Industria, Mameli (Intesa) ad Affari: "Ripresa lenta e non diffusa" - Affaritaliani.it

Economia

Industria, Mameli (Intesa) ad Affari: "Ripresa lenta e non diffusa"

di Andrea Deugeni
twitter11@andreadeugeni

"Il dato negativo della produzione industriale di agosto? Non intacca il trend di crescita. E' una correzione attesa: a luglio c'è stato un balzo spiegato da fattori temporanei come il rientro dell'effetto ponte festivo del 2 giugno e il contributo positivo dell'energia". Paolo Mameli (nella foto in alto), senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, analizza con Affaritaliani.it la congiuntura dell'industria del nostro Paese e gli effetti del rallentamento della Cina e della recessione di Russia e Brasile sul Pil nazionale. E sul caso Volkswagen...

La produzione industriale è tornata congiunturalmente (mese su mese) a scendere di uno 0,5% ad agosto, dopo essere aumentata di un +1,1% a luglio. Quali sono i motivi di questo stop improvviso dell'industria italiana?
"Non si tratta di una battuta d'arresto che intacca il trend di crescita. Si è semplicemente verificato un balzo nel mese di luglio spiegato da fattori temporanei come il rientro dell'effetto ponte festivo del 2 giugno e il contributo positivo dell'energia. Ad agosto, entrambi questi fattori sono venuti meno e quindi la produzione industriale ha registrato un lieve calo dopo un significativo incremento. Non vedrei, quindi, il dato come un segnale di un'inversione di rotta oppure un segnale, come nel caso dei dati macro recentemente visti in Germania, dell'impatto del rallentamento dei Paesi emergenti. Si tratta, in definitiva, di una correzione leggermente superiore alle attese che non modifica molto il trend".

L'economia tedesca sta rallentando a causa della frenata della Cina e della contrazione di altri mercati emergenti: ad agosto l'export è sceso del 5,2% e quattro dei principali istituti di ricerca economica della Germania hanno tagliato le previsioni di crescita del Pil per il 2015. Ci sarà qualche sorpresa anche in Italia per la nostra industria e la crescita finale del Pil?
"Sicuramente un impatto negativo c'è, perché i Paesi emergenti hanno avuto un peso crescente negli ultimi anni nel commercio mondiale. Tuttavia, guardando al confronto fra Italia e Germania, in realtà, il peso degli Emergenti è maggiore nell'economia tedesca. In particolare, il peso della Cina è più forte sulla Germania. Le vendite di merci tedesche nel Paese della Grande Muraglia valgono il 6% sul totale delle vendite tedesche all'estero mentre in Italia il peso della Cina sull'export complessivo è meno del 3%. Più inferiore della metà".

E quindi?
"Questo segnala che un impatto sicuramente c'è ed è più accentuato in Germania rispetto aal'Italia. Piuttosto, per il nostro Paese si può pensare ad un effetto indiretto ritardato ad opera del rallentamento dell'export tedesco. C'è da dire, però, il rallentamento di un punto del Pil cinese ha un effetto sulla crescita dell'Eurozona nell'rdine di un -0,2%. Dato medio che può essere però meno di tre decimi per alcuni Paesi come la Germania e meno di due decimi per altri come l'Italia. E, al momento, le stime dei principali organismi internazionali non vedono un rallentamento di un punto nella crescita cinese per l'anno prossimo. E' chiaro che si tratta di un fattore da monitorare, ma non vi è evidenza, quindi, per l'Italia che questo fattore inizi a pesare".

E per quanto riguarda invece gli effetti degli altri Paesi emergenti come Brasile e Russia, in evidenti difficoltà?
"La Cina pesa più di Russia e Brasile nel senso che Pechino pesa sull'export italiano nell'ordine del 2,6-2,7% del totale, mentre Brasile e Russia valgono circa l'1% circa ciascuno. L'1,5% la Russia. Quindi, si tratta di un peso complessivamente inferiore. Per quanto riguarda la Russia, poi, il grosso dell'impatto della recessione sul nostro Paese si è già visto".

