Economia

La guerra, che bel business. Ecco tutti gli interessi “collaterali”

di Enrico Verga

La guerra è semplicemente una crisi generata dall'uomo. Un'analisi sulle potenziali linee di business in cui poter investire per capitalizzare questo scenario

La stessa guerra ucraina ha permesso a molti mercanti di acquisire da militari ucraini lancia missili e altri armamenti avanzati che sono poi finiti sul mercato medio orientale, come lamentato dai vertici israeliani, o africani.

Il secondo modo di valorizzare la guerra, guardando alle risorse umane, è l’obbligare i profughi, di solito giovani donne, alla schiavitù sessuale o lavorativa. Nella guerra civile in Bangladesh, dove Facebook è stato dichiarato "complice" a causa della capacità della piattaforma di divenire uno strumento per disseminare odio sociale tra le fazioni in crisi, le donne Rohingya sono state vendute come prostitute in Bangladesh.

La schiavitù può essere valorizzata anche per obbligare adolescenti e bambini a lavorare in fabbriche illegali, spesso legate al settore moda e design, industrie che, per la lavorazione dei loro prodotti, richiedono spesso forza lavoro umana. Il caso dei bambini siriani, in fuga dalla guerra e schiavizzati nelle fabbriche turche del lavoro illegale è un caso da manuale.

Ultima attività per valorizzare le risorse in ambito bellico è il furto o razzia di beni, di valore o materie prime, al fine di rivenderli illegalmente. In Afghanistan la vendita di materie prime estratte da cave illegali fu una voce importante  per molti signori della guerra dell’epoca. Nel 2003 il museo di stato di Baghdad, in Iraq, venne assalito dai civili che lo depredarono dei suoi manufatti antichi; non è chiaro se al saccheggio parteciparono anche militari americani. Dopo solo 20 anni alcuni di quei manufatti sono stati restituiti dal governo americano.

Ovviamente non è dato di sapere se il furto venne commissionato in modo strutturato da ufficiali dell’esercito americano o un caso isolato perseguito da singoli individui. Ciò nonostante i reperti ci misero 20 anni per tornare a casa ed è plausibile che la loro vendita abbia fruttato un discreto guadagno per avidi collezionisti occidentali con pochi scrupoli.