Economia
Irpef, dati choc: il 15% degli italiani paga per tutti. Il 45% dei cittadini non dichiara redditi
Tasse, i dati dell'Osservatorio annuale su entrate e spesa pubblica fotografano una situazione allarmante
Irpef, il 63,4% dell’imposta è a carico del 15,3% dei contribuenti
Le casse dello Stato sono sempre più vuote e anche l'ultima manovra finanziaria approvata dal governo ha confermato le difficoltà nei conti pubblici dell'Italia. Ma dall'Osservatorio annuale su entrate e spesa pubblica presentato ieri alla Camera da Itinerari previdenziali con la Cida, la confederazione dei dirigenti e delle alte professionalità, sono emersi chiaramente anche i motivi di questi problemi. Fra il 2008 e il 2022 - riporta Il Sole 24 Ore - il gettito dell’Irpef è cresciuto del 16,03 per cento. Cioè meno del +19,26% messo a segno nello stesso periodo dal Pil, del 24,16% cumulato dall’inflazione e soprattutto molto meno del +53,23% registrato dalla spesa pubblica, cioè dall’unica di queste voci che negli anni è cresciuta in valore reale. A pagare, però, sono in pochi. Perché se si guarda all’Irpef, cioè alla regina (decaduta) delle imposte, sono i 19,7 milioni con redditi dichiarati da 20mila euro in su a concentrare il 93,7% del gettito complessivo.
Leggi anche: Fisco, Confprofessioni: "Ok neutralità fiscale, da rivedere approccio e gestione CPB"
E in questa gerarchia rigidissima - prosegue Il Sole - il 63,4% dell’imposta è a carico del 15,3% dei contribuenti: sono i 6,4 milioni di italiani che superano i 35mila euro di reddito lordi e in pratica reggono i conti di tutti gli altri italiani. In un Paese nel quale 26,3 milioni di persone, cioè poco meno del 45% degli abitanti, non ha ufficialmente alcun reddito e altri 13 milioni, il 22% della popolazione, presentano dichiarazioni tali da vedersi l’imposta lorda azzerata totalmente o quasi da detrazioni o deduzioni. Solo il 24,2% della popolazione può dirsi non "a carico", parzialmente o totalmente, degli altri.
In discussione non c’è ovviamente la progressività dell’imposta, che chiede a chi guadagna di più di contribuire maggiormente al bilancio pubblico. La critica del centro studi presieduto da Alberto Brambilla è puntata sulla declinazione un po’ estrema che questo nobile principio costituzionale assume nella realtà italiana: "È un Paese sbilanciato che deve finanziare forme di welfare sempre più complicato", riassume Brambilla.