In che senso?
"Ormai è giù quasi un anno che le esportazioni italiane verso la Russia calano del 30%. Quindi, o ci si aspetta di vedere un export che da -30 fa -60% dispiegando l'effetto che si è visto negli ultimi 12 mesi o, al contrario, il grosso dell'impatto si è già visto. Per quanto riguarda invece la congiuntura del Brasile, l'impatto deve ancora verificarsi".

E quindi?
"Secondo le stime dei principali organismi internazionali, il prossimo anno non assisteremo a un rallentamento della domanda mondiale, ma a un'accelerazione, seppur modesta, di circa mezzo punto percentuale. Sarà l'effetto di una lieve accelerazione dei Paesi sviluppati che compenserà il rallentamento degli Emergenti. Si tratta più di una ricomposizione della domanda mondiale, che non di un vero e proprio rallentamento".

Avete già quantificato l'effetto che potrebbe avere lo scandalo Volkswagen sulla filiera e l'economia italiana?
"Difficile farlo. Ci sono troppe incognite da considerare. Sicuramente il settore auto è stato e continua a essere trainante, crescendo a doppia cifra, per la produzione industriale. Ed è fuori discussione che ci possano essere delle conseguenze nella componentistica che esporta verso il comparto tedesco delle quattroruote. Però, le minori vendite di auto made in Germany potrebbero essere compensate da maggiori vendite di auto italiane. Non è detto, quindi, che l'impatto del caso Volkswagen sia così drammatico per l'Italia".

Cosa dobbiamo aspettarci negli ultimi tre mesi dell'anno? La ripresa italiana è realmente forte visto che, ad esempio, il dato medio sull'aumento tendenziale della produzione industriale nasconde ancora dei cali vistosi di molti settori controbilanciati invece da forti picchi di altri come nell'automotive?
"Sicuramente ci troviamo ancora in una fase iniziale in cui la ripresa economica non è diffusa. L'andamento dell'attività industriale è molto differenziata: non soltanto fra diversi comparti come i mezzi di trasporto da una parte o l'elettronica, il tessile e l'abbigliamento dall'altra, ma anche fra aziende fra le quali gioca anche un ruolo importante la dimensione d'impresa: quelle più orientate all'export vanno meglio. Si tratta in generale di un miglioramento lento anche perché il livello da cui il Paese è partito era molto negativo e il dato medio della produzione industriale è inferiore ai picchi di circa un quarto. Possiamo parlare soltanto di un rimbalzo da una fase recessiva profondissima che non può non aver lasciato delle conseguenze. C'è anche qualche piccolo segnale positivo, nel senso che alcune aziende sono tornate a rilocalizzare in Italia, anche se non in dimensioni massicce".

A fine anno, quindi, cosa prevede, visto che il Def del governo Renzi ha recentemente rivisto al rialzo le stime di crescita dal +0,7% al +0,9% e il premier non ha  nemmeno escluso un +1% di crescita finale del Pil?  
"Al momento non vedo significativi motivi nè per un'accelerazione nè per una significativa frenata. Vedo un Pil che cresce dello 0,3% circa a trimestre, anche nella seconda parte dell'anno: fra 0,3% e 0,4% su base congiunturale, come è avvenuto nel terzo trimestre. Il che si traduce in una crescita finale annua dell'0,8%. Una stima più cauta rispetto a quella del governo, ma con rischi al rialzo nella parte finale dell'anno".

E per il 2016?
"Anche per il prossimo anno, come Banca Intesa, siamo più cauti del governo, prevedendo un +1,2% (l'1,6% nel Def, ndr). Ma attendiamo di vedere l'impianto della prossima legge di Stabilità nella parte che riguarda gli interventi espansivi di politica fiscale e i margini di flessibilità che verranno concessi all'Italia dall'Europa. Nel qual caso, la nostra stima verrà rivista al rialzo".