Economia
Investimenti,Bitcoin e Netlix al top nel decennio. I prossimi? Baidu e Alibaba
La classifica di Bank of America Securities sugli investimenti migliori degli ultimi 10 anni e le previsioni per il prossimo decennio
Per gli investitori amanti delle classifiche, quello attuale non è stato un Natale qualsiasi: il Natale 2019 è infatti l’ultimo della seconda decade del ventunesimo secolo. Così non è un caso se Bank of America Securities ha pensato di selezionare i migliori investimenti del decennio scoprendo che in un periodo che si è rivelato quasi altrettanto turbolento quanto il precedente a brillare più di tutti è stata una asset class molto volatile, le criptovalute.
I Bitcoin sono infatti stati il miglior investimento possibile di questi ultimi 10 anni, nonostante le disavventure di quest’ultimo paio d’anni, con quotazioni a fatica risalite in questi giorni sopra la soglia dei 7.300 dollari, ben distanti dal picco storico di oltre 20 mila toccato nel dicembre 2017. Se aveste investito un dollaro nel Natale del 2009 in bitcoin, ora sotto l’albero vi sareste ritrovati oltre 90 mila dollari.
Se vi foste voluti mantenere su un investimento più “tranquillo” come un titolo azionario quotato a Wall Street, avreste dovuto invece scegliere Netflix: ogni dollaro investito il primo gennaio 2010 nel titolo della società co-fondata e diretta da Reed Hastings varrebbe oggi poco meno di 42 dollari (con una performance pari al +4.181% per l’esattezza).
Al confronto la performance media di Wall Street (+350% circa, ossia per ogni dollaro investito10 anni fa vi ritrovereste oggi 3,46 dollari in tasca) sembra un risultato deludente, pur essendo tutt’altro che tale. Anche per Netflix, come per i Bitcoin, non è peraltro detto che il prossimo decennio possa regalare altrettante soddisfazioni: di certo non le ha regalate il 2019, visto che da inizio anno il titolo fino a prima di Natale ha guadagnato appena il 2% a Wall Street. La volatilità non è tuttavia un pregio per molti investitori, ad esempio fondi pensione o gestori patrimoniali alla ricerca di protezione del capitale più che di capital gain.
Per chi avesse voluto rimanere investito solo a reddito fisso, secondo Bank of America Securities la soluzione migliore sarebbe stata puntare sui T-bond a 30 anni: un dollaro investito in essi 10 anni fa varrebbe infatti 2,08 dollari oggi. La corsa dei titoli di stato, americani e non, è stata favorita dal ricorso a politiche monetarie sempre più rilassate: ad oggi si stima che 17 mila miliardi di dollari di bond offrano un rendimento negativo, mentre nel 2009 nessuno si sarebbe sognato di immaginare che fosse possibile vedere un titolo di stato con rendimento nullo, tanto meno negativo.
Oltre a far correre i T-bond, i tassi negativi hanno fatto bene all’oro: più gli investitori correvano a “rifugiarsi” nel metallo biondo, più le sue quotazioni risalivano, così un dollaro investito in oro dieci anni fa è oggi diventato 1,34 dollari. Non è andata altrettanto bene all’oro nero: un dollaro investito in petrolio dieci anni fa oggi varrebbe a malapena tre quarti di dollaro. Il che spiega perché a Wall Street, ma non solo, i titoli azionari petroliferi (e dell’energia in generale) siano stati tra i peggiori del decennio.
Ma per il prossimo decennio, quali potranno essere se non i titoli i temi d’investimento da tener d’occhio? Sempre gli uomini di Bank of America hanno già formulato la loro ipotesi, muovendosi dall’idea che nuovi “paradigmi” innoveranno (in modo distruttivo per chi non saprà adattarsi) ogni settore. In parte ciò dipenderà da tassi di interesse che resteranno a livelli minimi storici a lungo, rendendo la politica monetaria meno efficace. Lo scenario mutevole potrebbe anche portare a nuove teorie economiche, alla morte della globalizzazione e, in ambito geopolitico, ad una corsa accelerata per la supremazia tecnologica.
“Nei prossimi 10 anni dovremmo vedere una maggiore automazione, una recessione globale, un’innovazione senza precedenti, gravi sfide ambientali, la fine dell’allentamento quantitativo, cambiamenti traumatici nella demografia e la fine della globalizzazione”, hanno spiegato gli analisti, suggerendo in particolare di investire in oro o titoli auriferi in ottica difensiva contro una futura recessione mondiale.
Anche i titoli azionari di aziende di alta qualità in settori a basso rischio politico e con pochi attori chiave dovrebbero fare bene, ad esempio nel settore della difesa, della gestione dei rifiuti, dell’elaborazione dati e dei pagamenti, oltre ai produttori globali di bevande. L’invecchiamento della popolazione mondiale creerà opportunità nel settore della cura della salute, mentre il crescente peso non solo dei “millenials” ma anche della “generazione Z” farà bene ai titoli tecnologici e a quelli che si occupano di sostenibilità ambientale.
La corsa alla supremazia tecnologica potrebbe poi favorire titoli come Baidu, Alibaba e Tencent a spese dei “Faang” (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e la holding di controllo di Google, Alphabet), anche perché già oggi quasi metà della popolazione mondiale collegata ad internet risiede in Cina, che ha un numero triplo di connessioni al web rispetto agli Usa e vede crescere il traffico dati del 56% ogni anno contro il 35% registrato negli Usa.
Ultimo ma non meno interessante settore su cui puntare per il prossimo decennio, il giro d’affari legato allo spazio potrebbe valere mille miliardi di dollari l’anno entro il 2030: razzi riutilizzabili, compagnie private più veloci e competitive, crescente miniaturizzazione delle componenti elettroniche e nuovi servizi (internet dallo spazio, turismo spaziale etc) potrebbero rivoluzionare lo spazio come mai prima d’ora. Costi in calo e maggiore funzionalità ed efficienza porteranno utili crescenti alle società operanti nel settore e per una volta vale la pena di ricordare che anche l’Italia, grazie a gruppi come Leonardo e Avio, ha la possibilità di dire la sua. Insomma, anche il prossimo decennio potrebbe offrire occasioni d’investimento non meno eccitanti di quelle viste in questa ultima decade, l’importante sarà essere pronti ad approfittarne.