificare un calo della fiducia dei mercati immediatamente riflessosi in un calo delle quotazioni dei titoli bancari sui quali ha influito anche il calo delle quotazioni dei titoli di stato, a sua volta accentuatasi per l’ipotesi inizialmente formulata di un “haircut” dei titoli detenuti dalla Bce. Eppure Paolo Savona, di cui in queste ore la stampa italiana e mondiale ricorda le posizioni sempre più critiche nei confronti dell'impianto attuale che sottende l'euro assunte negli ultimi anni, in parallelo a una crescente verve polemica nei confronti della Germania, che l’economista accusa avere una visione “nazista” dell’Eurozona, è quel che si dice un tecnico di prim’ordine: Savona infatti fu allievo di Guido Carli in Banca d’Italia (in cui lavorò dal 1961 al 1976 percorrendo tutti i gradini della carriera dentro il Servizio Studi, di cui divenne direttore e per il quale fu coautore del primo modello econometrico italiano M1B per il settore bancario e finanziario) e poi suo collaboratore in Confindustria (Carli chiese al suo allievo di seguirlo in Viale dell'Astronomia) col grado di direttore generale dal 1976 al 1980.
Non solo: avendo presieduto dal 1990 al 1999 il Fondo interbancario di tutela dei depositi, Savona ha sicuramente una vasta conoscenza dei problemi del settore bancario, quindi attribuirgli la volontà di metterne a rischio la solidità rallentando o interrompendo il processo di pulizia dei bilanci è quanto meno avventato. A meno che non si tema che essendo un “tecnico” puro, abituato a porsi domande anche “scomode”, Savona possa fare le fine che spesso in Italia hanno fatto i tecnici: venire arruolati a furor di popolo ed altrettanto rapidamente scaricati quanto le forze politiche che li sostenevano non hanno avuto più alcun interesse ad appoggiarne l’operato.
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Ma cosa debbono attendersi, nel concreto, investitori e contribuenti italiani dall’eventuale nomina di Savona quale successore di Pier Carlo Padoan? Goldman Sachs, dopo aver previsto l’aumento dello spread sui titoli di stato italiano in area 1,75%-2%, ha assunto una posizione neutrale, sottolineando in una nota come i mercati “sembrano essere più sensibili a notizie relative alla partecipazione dell’Italia all’euro che all’espansione fiscale, a condizione che i piani fiscali contenuti nel programma politico del governo di coalizione siano ridimensionati materialmente”. Secondo gli esperti della banca d’affari americana “gli spread dei titoli sovrani italiani rimarranno sopra i livelli “equi” da un punto di vista macro (1,2%-1,4%), ma non toccheranno livelli che creerebbero effetti a catena sistemici a livello di eurozona”.
Ma se ciò accadesse, avvertono, i primi a risentirne sarebbero il cambio euro/franco svizzero e i rendimenti dei Bund tedeschi, più che i tassi sui T-bond americani (che quindi potrebbero diventare un interessante “porto sicuro”). In effetti il problema di fondo sembrano essere la proposta che da anni Savona ha avanzato di arrivare a un consolidamento del debito pubblico italiano. Consolidamento che dovrebbe avvenire su base volontaria per scongiurare il default.
Ciò richiederebbe che i titoli che lo stato italiano dovesse emettere per sostituire quelli già in circolazione risultassero appetibili per i possessori di questi ultimi (tra cui le stesse banche italiane), pena non ottenere alcuna adesione volontaria all’operazione. Savona cinque anni or sono propose in particolare di offrire titoli di un’unica durata (all’epoca propose 7 anni, nel frattempo però la vita media del debito pubblico italiano è salito a 7,3 anni, quindi è probabile verrebbe indicata una scadenza più lunga) indipendentemente dalla tipologia e dalla vita residua dei titoli concambiati. Cambierebbe anche il modo di calcolare gli interessi: non più fissi (come per i Btp) o indicizzati (come per i Cct o i Btp Italia), ma dati da un mix tra andamento dell’inflazione e del Pil reale.
Il problema è che non è chiaro cosa otterrebbero gli investitori se l’Italia ricadesse in una stagnazione e deflazione come quelle attraversate negli ultimi anni, in cui l’inflazione tende a zero e il Pil è in calo. Non è un problema di poco conto dato che dalle aste di Btp - ogni anno circa 400 miliardi di euro - il titolare di Via XX Settembre chiede ai mercati le risorse per finanziare il funzionamento della macchina statale e la spesa sanitaria e pensionistica.
Come non è chiaro quali impatti avrebbe una simile operazione sui bilanci bancari. Ugualmente poco chiaro è se Savona nella sua veste di ministro dell’Economia italiano parteciperebbe agli incontri europei per ottenere dilazioni sul processo di pulizia dei bilanci (che invece la Bce sta da mesi cercando di accelerare ritenendo che le banche europee, e quelle italiane in particolare, siano già ampiamente in ritardo) o anche per chiedere di rivedere alcune regole come il “bail in”, arrivando eventualmente a minacciare l’uscita dell’Italia dall’euro in caso di diniego. Incertezze che inducono i bond vigilantes a porre sotto osservazione l’Italia e gli investitori ad alleggerire le posizioni sui titoli italiani, in attesa di vederci più chiaro.
C'è di più. Per spezzare una lancia a favore di quello che per molti è il miglior economista vivente in Italia, Savona sconta i toni accesi di euroscetticismo e di muro contro muro nei confronti di Bruxelles assunti fino a poco tempo fa dalla Lega di Matteo Salvini e dal fondatore e garante del M5S Beppe Grillo.